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Questo blog nasce per pura curiosità e per qualche insegnamento molto superficiale, la radioattività è un argomento molto complesso e vasto e difficile da capire se non si hanno le basi; questo blog cerca di "insegnare" queste piccole basi molto semplicemente! In oltre, parliamo di notizie recenti e non, riguardanti la radioattività cercando di essere i più concreti e semplici possibili...
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martedì 10 dicembre 2013
Fukushima, buttare nel Pacifico 380.000 tonnellate di acqua radioattiva
Una delegazione dell’Iaea (l’agenzia dell’Onu per l’energia nucleare) oggi ha concluso una missione a Fukushima impartendo una sia pur indiretta benedizione al suggerimento del consulente cow boy ingaggiato dalla Tepco, la società proprietaria della centrale nucleare in avaria. Secondo questo esperto statunitense la soluzione migliore è buttare nell’oceano Pacifico le circa 380.000 tonnellate di acqua radioattiva finora accumulatesi nei serbatoi costruiti attorno alla centrale con tre reattori in meltdown. E’ acqua parzialmente – ma non completamente – decontaminata. L’Iaea non ha detto esattamente che bisogna buttarla a mare, questo no: ha però affermato che bisognaconsiderare questa possibilità.
Rispetto all’immensità del Pacifico, 380.000 tonnellate di acqua radioattiva sono come unosputacchio in un fiume. Ma ogni giorno già entrano nel Pacifico 300 tonnellate di acqua della falda sotterranea contaminate dalla radioattività di Fukushima (ultimamente però si parla di 400 tonnellate al giorno). Inoltre la radioattività non si diluisce istantaneamente ed omogeneamente nella vastità dell’oceano: tende invece ad essere assorbita dai pesci. Resterà quindi nella catena alimentare per decenni, addirittura per secoli.
Dal marzo 2011, cioè dall’inizio della crisi nucleare, a Fukushima si continua a versare acqua sui tre reattori in meltdown per raffreddarli e per impedire la ripresa delle reazioni nucleari. E’ pur vero che nessuno ha idea di dove si trovi il combustibile nucleare fuso, e dunque nessuno sa fino a che punto il raffreddamento sia efficace: però versare acqua sui reattori è l’unica cosa che si può fare per cercare di mantenere in qualche modo sotto controllo la situazione.
L’acqua versata sui reattori entra in contatto con il materiale radioattivo e diventa a sua voltaradioattiva. Viene dunque estratta, sottoposta ad una decontaminazione che riguarda soprattutto il cesio, l’elemento radioattivo più abbondante. Non viene però eliminata una quantità significativa di altri elementi radioattivi, come il trizio e lo stronzio.
Un crescente numero di serbatoi viene assemblato attorno a Fukushima per stoccare l’acqua estratta dai reattori. Alcuni serbatoi sono di scarsa qualità e di basso prezzo: costruiti per non durare. La delegazione dell’Iaea che ha visitato Fukushima, riferisce Associated Press, ha notato deiprogressi nelle operazioni di bonifica (è iniziata fra l’altro l’estrazione del combustibile nuclearedalla piscina di raffreddamento pericolante) pur sottolineando che la situazione rimane difficile e complicata.
La delegazione inoltre ha esaminato il problema dell’accumulo crescente di acqua radioattiva neiserbatoi, dicendo che la Tepco dovrebbe soppesare tutte le opzioni, compresa quella di versarla in mare dopo aver effettuato studi di impatto ambientale e nel rispetto delle norme di legge. Mia traduzione dell’ultima frase: se l’acqua è troppo radioattiva, basta che la diluiscano.
Si calcola che ciascuno dei circa mille serbatoi d’acqua di Fukushima contenga 10 terabequerel di Stronzio 90, un elemento radioattivo legato alla leucemia che può entrare nella catena alimentare depositandosi nelle ossa dei pesci.
sabato 23 novembre 2013
Scandalo Fukushima: La centrale andava chiusa molti anni prima del disastro, situazione fuori controllo
Le conseguenze potrebbero essere devastanti a livello globale, ma tutti oscurano la verità.
Le pesanti ondate di radiazioni potrebbero investire tutti i paesi limitrofi al Giappone ed anche il Nord America, il disastro potrebbe essere causato dal crollo dei bacini di combustibile, dalla fusione del terreno, da un grosso incendio o peggio se una barra si rompesse, si impigliasse nel suolo o si rompesse. Esperti nucleari dicono: “non resterebbe che evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore, la rimozione dei materiali radioattivi dai bacini del combustibile di Fukushima è una questione di sopravvivenza umana”. Ed ancora il Japan Times: “Le conseguenze potrebbero essere di gran lunga più gravi di qualsiasi incidente nucleare che il mondo abbia mai visto, ognuna di queste situazioni potrebbe portare a massicci rilasci di radionuclidi mortali nell’atmosfera, mettendo in grave rischio gran parte del Giappone ed anche i paesi vicini. Invece il Washington Blog afferma: “Il Giappone ha cercato disperatamente di coprire la verità per due anni e mezzo e solo ora ha ammesso che da due anni sta rilasciando enormi quantità di acqua radioattiva che, attraverso le falde sotterranee, si riversano nell’Oceano Pacifico.” Ma non solo il Giappone anche i media, i politici ed i tecnici hanno sin da subito oscurato la situazione ai nostri occhi.
domenica 3 novembre 2013
Nel 1983 il mondo fu a un passo dalla guerra nucleare: i documenti top secret che raccontano l'incredibile storia
Una guerra nucleare. Fu quello che si sfiorò nel 1983, ma che è rimasto all'oscuro. Fino ad oggi. Nel novembre del 1983, gli Usa e i loro alleati della Nato condussero una serie di esercitazioni militari, denominate "Operation Able Archer", talmente realistiche dal convincere i russi della possibilità di un attacco nucleare sul loro territorio. Quando l'allora governo conservatore britannico venne informato del rischio dai servizi segreti, il premier Margaret Thatcher ordinò ai suoi funzionari di fare pressione sugli americani affinché un simile errore non si ripetesse.
