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Questo blog nasce per pura curiosità e per qualche insegnamento molto superficiale, la radioattività è un argomento molto complesso e vasto e difficile da capire se non si hanno le basi; questo blog cerca di "insegnare" queste piccole basi molto semplicemente! In oltre, parliamo di notizie recenti e non, riguardanti la radioattività cercando di essere i più concreti e semplici possibili...

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giovedì 19 gennaio 2012

Nucleare: l’Italia lavora alla fusione di idrogeno con un nuovo reattore

Nonostante la decisione di abbandonare il nucleare da parte dei cittadini italiani, che hanno manifestato il proprio voto durante i referendum di giugno 2011, l’Italia continua sulla strada della ricerca, e lo fa puntando in alto. Il Belpaese sembra infatti più che intenzionato a rivestire un ruolo di primo piano nella fusione nucleare: i ricercatori italiani sono al lavoro per sviluppare un reattore sperimentale, Fast - Fusion Advanced Studies Torus.

Il progetto è portato avanti da Enea, in collaborazione con la Comunità Europea dell’Energia Atomica, Euratom, ed è destinato a migliorare le tecnologie per la fusione. Ecco perché lo stesso è inserito in un più ampio disegno europeo, che prevede entro il 2020 l’entrata in funzione del reattore dimostrativo Iter - Thermonuclear Experimental Reactor - attualmente in realizzazione in Francia. Il responsabile del programma fusione dell'Enea, Aldo Pizzuto, non ha dubbi: «la fusione nucleare è uno dei settori scientifici dove l'Italia ha una leadership manifesta e auspichiamo che si prendano al più presto decisioni sul futuro del programma italiano».
 
Resta da valutare come porsi di fronte ad una macchina pensata per studiare e testare i materiali per i futuri impianti dedicati alla generazione di energia elettrica dalla fusione nucleare, produzione che è stata bandita dalle attività esercitabili in territorio italiano proprio per volontà popolare. Ad onor del vero, l’innovativo reattore, che probabilmente verrà ospitato all’interno dei laboratori di Frascati, funzionerebbe attraverso gas di idrogeno che sarebbero portati a temperature talmente elevate da provocarne la fusione dei nuclei, rilasciando così energia. Questo, secondo gli esperti, sarebbe un processo più sicuro rispetto ai processi di fissione, dove atomi molto pesanti vengono rotti, producendo più scorie radioattive rispetto all’utilizzo di idrogeno.

sabato 7 gennaio 2012

Scorie radioattive

Qualsiasi centrale nucleare produce "scorie radioattive". Una parte di questa è normalmente dispersa nell'ambiente. Ad esempio i reflui del raffreddamento sono scaricati direttamente nelle acque dei fiumi (da cui viene prelevata anche l'acqua) poichè considerati non pericolosi.

Diversamente avviene per tutti i materiali che, trovandosi nel reattore o nei pressi, sono soggetti ad una continua emissione di radiazioni. Dal semplice bullone alla componenti mettaliche più grandi (pareti, contenitori ecc.).

Al termine del ciclo produttivo della centrale nucleare, questi oggetti diventano rifiuti "speciali" da trattare con molta attenzione in quanto radioattivi e quindi pericolosi. Sono definiti per semplicità "scorie nucleari".

Le scorie nucleari si distinguono in base al grado di radioattività (ovvero alla loro pericolosità):

Alta attività (scorie di 3° grado): l'alto grado di radioattività presente in queste scorie può richiedere anche 100.000 anni per decadere. Sono in particolare le ceneri prodotte dalla combustione dell'uranio.

In tutto il mondo, per il momento, è stato identificato solo un sito "sicuro" per ospitare in profondità le scorie (deposito geologico) per migliaia di anni. Si trova nel New Mexico (Usa). Gli Usa hanno investito oltre 2,2 miliardi di dollari nello studio della sicurezza dei depositi geologico, ma nonostante questo ancora nulla può essere affermato con certezza. Il solo deposito nel New Mexico si trova in una zona desertica ed ha richiesto 25 anni di studio.
Media attività (scorie di 2° grado)

Bassa attività (scorie di 1° grado)
In Europa le scorie sono generalmente depositate nei pressi delle quattro centrali nucleari (disattivate col referendum del 1987) o in centri di stoccaggio di superficie (ovvero non di profondità come quelli geologici, costruiti centinaia di metri sotto terra).

I principali centri di stoccaggio europei (tutti non geologici) sono:

Le Hague (Francia)
Sellafield (Gran Bretagna)
Oskarshamn (Svezia)
Olkiluoto (Finlandia)
Tutti i centri di stoccaggio europei hanno natura "temporanea" per rispondere al criterio di reversibilità. Non conoscendo con precisione le conseguenze dello stoccaggio di scorie radioattive nel tempo, si rende possibile un loro trasferimento in altri luoghi. Nel caso dei siti geologici questo non sarebbe più possibile, i materiali ospitati sottoterra dovranno restarci definitivamente.

In alcuni casi, ad esempio in Francia, le scorie nucleari sono ritrattate all'interno delle centrali nucleari per produrre nuovo combustibile rigenerato (cd Mox) da riutilizzare nel reattore.

I depositi geologici e la posizione dell'Unione Europea

Per il futuro, la UE auspica la costruzione e lo studio di depositi geologici per trovare una soluzione definitiva alle scorie europee. La UE, dopo i fatti di Scanzano, sottolinea anche che tale esigenza non si estende ai paesi privi di piano energetico nucleare (come l'Italia), i quali non hanno l'obbligo di costruire un deposito geologico e possono attendere "soluzioni europee".

La UE auspica quindi la costruzione dei depositi geologici nei paesi dove siano presenti ed attive molte centrali nucleari. Ad esempio in Francia (dove il 76% dell'energia elettrica è di origine nucleare).

Quante sono le scorie radioattive in Italia.

L'Italia non conta grandi quantità di scorie nucleari, il referendum del 1987 ha definitivamente bloccato la produzione di energia dal nucleare. Oggi quindi, le scorie ad alta pericolosità sono circa 8.000 mq. Una minima quantità che lascia aperta la porta alla soluzione europea (consigliata dalla stessa UE).