L’acqua radioattiva della centrale nucleare non minaccia (ancora) la Cina...
La Cina sta controllando l’Oceano Pacifico ad occidente del Giappone fin dal disastro nucleare di Fukushima Daiichi del marzo 2011, e in un comunicato conferma che i prelievi proseguiranno «Al fine di salvaguardare i diritti e gli interessi marittimi della Cina. Dei controlli saranno anche effettuati nelle acque vicino a Fukushima al fine di misurare l’evoluzione di questa crisi nucleare».
I cinesi non si fidano, soprattutto dopo che la Tokyo electric power company (Tepco) ha ammesso che sono finite in mare migliaia di tonnellate di acqua altamente radioattiva e fanno bene, visto che lo stesso segretario di Gabinetto del governo giapponese, Yoshihide Suga, ha detto che «Il governo farà di più per contribuire a contenere le perdite radioattive d’acqua».
Secondo Suga «E’ inaccettabile la contaminazione di una perdita d’acqua da un serbatoio di stoccaggio dell’impianto, fluita nell’oceano» ed ha indicato la cattiva gestione da parte della Tepco come «La causa probabile», ma ha sottolineato che «Questo caso è diverso dalla falda contaminata».
Dopo aver delegato tutto alla Tepco, che ha dimostrato una crescente incapacità, ora Suga dice che «Il governo deve svolgere un ruolo più attivo nel prendere contromisure», e ha rivelato che il ministro dell’Industria, Toshimitsu Motegi, è stato incaricato alcune settimane fa di coinvolgere il governo nella risoluzione di questo problema e che «Questo include la destinazione di denaro pubblico per affrontare la perdita del serbatoio di stoccaggio».
Il governo giapponese sta spendendo una montagna di yen per tamponare le falle e le inadeguatezza degli amici della Tepco, ma la preoccupazione più grande di Suga è stata quella di smentire che lo sversamento di acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico e la crisi infinita di Fukushima Daiichi possano avere conseguenze per la candidatura del Giappone ad organizzare le Olimpiadi e le Paraolimpiadi 2020, e ha concluso che «Il ministero degli esteri dovrebbe fornire una corretta informazione in materia».
C’è da essere preoccupati, visto che il ministro degli Esteri giapponese, Fumio Kishida, sembra che per imparare come fare abbia scelto di visitare l’area della tragedia nucleare di Kishida. Kishida è infatti in Ucraina, dove ha detto che vuole aumentare la cooperazione con quel Paese per la ricostruzione delle zone colpite dal disastro nucleare di Fukushima Daiichi.
Il ministro degli Esteri giapponese ha visitato il cantiere del sarcofago di calcestruzzo e metallo che coprirà il reattore numero 4 di Chernobyl e gli ingegneri ucraini gli hanno spiegato quanto sia difficile lavorare in presenza di sostanze radioattive. Kishida ha anche visitato la città fantasma, dove una volta vivevano i lavoratori delle centrali nucleari, una copia di Fukushima, poi ha detto ai giornalisti di aver capito che «La lotta per contenere l’incidente di Chernobyl continua e che il Giappone sta imparando molto da ciò che gli ucraini hanno sperimentato dopo l’incidente». Speriamo che tra questo non ci siano anche il celare dati sulla reale contaminazione e sulle conseguenze reali sulla salute della popolazione, e che in Giappone non si permetta a nessuno di reinstallarsi abusivamente nella zona proibita come hanno fatto centinaia di disperati ucraini e bielorussi.
Quello che interessa i giapponesi è probabilmente la costruzione della nuova struttura, iniziata ad aprile, per avvolgere il decrepito sarcofago di cemento costruito dai “liquidatori” di Chernobyl: un arco già largo più di 250 metri ed alto 105 metri di altezza che sarà completato nel 2015, per un costo è stimato a più di un miliardo di dollari che stanno pagando Unione europea, Usa e Giappone. Gli ucraini dicono che per smantellare il reattore ci vorranno almeno 50 anni e ne sono già passati 27 dal più grande disastro nucleare della storia, mentre i livelli di radiazione rimangono altissimi nell’area proibita di 30 km intorno alla centrale sovietica.
Alla luce di tutto questo sembrano pannicelli caldi i nuovi lavori di decontaminazione annunciati da ministero dell’Ambiente del Giappone nelle aree di Fukushima, nelle quali i livelli delle radiazioni sono saliti di nuovo. Il governo è pressato dalla amministrazioni municipali e dai cittadini che chiedono una bonifica reale nelle aree in cui i livelli di radiazione sono saliti dopo la decontaminazione iniziale.