Tutto questo è stato rivelato grazie a una serie di documenti top secret, ora desecretati, ottenuti da Peter Burt, direttore del Nuclear Information Service (Nis), un'organizzazione impegnata contro la proliferazione delle armi nucleari. "Questi documenti testimoniano un momento di svolta nella storia moderna, il punto nel quale un allarmato governo Thatcher si rende conto che bisogna mettere fine alla Guerra Fredda e inizia a convincere gli alleati americani a fare altrettanto", spiega Burt al quotidiano britannico Guardian.
Able Archer, che prevedeva lo spostamento di 40mila militari Usa e della Nato attraverso l'Europa occidentale ed era coordinato da un sistema criptato di comunicazioni, immaginava uno scenario nel quale le Forze Blu (Nato) intervenivano a difesa dei loro alleati dopo che le Forze Arancioni (Patto di Varsavia) avevano invaso la Jugoslavia a seguito di sommovimenti politici interni. Le Forze Arancioni, secondo lo scenario ipotizzato nell'esercitazione, avevano poi anche invaso la Finlandia, la Norvegia e la Grecia. In breve, il conflitto immaginario subiva un'escalation che prevedeva l'uso di armi chimiche e nucleari.
A quanto riporta l'Adnkronos, secondo Paul Dibb, che in passato è stato direttore della Joint Intelligence Organisation (Jio), gli ex servizi di intelligence australiani, l'esercitazione militare Nato del 1983 costituì per la pace nel mondo una minaccia ancora più grave di quella della crisi dei missili di Cuba del 1962. "Able Archer avrebbe potuto dare il via alla catastrofe definitiva".
Ad aumentare il rischio di una fatale incomprensione tra i due schieramenti era soprattutto il contesto storico nel quale avvenne l'esercitazione. Due mesi prima, nel settembre del 1983, i russi avevano abbattuto un Boeing 747 delle linee aeree coreane, uccidendo le 269 persone a bordo, credendo che l'aereo fosse un velivolo spia americano. In precedenza, il presidente Usa Ronald Reagan aveva pronunciato il famoso discorso nel quale definiva l'Unione Sovietica "l'impero del male", annunciando i suoi piani di "Guerre Stellari" per la realizzazione di un sistema di difesa strategico.
La diffidenza reciproca tra i due blocchi era quindi ai massimi livelli. Dopo l'avvio dell'esercitazione della Nato, il Cremlino diede l'ordine di decollo a una decina di bombardieri nucleari dislocati in Germania est e Polonia. Circa 70 rampe di lancio dei missili SS-20 vennero poste in stato di allerta, mentre i sottomarini sovietici armati con missili nucleari vennero inviati sotto i ghiacci dell'Artico, per sfuggire ai sistemi di rilevamento della Nato. All'inizio, i comandanti della Nato pensarono che le mosse sovietiche fossero a loro volta una esercitazione militare ordinata da Mosca.
I documenti ottenuti da Peter Burt indicano invece quanto fatale potesse rivelarsi quell'equivoco. In un rapporto desecretato del Joint Intelligence Commitee (Jic) britannico si legge: "Non possiamo escludere la possibilità che almeno alcuni funzionari e ufficiali sovietici possano avere male interpretato Able Archer 83 e considerino altre esercitazioni nucleari come una reale minaccia".
L'allora segretario di Downing Street, Sir Robert Armstrong, in un briefing alla Thatcher spiegò che la risposta sovietica non aveva le caratteristiche di un'esercitazione perchè "avveniva durante un'importante festività sovietica, aveva la forma di una reale attività militare e di allerta, non solo di un'esercitazione ed era limitata geograficamente in un'area, l'Europa centrale, coperta dall'esercitazione della Nato".
In sintesi, l'Unione Sovietica temeva un attacco della Nato mascherato da esercitazione militare. Gran parte delle informazioni di intelligence contenute nel briefing per il primo ministro, inoltre, provenivano da Oleg Gordievskij, l'ex doppio agente segreto al servizio dell'intelligence britannica. La Thatcher, rivelano ancora i documenti, prese talmente sul serio la minaccia derivante da un catastrofico malinteso, che ordinò ai suoi funzionari di "considerare quanto può essere fatto per impedire il rischio che l'Unione Sovietica reagisca in maniera spropositata a causa di una interpretazione sbagliata delle intenzioni occidentali". Il premier chiese quindi di "prendere urgentemente" misure per convincere gli americani del rischio.
