A un anno dalla crisi di Fukushima, il nucleare diventa uno dei temi caldi in America Latina. Gli unici tre paesi con centrali nucleari, Brasile, Messico e Argentina, pianificano un potenziamento del settore. Attualmente, solo il 2% dell’energia elettrica latinoamericana proviene da centrali nucleari. In seguito alla tragedia giapponese, Venezuela, Perù e Bolivia hanno desistito dai loro piani di sviluppo nucleare, mentre il Cile mantiene un atteggiamento ambiguo a riguardo.
È questo lo scenario delineato da Kerstin Kress, ricercatrice della Fondazione Friedrich Ebert, in un articolo pubblicato da Nueva Sociedad, la rivista latinoamericana dell’istituzione tedesca. “L’incidente di Fukushima ha aperto un nuovo dibattito sull’energia nucleare in America Latina. Tuttavia, le proteste anti-nucleari non hanno raggiunto la stessa dimensione di quelle europee”, scrive Kress.
Lo scorso settembre l’Argentina ha inaugurato la sua terza centrale nucleare. Le altre due risalgono al 1974 e al 1984. I lavori del terzo impianto, chiamato Atucha II, erano iniziati negli anni ottanta, ma erano stati sospesi negli anni novanta in seguito ai tagli alla spesa pubblica. Le tre centrali producono il 6,2% dell’elettricità del paese.
Il Governo di Cristina Fernández de Kirchner incoraggia lo sviluppo del primo reattore nucleare al 100% argentino e la produzione di uranio arricchito per contro proprio e in collaborazione con il Brasile.
Le due installazioni brasiliane di Angra, risalenti al 1982 e al 2000, forniscono l’1,8% dell’elettricità del paese. La centrale Angra III sarà completata entro il 2015. Intanto il Governo di Dilma Rousseff pianifica la costruzione di altri due poli.
Paulo Carneiro, consulente tecnico della compagnia di stato brasiliana Eletronuclear, assicura che Angra III “non avrà le carenze di Fukushima”. Le altre due centrali, continua Carnerio, “sono sottoposte ad oltre 50 esami. Ad esempio, in caso di allagamento, è previsto un sistema di protezione aggiuntiva. Stiamo studiando l’utilizzo di autopompe e generatori di corrente mobili, così da non dipendere dalla rete elettrica. Da qui a due anni saranno investiti 217 milioni di euro per la sicurezza dei tre impianti”.
“I critici lamentano il limitato piano di evacuazione di soli 5 chilometri intorno ai reattori, e non di 20 che includerebbero la città di Angra dos Reis, con 170.000 abitanti. Ma, a causa delle continue proteste, il Governo si è detto disposto ad un cambio del piano”, sottolinea Kress.
Il 2,4% dell’elettricità del Messico proviene dalle due centrali nucleari di Laguna Verde, inaugurate nel 1990 e nel 1995 a Veracruz. Nel 2010, la Comisión Federal de Electricidad messicana aveva annunciato di voler toccare “quota 10% entro il 2024, per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi”. Nel 2011 sono stati terminati i lavori per potenziare del 20% i generatori.
Il direttore generale della Comisión Nacional de Seguridad Nuclear y Salvaguardias del Messico, Juan Eibenschutz Hartman, assicura che “a Laguna Verde non c’è alcun rischio di uno tsunami, né si sono mai registrati forti sismi. Stiamo comunque studiando un piano d’emergenza che prevede la disposizione di autopompe, funzionanti con generatori di corrente mobili, nei pressi dei reattori”.