Notizia del: 11 aprile 2013
Perdite di liquido radioattivo dall'area di stoccaggio dove si sono aperte due fessure. L'Arpa: "Contaminazione circoscritta". Intanto un consigliere comunale e il sindaco di un paese vicino hanno presentato esposti alle Procure di Vercelli e Torino.
Un’altra tegola si abbatte sulla Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la gestione dell’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli.
Sono state riscontrate almeno due fessure dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Dall’Arpa – l’Agenzia regionale per la protezione ambientale – assicurano che al momento non c’è nessun allarme ambientale, anche se la Sogin ha segnalato la questione alla prefettura di Vercelli ed i liquidi contenuti nella vasca in questione non vengono scaricati da almeno due anni nella vicina Dora Baltea, proprio perché troppo contaminati. “Abbiamo prelevato dei campioni di terreno nella zona circostante – spiega Laura Porzio, responsabile siti nucleari per l’Arpa Piemonte – e dalle prime analisi pare che la contaminazione sia circoscritta. Stiamo attendendo l’esito di esami più specifici per capire quanto è estesa la contaminazione e se c’è stato l’inquinamento della falda acquifera”.
Nonostante le rassicurazioni e le cautele del caso la situazione non sembra essere delle più confortanti. La radioattività anomala dei liquidi della vasca, ormai praticamente piena, non permette di svuotarla da molto tempo; tale situazione è stata anche confermata dal ministero dello Sviluppo Economico, direzione generale per l’energia nucleare. La Sogin ha scoperto le due fessurazioni proprio durante i lavori avviati per coprire la vasca ed evitare che si riempisse ulteriormente di acqua piovana, in modo da scongiurare eventuali traboccamenti pericolosi per l’ambiente.
Dalla Sogin precisano di aver informato gli enti locali, l’Arpa, la prefettura, l’Asl e l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) più per una questione legata alla trasparenza informativa che non alla reale emergenza ambientale. “Facendo dei lavori di scavo – spiega Davide Galli, responsabile disattivazione impianti e centrali del nord Italia per la Sogin – si sono aperte queste due fessurazioni, e si è visto un trasudamento che ha bagnato il terreno circostante. Ci sono deboli segni di contaminazione ed il fenomeno è circoscritto. Ora dobbiamo svuotare la vasca e poi pulire il fondo. L’evento che comunque si è verificato è assolutamente irrilevante”.
In attesa dei risultati di analisi più specifiche, le rassicurazioni fatte in questi mesi e ripetute anche a seguito delle scoperta delle fessure non sembrano però tranquillizzare la popolazione. Sono stati presentati già due esposti alle Procure di Vercelli e Torino, in merito alla gestione del sito, da Paola Olivero, consigliere comunale di Saluggia, e da Luigi Borasio, sindaco di Verolengo, comune limitrofo. Una gestione problematica anche alla luce di come sono stati condotti i lavori di messa in sicurezza della vasca in questione. Con una nota del 17 ottobre 2012, un mese dopo l’allarme lanciato per la vasca stracolma, la Sogin ha indicato la tempistica degli interventi da attuare per lo svuotamento della vasca stessa. Il completamento delle operazioni era previsto per marzo 2013, data ampiamente non rispettata e, secondo un tecnico nucleare che preferisce mantenere l’anonimato, del tutto irrealistica. “Le operazioni di bonifica non sono neanche iniziate – spiega il tecnico – è cominciato solo il montaggio di una tenda per riparare la vasca dalla pioggia. Questi interventi non sono semplici, potrebbero volerci degli anni. Inoltre dopo otto mesi dalla prima segnalazione, nonostante le ripetute richieste avanzate in tutte le sedi istituzionali, compreso il Parlamento, ancora non è dato sapere né come né quando sia stata causata l’indebita contaminazione del WP719, al cui interno sono già stati individuati Cesio e Americio oltre i limiti. Non è possibile neanche sapere quale sia l’entità esatta del problema e quali e quanti altri materiali radioattivi siano presenti”.