Il ministero della Difesa e quello degli Esteri stesero allora una bozza di documento da sottoporre all'attenzione di Washington, nella quale si proponeva che d'ora in avanti "la Nato dovrebbe informare regolarmente l'Unione Sovietica sulle previste attività di esercitazioni militari che comprendono simulazioni nucleari". Il briefing che tanto allarmò la Thatcher finì anche sulla scrivania di Reagan, che volle incontrare personalmente la spia Gordievskij. Secondo le ricostruzioni, il presidente Usa rimase talmente colpito dagli argomenti presentatigli, che si convinse della necessità di un approccio diverso con l'Unione Sovietica.
lunedì 28 ottobre 2013
Emergenza nucleare a Fukushima: acqua radioattiva verso l'Oceano
<<A causa del tifone Wipha in una conduttura che va verso il mare. Tepco: procederemo alla decontaminazione>>
Tokyo, 17 ott. - L'operatore della centrale nucleare di Fukushima ha indicato di aver rilevato acqua con alti livelli di radioattività in un canale che porta al mare, probabilmente a causa delle piogge provocate dal tifone Wipha.
Nelle acque di questo canale sono stati registrati livelli tra i 1.400 e i 2.300 becquerels per litro di raggi beta (derivanti dallo stronzio 90); il canale collega all'Oceano la zona dove sono stati installati i serbatoi di acqua radioattiva della centrale nucleare danneggiata dal sisma e dallo tsunami del 2011.
Il livello di 1.400 becquerels/litro è stato registrato a 150 metri circa dal mare, i livelli più alti di 2.300 becquerels/litro in altre due zone situate più a monte.
"Crediamo che sia a causa del tifone, la pioggia ha portato con sé del terreno radioattivo" facendo salire i livelli di radioattività, ha spiegato Tepco. "Procederemo alla decontaminazione" ha aggiunto la compagnia.
Nucleare, "raggi beta" a Fukushima: radioattività aumenta in centrale
Tokyo, 17 ott. - L'operatore della centrale nucleare di Fukushima ha indicato di aver rilevato acqua con alti livelli di radioattività in un canale che porta al mare, probabilmente a causa delle piogge provocate dal tifone Wipha.
Nelle acque di questo canale sono stati registrati livelli tra i 1.400 e i 2.300 becquerels per litro di raggi beta (derivanti dallo stronzio 90); il canale collega all'Oceano la zona dove sono stati installati i serbatoi di acqua radioattiva della centrale nucleare danneggiata dal sisma e dallo tsunami del 2011.
Il livello di 1.400 becquerels/litro è stato registrato a 150 metri circa dal mare, i livelli più alti di 2.300 becquerels/litro in altre due zone situate più a monte.
"Crediamo che sia a causa del tifone, la pioggia ha portato con sé del terreno radioattivo" facendo salire i livelli di radioattività, ha spiegato Tepco. "Procederemo alla decontaminazione" ha aggiunto la compagnia.
Nucleare, "raggi beta" a Fukushima: radioattività aumenta in centrale
<<L'ha fatto sapere la Tepco>>
Tokyo, 19 ott. - Il livello di radioattività nelle acque sotterranee è aumentato nella centrale incidentata di Fukushima, vicino ai serbatoi da cui fuoriuscirono 300 tonnellate di acqua radioattiva in agosto. Lo ha annunciato la compagnia giapponese Tepco.
Tepco ha indicato che i prelievi effettuati giovedì a partire da un pozzo contenevano 400.000 becquerel per litro di sostanze che emettono raggi Beta, il livello più alto rilevato dall'incidente nucleare provocato dallo tsunami del marzo 2011.
I prelievi effettuati i giorni precedenti indicavano livelli nettamente meno elevati, tra i 60 e i 90 becquerel per litro. I rilevamenti che riguardano il trizio radioattivo hanno inoltre raggiunto il record di 790mila becquerel, ha precisato Tepco.
domenica 13 ottobre 2013
Cisam, via allo smaltimento ma Livorno ne è all’oscuro
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L’operazione che prevede: il trattamento ed il successivo smaltimento delle acque della piscina dell’ex reattore nel Canale dei Navicelli è stata annunciata dal quotidiano Greenreport le reazioni non hanno tardato ad arrivare.
Il comitato livornese “Togliete quei bidoni”, nato per stimolare ricerca e raccolta dei fusti tossici dispersi in mare dall’Eurocargo Venezia nel dicembre del 2011, interviene infatti con un comunicato per chiedere a gran voce che le istituzioni e la popolazione livornese sia correttamente e puntualmente informata riguardo alle operazione di smaltimento delle acque della piscina dell’ex reattore nucleare di San Piero a Grado, «perché – spiega Francesco Gazzetti, portavoce del comitato – le acque del Canale dei Navicelli, come è noto, confluiscono prima nello Scolmatore e poi nel mare, il nostro mare dove non esistono né barriere legate a competenze territoriali né tantomeno a titolarità di iter autorizzativi. Ci spieghiamo meglio: se tutta questa operazione è stata in gran parte seguita, per competenza territoriale, da enti ed istituzioni di Pisa ci sembra francamente incredibile che tutto ciò sia avvenuto ed avvenga senza il coinvolgimento della comunità livornese».
Ancora più incredulo è Massimo Gulì, assessore all’ambiente del Comune di Livorno che afferma: «Eravamo rimasti d’accordo con le istituzioni pisane che ci avrebbero fatto sapere quando sarebbero iniziati i lavori in modo da poter essere correttamente informati riguardo la procedura e il monitoraggio di smaltimento e di conseguenza rendere partecipe la cittadinanza. Altre volte sono uscite notizie sbagliate riguardo all’avvio dei lavori, spero sia così anche questa volta».