Il ministero dell’Ambiente inizialmente aveva detto di voler gestire questi problemi questioni, caso per caso, ora afferma che progetta di «Ripulire i siti dove i livelli di radiazione sono notevolmente superiori a quelli dopo il primo step di pulizia, probabilmente a causa delle scorie portare dell’acqua piovana e delle foglie cadute».
Squadre di “liquidatori” saranno rimandate nei siti dove le precedenti decontaminazioni sembrano non essere riuscite del tutto. Il ministero prevede di ripulire le aree boschive a circa 5 metri dalle zone residenziali: durante la prima bonifica i liquidatori avevano rimosso le foglie a 20 metri dalle abitazioni, ma i livelli delle radiazioni rimangono alti in alcune aree.
Benvenuto
Questo blog nasce per pura curiosità e per qualche insegnamento molto superficiale, la radioattività è un argomento molto complesso e vasto e difficile da capire se non si hanno le basi; questo blog cerca di "insegnare" queste piccole basi molto semplicemente! In oltre, parliamo di notizie recenti e non, riguardanti la radioattività cercando di essere i più concreti e semplici possibili...
Grazie per la visita!
Per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi via e-mail all'indirizzo: wingsofwarlivorno@gmail.com
sabato 26 aprile 2014
Chernobyl, 28 anni dopo 10 milioni di persone vivono ancora nelle aree radioattive
Cos'è cambiato nella città ucraina di Pripyat e nei 30km attorno alla centrale dal 26 aprile del 1986, giorno del disastro
Tutto fermo, quasi cristallizzato. Poco è cambiato nella città ucraina di Pripyat da quel terribile 26 aprile del 1986 e nei 30 chilometri di raggio attorno alla centrale nucleare. A 28 anni dal disastro di Chernobyl, l’organizzazione ambientalista Green Cross lancia un appello per non abbandonare le famiglie che, ancora oggi, anche attraverso i loro figli e nipoti, portano i segni fisici e psicologici della contaminazione.
Secondo uno studio condotto dalla filiale svizzera di Green Cross, oltre 9,9 milioni di persone vivono ancora nelle aree inquinate dalle radiazioni a seguito dell’incidente: in Bielorussia il dato oscilla tra 1,6 e 3,7 milioni di persone, in Russia tra 1,8 e 2,7 milioni e in Ucraina tra 1,1 e 3,5 milioni.
«Il disastro di Chernobyl – commenta il presidente di Green Cross Italia, Elio Pacilio – rimane purtroppo presente e tangibile nelle menti e nei corpi di milioni di persone, anche oltre i confini di Pripyat, ma ciò non è bastato a fermare il nucleare. Ne abbiamo avuto prova con l’incidente di Fukushima del 2011 che, oltre a tante vittime, ha portato alla contaminazione dell’8% delle superfici agricole del Giappone. È necessario procedere a una graduale fuoriuscita dall’energia nucleare, è tempo di riprendere lo slogan “fuori dal nucleare, civile e militare”».
Da quasi vent’anni Green Cross è impegnata in Russia, Bielorussia e Ucraina, e dal 2012 anche in Giappone, attraverso il programma Socmed a sostegno delle popolazioni locali. I “Therapy Camps” (campi di terapia) ogni anno permettono a circa 1.000 ragazzi di vivere in un ambiente sano e pulito e di disporre di cure mediche adeguate, riducendo il livello di contaminazione tra il 30 e l’80% e coinvolgono complessivamente in attività assistenziali oltre 31.000 persone. I “Mother and Child Clubs” (club madri e figli), gruppi di formazione per insegnare alle madri come ridurre i livelli di radioattività nei prodotti alimentari, interessano ogni anno più di 4.200 donne. Infine, ci sono i “Mobile Bus”, pulmini attrezzati che forniscono cure e consulenze mediche a bambini e famiglie in difficoltà.
«Molto è stato fatto, ma tanto c’è ancora da fare», afferma la direttrice del programma Socmed Maria Vitagliano, in questi giorni in missione a Chernobyl insieme ai colleghi di Green Cross Svizzera per monitorare gli interventi. «È necessario tener sempre aggiornata la mappatura dei terreni per permettere la piantumazione di alberi da frutto, per la semina degli ortaggi e delle verdure in superfici non contaminate. Allo stesso tempo devono continuare a pieno ritmo i lavori della nuova struttura ad arco progettata per sigillare il reattore danneggiato e contenere la diffusione delle radiazioni. Dopo 28 anni dalla catastrofe, ancora oggi quando si esce da Pripyat e da Chernobyl bisogna sottoporsi a scansioni per controllare i livelli di radioattività accumulati durante la permanenza, seppur limitata, in questi luoghi. Non si può abbassare la guardia perché la tragedia di Chernobyl è tutt’altro che finita».
Iscriviti a:
Post (Atom)