Nonostante la decisione di abbandonare il nucleare da parte dei cittadini italiani, che hanno manifestato il proprio voto durante i referendum di giugno 2011, l’Italia continua sulla strada della ricerca, e lo fa puntando in alto. Il Belpaese sembra infatti più che intenzionato a rivestire un ruolo di primo piano nella fusione nucleare: i ricercatori italiani sono al lavoro per sviluppare un reattore sperimentale, Fast - Fusion Advanced Studies Torus.
Il progetto è portato avanti da Enea, in collaborazione con la Comunità Europea dell’Energia Atomica, Euratom, ed è destinato a migliorare le tecnologie per la fusione. Ecco perché lo stesso è inserito in un più ampio disegno europeo, che prevede entro il 2020 l’entrata in funzione del reattore dimostrativo Iter - Thermonuclear Experimental Reactor - attualmente in realizzazione in Francia. Il responsabile del programma fusione dell'Enea, Aldo Pizzuto, non ha dubbi: «la fusione nucleare è uno dei settori scientifici dove l'Italia ha una leadership manifesta e auspichiamo che si prendano al più presto decisioni sul futuro del programma italiano».
Resta da valutare come porsi di fronte ad una macchina pensata per studiare e testare i materiali per i futuri impianti dedicati alla generazione di energia elettrica dalla fusione nucleare, produzione che è stata bandita dalle attività esercitabili in territorio italiano proprio per volontà popolare. Ad onor del vero, l’innovativo reattore, che probabilmente verrà ospitato all’interno dei laboratori di Frascati, funzionerebbe attraverso gas di idrogeno che sarebbero portati a temperature talmente elevate da provocarne la fusione dei nuclei, rilasciando così energia. Questo, secondo gli esperti, sarebbe un processo più sicuro rispetto ai processi di fissione, dove atomi molto pesanti vengono rotti, producendo più scorie radioattive rispetto all’utilizzo di idrogeno.