In attesa di smentite, il comitato “Togliete i bidoni” coglie l’occasione per mettere i puntini sulle i e chiedere a gran voce «la promozione a Livorno di un’iniziativa di approfondimento in cui poter parlare, ad esempio, sia della vicenda Cisam che della questione dei bidoni caduti dall'Eurocargo Venezia ed ancora presenti sul fondo del mare. Forti della disponibilità registrata nei mesi scorsi speriamo che siano gli enti locali livornesi a promuovere questa iniziativa di approfondimento con le nostre parole che vogliono rappresentare un invito a perseguire celermente questo obiettivo».
La risposta di Gulì non si fa attendere: «Siamo i primi a voler essere informati e coinvolgere i cittadini. Per questo, insieme a tutti gli enti coinvolti nell’operazione (Arpat, Ispra, Regione, Istituto Nazionale della Sanità) di recupero dei bidoni entro qualche settimana apriremo una sezione sul sito del Comune con all’interno tutte le informazioni riguardo all’operazione: dati, aggiornamenti, analisi, tutto in maniera chiara e comprensibile anche per persone non esperte».
E per il Cisam? La nostra idea è quella di creare una sezione sul sito dedicata anche allo smaltimento delle acque della piscina dell’ex reattore. Vogliamo controllare e monitorare il procedimento – conclude Gulì – e rendere la cittadinanza partecipe. Riguarda anche a Livorno. Aspettiamo notizie da Pisa.
Segreto di Stato - Nell’ordinanza di nomina del generale Carlo Jean a commissario con poteri speciali sul nucleare (7 marzo 2003, numero 3267) l’allora primo ministro Berlusconi elenca gli impianti atomici che devono essere smantellati, con il successivo stoccaggio delle scorie in un deposito unico. Eppure nell’atto ufficiale non è menzionato il reattore militare Galilei, né il Cisam e neppure la Toscana.
giovedì 10 ottobre 2013
Fukushima, nuovo Sos "Perdita d'acqua radioattiva per l'errore di un operaio"
Tokyo, 3 ottobre 2013 - Non c'è pace per Fukushima, dove è scattato un nuovo allarme radioattivo. E' stato l’errore di un operaio, che ha calcolato male la capienza di un serbatoio, la causa di una nuova perdita di acqua radioattiva nel disastrato impianto nucleare di Fukushima. L’acqua altamente contaminata è fuoriuscita all’esterno, il secondo incidente del genere in meno di due mesi. Il timore è che una parte dell’acqua radioattiva possa essere finita in mare, nell’Oceano Pacifico.
La Tepco, la società che gestisce la centrale, ha spiegato che alcuni operai hanno riempito troppo un serbatoio, che tra l’altro è poggiato su un terreno lievemente inclinato. Le misurazioni effettuate su una porzione di acqua riversata hanno mostrato una concentrazione di sostanze radioattive pari a 200 mila becquerel per litro di isotopi radioattivi beta-emettitori, tra cui lo Stronzio 90; mentre all’interno del serbatoio il livello di contaminazione è di 580 mila becquerel per litro.
Il limite legale per lo stronzio 90 è di 30 becquerel. I tecnici della Tepco valutano provvisoriamente che siano stati riversati 430 litri di acqua. La Tepco sta utilizzando serbatoio costruiti frettolosamente per contenere l’eccesso di acqua da raffreddamento scaricata sopra i danneggiati reattori di Fukushima Daiichi, dove tre unità subirono crolli ed esplosioni di idrogeno dopo il terremoto e lo tsunami del marzo 2011.
lunedì 23 settembre 2013
Fukushima, Tokyo ammette: il rischio-apocalisse è adesso
Era tutto vero: il pericolo Fukushima comincia solo adesso e il Giappone non sa come affrontarlo. Le autorità hanno finora mentito, ai giapponesi e al mondo intero: Fukushima era una struttura a rischio, degradata dall’incuria. Un impianto che andava chiuso molti anni fa, ben prima del disastro nucleare del marzo 2011. Da allora, la situazione non è mai stata sotto controllo: la centrale non ha smesso di emettere radiazioni letali. Tokyo finalmente ammette che, da mesi, si sta inquinando il mare con sversamenti continui di acqua radioattiva, utilizzata per tentare di raffreddare l’impianto. Ma il peggio è che nessuno sa esattamente in che stato siano i reattori collassati: si teme addirittura una imminente “liquefazione” del suolo. L’operazione più pericolosa comincerà a novembre, quando sarà avviata la rimozione di 400 tonnellate di combustibile nucleare. Operazione mai tentata prima su questa scala, avverte la “Reuters”: si tratta di contenere radiazioni equivalenti a 14.000 volte la bomba atomica di Hiroshima. Enormità: bonificare Fukushima – ammesso che ci si riesca – richiederà 11 miliardi di dollari. Se tutto va bene, ci vorranno 40 anni.