“Eravamo preoccupati prima – spiega Paola Olivero – e lo siamo ancor di più ora che sono state scoperte queste falle dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Il ministero dello Sviluppo Economico tra l’altro ha già dichiarato che, a causa degli elevati livelli di contaminazione nella vasca, fra cui Cesio 137 e Americio 241, si dovrà procedere al recupero del suo contenuto e proseguire il trattamento di liquidi e sedimenti come rifiuti radioattivi, con un sistema dedicato. Non si sa ancora perché il liquido contenuto in questa vasca abbia dei valori di radioattività troppo elevati per essere scaricato nel fiume. La vasca, che ha oltre cinquant’anni, non fu progettata per svolgere la funzione di deposito e stoccaggio, tanto che l’Ispra, in una nota del 9 gennaio scorso, afferma che è in corso una anomalia rispetto alla normale conduzione dell’impianto. E’ altresì collocata in un’area a forte edificazione e transito di mezzi pesanti, che provocano forti vibrazioni, trovandosi nei pressi del cantiere dove stanno costruendo un nuovo deposito nucleare. La vasca si trova lungo il corso del fiume, in prossimità dei pozzi dell’acquedotto del Monferrato che serve oltre cento comuni”. “Qualche” elemento di preoccupazione effettivamente c’è.
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Questo blog nasce per pura curiosità e per qualche insegnamento molto superficiale, la radioattività è un argomento molto complesso e vasto e difficile da capire se non si hanno le basi; questo blog cerca di "insegnare" queste piccole basi molto semplicemente! In oltre, parliamo di notizie recenti e non, riguardanti la radioattività cercando di essere i più concreti e semplici possibili...
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domenica 14 aprile 2013
Nucleare di Saluggia, vasca di stoccaggio stracolma: falde a rischio contaminazione
Notizia del: 19 settembre 2012
Con le piogge autunnali, una delle aree di stoccaggio potrebbe traboccare. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha lanciato l'allarme, ma la Sogin (la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti) non ha ancora messo in sicurezza l'impianto.
Una situazione al limite dell’emergenza ambientale. E’ questa la condizione in cui versa l’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli. Il settimanale Il Punto ha lanciato l’allarme documentando le incongruenze e le mancanze della Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Una delle due vasche a cielo aperto (waste ponds) di oltre cinquant’anni che raccoglie le acque, generalmente contaminate o solo potenzialmente contaminate, provenienti dai vari punti dell’impianto nucleare, è al limite della saturazione. Il pond WP719 è quasi pieno e rischia di traboccare tra non molto, quando cominceranno le piogge autunnali. Questo comporterebbe il rischio di sversamento dell’acqua sul piazzale del sito e, successivamente, l’infiltrazione di tale acqua nelle falde sottostanti con rischi ambientali incalcolabili.
Normalmente le acque raccolte nelle due vasche, in una seconda fase del processo, sono scaricate nella vicina Dora Baltea. Un procedimento che, secondo gli esperti, garantisce un’adeguata sicurezza all’ambiente limitrofo attraverso la forte diluizione del materiale radioattivo. Lo scarico nel fiume è consentito solo se il livello della radioattività delle acque contenute nei ponds non supera determinati livelli stabiliti dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Conditio sine qua non che, a quanto pare, al momento non è riscontrabile nella vasca WP719. Secondo una nota diramata dall’Ispra stessa, il pond WP719 attualmente è in condizioni di non utilizzo ai fini delle operazioni di scarico. In altre parole, per il momento costituisce una sorta di stoccaggio, a cielo aperto, di materiale liquido pericoloso che non può essere scaricato e diluito.
Secondo alcuni documenti interni della Sogin “il motivo è che il suo contenuto radiologico è in questo momento altissimo, molto superiore ai limiti ammessi; l’elevata concentrazione di radionuclidi molto pericolosi”. Sempre secondo la nota, la concentrazione di radionuclidi sarebbe paragonabile a quella presente, fino a qualche anno fa, nella piscina del combustibile nucleare, ormai fortunatamente vuota.