Gli scienziati non hanno idea del vero stato dei nuclei dei reattori, riassume il “Washington’s Blog” in un lungo reportage tradotto da “Megachip”: le Fukushima tecniciradiazioni potrebbero investire la Corea, la Cina e la costa occidentale del Nord America. Perché il peggio deve ancora arrivare: gli stessi tecnici incapaci, che hanno prima nascosto l’allarme e poi sbagliato tutte le procedure di emergenza, ora «stanno probabilmente per causare un problema molto più grande». Letteralmente: «La più grande minaccia a breve termine per l’umanità proviene dai bacini del combustibile di Fukushima: se uno dei bacini crollasse o si incendiasse, questo potrebbe avere gravi effetti negativi non solo sul Giappone, ma sul resto del mondo». Se anche solo una delle piscine di stoccaggio dovesse crollare, avvertono l’esperto nucleare Arnie Gundersen e il medico Helen Caldicott, non resterebbe che «evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore». Un allarme di così vasta portata, che disorienta anche gli esperti più prudenti. Come Akio Matsumura, già consulente Onu, secondo cui la rimozione dei materiali radioattivi dai bacini del combustibile di Fukushima è «una questione di sopravvivenza umana».
Migliaia di lavoratori e una piccola flotta di gru, riferisce il “New York Times”, si preparano a «evitare un disastro ambientale ancora più profondo, che ha già reso la Cina e gli altri paesi vicini sempre più preoccupati». Obiettivo, neutralizzare le oltre 1.300 barre di combustibile esaurito dall’edificio del reattore 4. E’ come sfilare sigarette da un pacchetto accartocciato, avverte Gundersen: basta che due barre si urtino, e c’è il rischio che rilascino cesio radioattivo, xenon e kripton. «Ho il sospetto che nei prossimi mesi di novembre, dicembre e gennaio, sentiremo che l’edificio è stato evacuato, che hanno rotto una barra di combustibile, e che la barra di combustibile sta emettendo dei gas. Ritengo che le griglie si siano contorte, il combustibile si sia surriscaldato e il bacino sia giunto a ebollizione: la conseguenza naturale è che sia probabile che una parte del combustibile rimarrà incastrata lì per un lungo, lungo periodo». Le griglie Arnie Gundersensono contorte per effetto del terremoto, che ha fatto collassare il tetto proprio sopra il deposito nucleare.
«Le conseguenze – conferma il “Japan Times” – potrebbero essere di gran lunga più gravi di qualsiasi incidente nucleare che il mondo abbia mai visto: se una barra di combustibile cadesse, si rompesse o si impigliasse mentre viene rimossa, i possibili peggiori scenari includono una grande esplosione, una fusione nel bacino o un grande incendio. Ognuna di queste situazioni potrebbe portare a massicci rilasci di radionuclidi mortali nell’atmosfera, mettendo in grave rischio gran parte del Giappone – compresi Tokyo e Yokohama – e anche i paesi vicini». Secondo la “Cnbc”, il pericolo maggiore riguarda il possibile sversamento di acqua in uno dei bacini, che potrebbe incendiare il combustibile. «Un enorme incendio del combustibile esaurito – dichiara alla “Cnn” il consulente nucleare Mycle Schneider – probabilmente farebbe apparire poca cosa le attuali dimensioni della catastrofe, e potrebbe superare le emissioni di radioattività di Chernobyl di decine di volte». Una sorta di apocalisse: «Le pareti della piscina potrebbero avere perdite al di là della capacità di fornire acqua di raffreddamento, o un edificio del reattore potrebbe crollare in seguito una delle centinaia di scosse di assestamento. Poi, il rivestimento del combustibile potrebbe incendiarsi spontaneamente emettendo il suo intero accumulo radioattivo».
Sarebbe il più grave disastro radiologico mai visto fino ad oggi, conferma Antony Froggatt nel suo “World Nuclear Industry Status Report 2013”, redatto con Schneider. E per Gundersen, direttore di “Fairewinds Energy Education”, l’operazione si prospetta «piena di pericoli», e la verità è che «nessuno sa quanto male potrebbero andare le cose». Ciascun assemblaggio di barre combustibili pesa 300 chili e misura 4 metri e mezzo. Gli assemblaggi da rimuovere sono 1.331, informa Yoshikazu Nagai della Tepco, più altri 202 stoccati nel bacino: le barre di combustibile esaurito inoltre contengono plutonio, una delle sostanze più tossiche dell’universo, che si forma durante le ultime fasi del funzionamento di un reattore. «Il problema di una criticità che colpisca il bacino del combustibile è che non la si può fermare, non ci sono barre di controllo per gestirla», sostiene Gundersen. «Il sistema di raffreddamento del bacino del combustibile esaurito è stato Mycle Schneiderprogettato solo per rimuovere il calore di decadimento, non il calore derivante da una reazione nucleare in corso».
Le barre sono rese ancora più vulnerabili agli incendi nel caso debbano essere esposte all’aria. Il quadro è estremamente precario: l’operazione si svolgerà sott’acqua, in un bacino all’interno di un edificio lesionato, che la Tepco ha già puntellato. «La rimozione delle barre dal bacino è un compito delicato», testimonia Toshio Kimura, ex tecnico della Tepco, al lavoro a Fukushima per 11 anni. «In precedenza era un processo controllato dal computer che memorizzava al millimetro le posizioni esatte delle barre, ma ora non se ne può più disporre: il processo deve essere fatto manualmente, quindi c’è un alto rischio che si possa far cadere e rompere qualcuna delle barre di combustibile». In più, la situazione è assolutamente instabile. Secondo Richard Tanter, esperto nucleare dell’università di Melbourne, il reattore 4 di Fukushima «sta affondando». Lo conferma l’ex premier giapponese Naoto Kan: sotto il grande deposito di combustibile atomico, il terreno è già spofondato di circa 31 centimetri.
Per tentare di stabilizzarlo e isolarlo dall’acqua, la Tepco sta considerando la possibilità di congelare il suolo attorno all’impianto. Essenzialmente, riferisce “Nbc News”, si tratta di costruire un muro sotterraneo di ghiaccio lungo un miglio, cosa che non è mai stata tentata prima: in pratica, stanno cercando di arrampicarsi sugli specchi perché non sanno come risolvere il problema. «Un altro errore che venisse fatto dalla Tepco potrebbe avere conseguenze perfino esiziali, per il Giappone», sottolinea “Japan Focus” puntando il dito contro l’azienda elettrica responsabile del disastro. La Tepco ha infatti taciuto la verità sul degrado dell’impianto prima ancora del sisma, poi ha sbagliato tutto il possibile. Il governo di Tokyo ha concluso che il disastro ha avuto “cause umane”, ed è stato provocato da una “collusione” tra il governo stesso e la Tepco, oltre che da una cattiva progettazione del reattore. Già all’indomani della tragedia, «la Tepco sapeva che 3 reattori nucleari avevano perso capacità contenitiva, che il nuclere apocalissecombustibile nucleare era “scomparso”, e che non vi era di fatto alcun vero contenimento».
L’azienda, ricorda il “Washington’s Blog” ha cercato disperatamente di coprire la verità per due anni e mezzo, «fingendo che i reattori fossero in fase di “spegnimento a freddo”», e solo ora ha ammesso che da due anni sta rilasciando enormi quantità di acqua radioattiva che, attraverso le falde sotterranee, si riversano nell’Oceano Pacifico. La dimensione del pericolo lascia sgomenti: nessuno, al mondo, è preparato a fronteggiare una catastrofe come quella evocata dai tecnici più pessimisti. Ma l’aspetto più sinistro, forse, è proprio quello che riguarda l’informazione e l’assoluta mancanza di trasparenza: la verità è stata negata dai tecnici, minimizzata dai politici, oscurata dai media. Molti blogger hanno incessantemente rilanciato l’allarme, fino alla notizia – qualche mese fa – degli sversamenti radioattivi in mare. Solo ora – di fronte all’impossibilità di continuare a negare, alla vigilia della pericolosissima operazione di bonifica – si giunge ad ammettere tutto. Colpisce l’appello di Mitsuhei Murata, ex ambasciatore giapponese in Svizzera, che chiede che il Giappone rinunci ad ospitare a Tokyo le Olimpiadi 2020, perché non potrebbe garantire la sicurezza degli atleti. Così, il Sol Levante tramonta nella vergogna.
Gli scienziati non hanno idea del vero stato dei nuclei dei reattori, riassume il “Washington’s Blog” in un lungo reportage tradotto da “Megachip”: le Fukushima tecniciradiazioni potrebbero investire la Corea, la Cina e la costa occidentale del Nord America. Perché il peggio deve ancora arrivare: gli stessi tecnici incapaci, che hanno prima nascosto l’allarme e poi sbagliato tutte le procedure di emergenza, ora «stanno probabilmente per causare un problema molto più grande». Letteralmente: «La più grande minaccia a breve termine per l’umanità proviene dai bacini del combustibile di Fukushima: se uno dei bacini crollasse o si incendiasse, questo potrebbe avere gravi effetti negativi non solo sul Giappone, ma sul resto del mondo». Se anche solo una delle piscine di stoccaggio dovesse crollare, avvertono l’esperto nucleare Arnie Gundersen e il medico Helen Caldicott, non resterebbe che «evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore». Un allarme di così vasta portata, che disorienta anche gli esperti più prudenti. Come Akio Matsumura, già consulente Onu, secondo cui la rimozione dei materiali radioattivi dai bacini del combustibile di Fukushima è «una questione di sopravvivenza umana».
Migliaia di lavoratori e una piccola flotta di gru, riferisce il “New York Times”, si preparano a «evitare un disastro ambientale ancora più profondo, che ha già reso la Cina e gli altri paesi vicini sempre più preoccupati». Obiettivo, neutralizzare le oltre 1.300 barre di combustibile esaurito dall’edificio del reattore 4. E’ come sfilare sigarette da un pacchetto accartocciato, avverte Gundersen: basta che due barre si urtino, e c’è il rischio che rilascino cesio radioattivo, xenon e kripton. «Ho il sospetto che nei prossimi mesi di novembre, dicembre e gennaio, sentiremo che l’edificio è stato evacuato, che hanno rotto una barra di combustibile, e che la barra di combustibile sta emettendo dei gas. Ritengo che le griglie si siano contorte, il combustibile si sia surriscaldato e il bacino sia giunto a ebollizione: la conseguenza naturale è che sia probabile che una parte del combustibile rimarrà incastrata lì per un lungo, lungo periodo». Le griglie Arnie Gundersensono contorte per effetto del terremoto, che ha fatto collassare il tetto proprio sopra il deposito nucleare.