Ad aumentare il rischio di sversamento incontrollato nelle falde contribuisce la frenetica attività realizzativa che la Sogin sta attuando per la costruzione del contestato deposito D2, quello temporaneo di scorie radioattive che dovrebbe sorgere all’interno del sito Eurex, nelle immediate vicinanze delle due vasche. Una costruzione che, a essere ottimisti, terminerà nel 2014. Il D2 è un’opera in cemento armato con pareti di grosso spessore e le attività di cantiere sono caratterizzate dal frequente traffico di mezzi pesanti, poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall’esterno del sito.
In alcuni periodi sono stati oltre cento i mezzi pesanti che, per scaricare giorno e notte cemento nel cantiere del D2, sono transitati molto vicino alle vasche in questione. Questi mezzi pesanti, ancor oggi, sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi.
Il rischio è stato certificato anche dall’Ispra a seguito di un sopralluogo effettuato lo scorso 10 agosto che ha allarmato non poco gli abitanti del vercellese. L’autorità di controllo ha prescritto alla Sogin alcune azioni immediate da fare: “Delimitare l’area circostante le suddette vasche, atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a cantieri aperti…Procedere ad una completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719“.
“Al di là delle indicazioni dell’Ispra – ha dichiarato un tecnico nucleare della Sogin, che preferisce mantenere l’anonimato – questa è la prova certificata del rischio ambientale che si sta correndo a Saluggia. Nella nota Ispra si parla anche di una lettera della Sogin del 03/10/2011 con cui la Sogin sembrerebbe aver proposto la realizzazione di una qualche copertura delle vasche, che serve a fermare l’acqua piovana, tenere lontani volatili e/o altri animali e serve anche ad impedire che un qualche materiale contenuto nel liquido si disperda nell’atmosfera: si dice di dare priorità a questa cosa. Dopo un anno dalla proposta Sogin (e dopo circa 50 anni che esistono le vasche), – ha continuato l’esperto – adesso Ispra scopre che questa cosa è prioritaria; guarda caso solo adesso, col vicino cantiere del D2 aperto da un anno e passa” ha denunciato il tecnico in disaccordo con le scelte aziendali. “Poi Ispra dice di delimitare l’area delle vasche – ha proseguito – dato che sono prossime al transito dei mezzi pesanti. Vorrei capire quale beneficio di sicurezza può venire da un semplice nastro che delimita l’area; per fermare un mezzo pesante che sbagliasse manovra ci vorrebbe un muro di cemento. E poi perché non farlo prima, visto che il vicino grande cantiere del deposito D2 è aperto da più di un anno?”.
“Infine la nota entra nel vivo – ha spiegato il tecnico – quando l’Ispra chiede che siano effettuate delle analisi precise del contenuto del WP719 e che sia messo a punto un piano di trattamento per il liquido in esso contenuto; solo per il WP719. L’Ispra chiede inoltre di essere informata di tutto, risultati e piano di intervento. In altre parole, l’Ispra ammette implicitamente che il liquido dentro il WP719 ha bisogno di un trattamento ‘speciale’. Il problema di cosa sia accaduto – ha concluso il tecnico – e di che cosa possa ancora accadere al pond WP719 è a questo punto prioritario”. Una priorità improrogabile per i vercellesi.
Con le piogge autunnali, una delle aree di stoccaggio potrebbe traboccare. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha lanciato l'allarme, ma la Sogin (la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti) non ha ancora messo in sicurezza l'impianto.
Una situazione al limite dell’emergenza ambientale. E’ questa la condizione in cui versa l’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli. Il settimanale Il Punto ha lanciato l’allarme documentando le incongruenze e le mancanze della Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Una delle due vasche a cielo aperto (waste ponds) di oltre cinquant’anni che raccoglie le acque, generalmente contaminate o solo potenzialmente contaminate, provenienti dai vari punti dell’impianto nucleare, è al limite della saturazione. Il pond WP719 è quasi pieno e rischia di traboccare tra non molto, quando cominceranno le piogge autunnali. Questo comporterebbe il rischio di sversamento dell’acqua sul piazzale del sito e, successivamente, l’infiltrazione di tale acqua nelle falde sottostanti con rischi ambientali incalcolabili.
Normalmente le acque raccolte nelle due vasche, in una seconda fase del processo, sono scaricate nella vicina Dora Baltea. Un procedimento che, secondo gli esperti, garantisce un’adeguata sicurezza all’ambiente limitrofo attraverso la forte diluizione del materiale radioattivo. Lo scarico nel fiume è consentito solo se il livello della radioattività delle acque contenute nei ponds non supera determinati livelli stabiliti dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Conditio sine qua non che, a quanto pare, al momento non è riscontrabile nella vasca WP719. Secondo una nota diramata dall’Ispra stessa, il pond WP719 attualmente è in condizioni di non utilizzo ai fini delle operazioni di scarico. In altre parole, per il momento costituisce una sorta di stoccaggio, a cielo aperto, di materiale liquido pericoloso che non può essere scaricato e diluito.
Secondo alcuni documenti interni della Sogin “il motivo è che il suo contenuto radiologico è in questo momento altissimo, molto superiore ai limiti ammessi; l’elevata concentrazione di radionuclidi molto pericolosi”. Sempre secondo la nota, la concentrazione di radionuclidi sarebbe paragonabile a quella presente, fino a qualche anno fa, nella piscina del combustibile nucleare, ormai fortunatamente vuota.
Ad aumentare il rischio di sversamento incontrollato nelle falde contribuisce la frenetica attività realizzativa che la Sogin sta attuando per la costruzione del contestato deposito D2, quello temporaneo di scorie radioattive che dovrebbe sorgere all’interno del sito Eurex, nelle immediate vicinanze delle due vasche. Una costruzione che, a essere ottimisti, terminerà nel 2014. Il D2 è un’opera in cemento armato con pareti di grosso spessore e le attività di cantiere sono caratterizzate dal frequente traffico di mezzi pesanti, poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall’esterno del sito.
In alcuni periodi sono stati oltre cento i mezzi pesanti che, per scaricare giorno e notte cemento nel cantiere del D2, sono transitati molto vicino alle vasche in questione. Questi mezzi pesanti, ancor oggi, sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi.
Il rischio è stato certificato anche dall’Ispra a seguito di un sopralluogo effettuato lo scorso 10 agosto che ha allarmato non poco gli abitanti del vercellese. L’autorità di controllo ha prescritto alla Sogin alcune azioni immediate da fare: “Delimitare l’area circostante le suddette vasche, atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a cantieri aperti…Procedere ad una completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719“.
“Al di là delle indicazioni dell’Ispra – ha dichiarato un tecnico nucleare della Sogin, che preferisce mantenere l’anonimato – questa è la prova certificata del rischio ambientale che si sta correndo a Saluggia. Nella nota Ispra si parla anche di una lettera della Sogin del 03/10/2011 con cui la Sogin sembrerebbe aver proposto la realizzazione di una qualche copertura delle vasche, che serve a fermare l’acqua piovana, tenere lontani volatili e/o altri animali e serve anche ad impedire che un qualche materiale contenuto nel liquido si disperda nell’atmosfera: si dice di dare priorità a questa cosa. Dopo un anno dalla proposta Sogin (e dopo circa 50 anni che esistono le vasche), – ha continuato l’esperto – adesso Ispra scopre che questa cosa è prioritaria; guarda caso solo adesso, col vicino cantiere del D2 aperto da un anno e passa” ha denunciato il tecnico in disaccordo con le scelte aziendali. “Poi Ispra dice di delimitare l’area delle vasche – ha proseguito – dato che sono prossime al transito dei mezzi pesanti. Vorrei capire quale beneficio di sicurezza può venire da un semplice nastro che delimita l’area; per fermare un mezzo pesante che sbagliasse manovra ci vorrebbe un muro di cemento. E poi perché non farlo prima, visto che il vicino grande cantiere del deposito D2 è aperto da più di un anno?”.