«Le conseguenze – conferma il “Japan Times” – potrebbero essere di gran lunga più gravi di qualsiasi incidente nucleare che il mondo abbia mai visto: se una barra di combustibile cadesse, si rompesse o si impigliasse mentre viene rimossa, i possibili peggiori scenari includono una grande esplosione, una fusione nel bacino o un grande incendio. Ognuna di queste situazioni potrebbe portare a massicci rilasci di radionuclidi mortali nell’atmosfera, mettendo in grave rischio gran parte del Giappone – compresi Tokyo e Yokohama – e anche i paesi vicini». Secondo la “Cnbc”, il pericolo maggiore riguarda il possibile sversamento di acqua in uno dei bacini, che potrebbe incendiare il combustibile. «Un enorme incendio del combustibile esaurito – dichiara alla “Cnn” il consulente nucleare Mycle Schneider – probabilmente farebbe apparire poca cosa le attuali dimensioni della catastrofe, e potrebbe superare le emissioni di radioattività di Chernobyl di decine di volte». Una sorta di apocalisse: «Le pareti della piscina potrebbero avere perdite al di là della capacità di fornire acqua di raffreddamento, o un edificio del reattore potrebbe crollare in seguito una delle centinaia di scosse di assestamento. Poi, il rivestimento del combustibile potrebbe incendiarsi spontaneamente emettendo il suo intero accumulo radioattivo».
Sarebbe il più grave disastro radiologico mai visto fino ad oggi, conferma Antony Froggatt nel suo “World Nuclear Industry Status Report 2013”, redatto con Schneider. E per Gundersen, direttore di “Fairewinds Energy Education”, l’operazione si prospetta «piena di pericoli», e la verità è che «nessuno sa quanto male potrebbero andare le cose». Ciascun assemblaggio di barre combustibili pesa 300 chili e misura 4 metri e mezzo. Gli assemblaggi da rimuovere sono 1.331, informa Yoshikazu Nagai della Tepco, più altri 202 stoccati nel bacino: le barre di combustibile esaurito inoltre contengono plutonio, una delle sostanze più tossiche dell’universo, che si forma durante le ultime fasi del funzionamento di un reattore. «Il problema di una criticità che colpisca il bacino del combustibile è che non la si può fermare, non ci sono barre di controllo per gestirla», sostiene Gundersen. «Il sistema di raffreddamento del bacino del combustibile esaurito è stato Mycle Schneiderprogettato solo per rimuovere il calore di decadimento, non il calore derivante da una reazione nucleare in corso».
Le barre sono rese ancora più vulnerabili agli incendi nel caso debbano essere esposte all’aria. Il quadro è estremamente precario: l’operazione si svolgerà sott’acqua, in un bacino all’interno di un edificio lesionato, che la Tepco ha già puntellato. «La rimozione delle barre dal bacino è un compito delicato», testimonia Toshio Kimura, ex tecnico della Tepco, al lavoro a Fukushima per 11 anni. «In precedenza era un processo controllato dal computer che memorizzava al millimetro le posizioni esatte delle barre, ma ora non se ne può più disporre: il processo deve essere fatto manualmente, quindi c’è un alto rischio che si possa far cadere e rompere qualcuna delle barre di combustibile». In più, la situazione è assolutamente instabile. Secondo Richard Tanter, esperto nucleare dell’università di Melbourne, il reattore 4 di Fukushima «sta affondando». Lo conferma l’ex premier giapponese Naoto Kan: sotto il grande deposito di combustibile atomico, il terreno è già spofondato di circa 31 centimetri.
Per tentare di stabilizzarlo e isolarlo dall’acqua, la Tepco sta considerando la possibilità di congelare il suolo attorno all’impianto. Essenzialmente, riferisce “Nbc News”, si tratta di costruire un muro sotterraneo di ghiaccio lungo un miglio, cosa che non è mai stata tentata prima: in pratica, stanno cercando di arrampicarsi sugli specchi perché non sanno come risolvere il problema. «Un altro errore che venisse fatto dalla Tepco potrebbe avere conseguenze perfino esiziali, per il Giappone», sottolinea “Japan Focus” puntando il dito contro l’azienda elettrica responsabile del disastro. La Tepco ha infatti taciuto la verità sul degrado dell’impianto prima ancora del sisma, poi ha sbagliato tutto il possibile. Il governo di Tokyo ha concluso che il disastro ha avuto “cause umane”, ed è stato provocato da una “collusione” tra il governo stesso e la Tepco, oltre che da una cattiva progettazione del reattore. Già all’indomani della tragedia, «la Tepco sapeva che 3 reattori nucleari avevano perso capacità contenitiva, che il nuclere apocalissecombustibile nucleare era “scomparso”, e che non vi era di fatto alcun vero contenimento».