“Infine la nota entra nel vivo – ha spiegato il tecnico – quando l’Ispra chiede che siano effettuate delle analisi precise del contenuto del WP719 e che sia messo a punto un piano di trattamento per il liquido in esso contenuto; solo per il WP719. L’Ispra chiede inoltre di essere informata di tutto, risultati e piano di intervento. In altre parole, l’Ispra ammette implicitamente che il liquido dentro il WP719 ha bisogno di un trattamento ‘speciale’. Il problema di cosa sia accaduto – ha concluso il tecnico – e di che cosa possa ancora accadere al pond WP719 è a questo punto prioritario”. Una priorità improrogabile per i vercellesi.
sabato 13 aprile 2013
FUKUSHIMA: LIVELLI DI RADIOATTIVITÀ TROPPO ALTI
Nuovi, inquietanti dati: trovate sostanze radioattive nei crackers di riso e nei mandarini
Nuovi dati rilasciati dal Ministero della Sanità giapponese, dimostrano ancora una volta che il disastro nucleare di Fukushima, verificatosi a seguito del violento terremoto dell'11 Marzo 2011, è tutt'altro che finito. Stando a quanto afferma Fukushima-Diary.com, nonostante un completo oscuramento dei media sull'attuale situazione, i livelli di cesio-137 e cesio-134 trovati nei crackers di riso e nei mandarini prodotti nella prefettura di Shizuoka a 362 chilometri dalla centrale, sono abbastanza alti da permettere il superamento delle soglie consentite nei residenti nel corso di pochi mesi, o addirittura settimane.
Dai dati emerge che i livelli potenzialmente letali di radiazioni stanno ancora interessando i grandi centri abitati di tutto il Giappone, compresi quelli più distanti da Fukushima. In media un adulto non dovrebbe essere esposto ad oltre 50 millisievert (mSv) di radiazione per anno, al fine di evitare gravi conseguenze per la salute. Per i bambini la soglia massima è di gran lunga inferiore, probabilmente non più alta di 10 mSv. Valori che gli abitanti delle aree più limitrofe superano nel corso di poche settimane.
L'area interessata dai livelli più elevati di radiazioni Ma il cibo, ovviamente, non è l'unica fonte di radiazioni per l'uomo: i livelli, sempre secondo Fukushima-Diary.com, continuano ad aumentare anche nei laghi e nei fiumi a nord di Tokyo, rivelando misure quasi triplicate dalle ultime rilevazioni. Secondo la stessa fonte, le autorità competenti coprirebbero la gravità della situazione, attribuendo eventuali decessi ad altre cause. Livelli così elevati di radiazioni nel corpo umano possono comportare malattie cardiache e cancro, tanto per citare quelle più letali.
Nel frattempo, un recente rapporto Rasmussen, ha scoperto che più di un terzo di tutti gli americani credono che le radiazioni provenienti dalla centrale di Fukushima abbiano causato un danno significativo negli Stati Uniti. Questo è probabilmente dovuto al fatto che alti livelli radioattivi sono stati osservati nel suolo, nell'acqua, e anche nel cibo del nuovo continente.
lunedì 8 aprile 2013
Fukushima: Tepco, perdita acqua radioattiva
Flusso da un serbatoio di stoccaggio sotterraneo, 'ma no rischi'!
TOKYO - Nuova possibile perdita di acqua contaminata dalla centrale di Fukushima. A renderlo noto è il gestore del disastrato impianto, la Tepco, che minimizza però le conseguenze sull'ambiente. Elementi radioattivi sono stati infatti rilevati nell'acqua raccolta sul terreno attorno ad un serbatoio di stoccaggio sotterraneo e sullo strato esterno di un fondo impermeabile del serbatoio ma Tepco ritiene improbabile che l'acqua radioattiva possa fluire nel mare.
"Una piccola quantità di acqua sarebbe fuoriuscita dal serbatoio, anche se non è stato rilevato alcun calo del livello dell'acqua all'interno del serbatoio", hanno detto i rappresentanti della società in un comunicato. Appena due giorni fa si era fermato per diverse ore il sistema di raffreddamento del combustibile esaurito della piscina del reattore n.3 della centrale.
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Centrale di Fukushima dopo il disastro |
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