L’azienda, ricorda il “Washington’s Blog” ha cercato disperatamente di coprire la verità per due anni e mezzo, «fingendo che i reattori fossero in fase di “spegnimento a freddo”», e solo ora ha ammesso che da due anni sta rilasciando enormi quantità di acqua radioattiva che, attraverso le falde sotterranee, si riversano nell’Oceano Pacifico. La dimensione del pericolo lascia sgomenti: nessuno, al mondo, è preparato a fronteggiare una catastrofe come quella evocata dai tecnici più pessimisti. Ma l’aspetto più sinistro, forse, è proprio quello che riguarda l’informazione e l’assoluta mancanza di trasparenza: la verità è stata negata dai tecnici, minimizzata dai politici, oscurata dai media. Molti blogger hanno incessantemente rilanciato l’allarme, fino alla notizia – qualche mese fa – degli sversamenti radioattivi in mare. Solo ora – di fronte all’impossibilità di continuare a negare, alla vigilia della pericolosissima operazione di bonifica – si giunge ad ammettere tutto. Colpisce l’appello di Mitsuhei Murata, ex ambasciatore giapponese in Svizzera, che chiede che il Giappone rinunci ad ospitare a Tokyo le Olimpiadi 2020, perché non potrebbe garantire la sicurezza degli atleti. Così, il Sol Levante tramonta nella vergogna.
domenica 22 settembre 2013
ECCO COME FUKUSHIMA STA DISPERDENDO LA SUA RADIOATTIVITÀ
Ecco come le radiazioni di Fukushima si stanno estendendo al resto dell’Oceano compromettendo così la flora e la fauna marina. Il video è stato realizzato dal modello HYSPLIT del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration).
Il modello mostra un continuo rilascio di particelle radioattive di cesio-137 emesso dalla centrale di Fukushima. Ogni cambiamento di colore delle particelle (rosso, arancione, giallo, ciano, verde, blu, violetto, magenta) rappresenta una diminuzione nella radioattività di un fattore 10 . E’ evidente di come la radioattività non sia limitata alla sola zona dell’incidente!!
In oltre la radioattività ha raggiunto una zona chiamata FAO-71 considerata oggi, zona contaminatissima dalle radiazioni prodotte dall’esplosione di due anni fa. In questa zona viene pescato il tonno che poi verrà venduto nel mercato italiano.
Quindi ciò che bisogna precisare è che nell’area 71 che, ripetiamo, dista 4000 km da Fukushima, si pesca essenzialmente tonno rosso che oggi è una specie protetta. Mentre il tonno pinnegialle dell’area 61 ha invece una contaminazione non certa. Qualche idea possiamo farcela guardando la mappa di google earth e sovrapponendola alla mappa relativa alle zone fao.
Per avere una preparazione migliore sull’argomento è sempre bene conoscere le zone di cattura indicate sul sito della FAO:
ZONE DI CATTURA
Atlantico nord-occidentale Zona FAO n. 21
Atlantico nord-orientale Zona FAO n. 27
Mar Baltico Zona FAO n. 27.III.d
Atlantico centro-occidentale Zona FAO n. 31
Atlantico centro-orientale Zona FAO n. 34
Atlantico sud-occidentale Zona FAO n. 41
Atlantico sud-orientale Zona FAO n. 47
Mar Mediterraneo Zone FAO n. 37.1, 37,2 e 37,3
Mar Nero Zona FAO n. 37,4
Oceano Indiano Zone FAO n. 51 e 57
Oceano Pacifico Zone FAO n. 61, 67, 71, 77, 81 e 87
Atlantico Zone FAO n. 48, 58 e 88
Il modello mostra un continuo rilascio di particelle radioattive di cesio-137 emesso dalla centrale di Fukushima. Ogni cambiamento di colore delle particelle (rosso, arancione, giallo, ciano, verde, blu, violetto, magenta) rappresenta una diminuzione nella radioattività di un fattore 10 . E’ evidente di come la radioattività non sia limitata alla sola zona dell’incidente!!
In oltre la radioattività ha raggiunto una zona chiamata FAO-71 considerata oggi, zona contaminatissima dalle radiazioni prodotte dall’esplosione di due anni fa. In questa zona viene pescato il tonno che poi verrà venduto nel mercato italiano.
Quindi ciò che bisogna precisare è che nell’area 71 che, ripetiamo, dista 4000 km da Fukushima, si pesca essenzialmente tonno rosso che oggi è una specie protetta. Mentre il tonno pinnegialle dell’area 61 ha invece una contaminazione non certa. Qualche idea possiamo farcela guardando la mappa di google earth e sovrapponendola alla mappa relativa alle zone fao.
Per avere una preparazione migliore sull’argomento è sempre bene conoscere le zone di cattura indicate sul sito della FAO:
ZONE DI CATTURA
Atlantico nord-occidentale Zona FAO n. 21
Atlantico nord-orientale Zona FAO n. 27
Mar Baltico Zona FAO n. 27.III.d
Atlantico centro-occidentale Zona FAO n. 31
Atlantico centro-orientale Zona FAO n. 34
Atlantico sud-occidentale Zona FAO n. 41
Atlantico sud-orientale Zona FAO n. 47
Mar Mediterraneo Zone FAO n. 37.1, 37,2 e 37,3
Mar Nero Zona FAO n. 37,4
Oceano Indiano Zone FAO n. 51 e 57
Oceano Pacifico Zone FAO n. 61, 67, 71, 77, 81 e 87
Atlantico Zone FAO n. 48, 58 e 88
giovedì 19 settembre 2013
Fukushima, acqua contaminata nell'Oceano. La Tepco lancia allarme radioattività
A pochi giorni dall'elezione di Tokyo a città
olimpica 2020, l 'azienda
che gestisce la centrale nucleare ha comunicato che dell'acqua avvelenata da
radiazioni potrebbe aver raggiunto le rive del Pacifico. Pochi giorni fa il
primo ministro giapponese aveva rassicurato i vertici del Ciò affermando che lo
stato delle acque era del tutto sotto controllo.
TOKIO - 'L'effetto Fukushima' continua a seminare
radioattività. Questa volta l'allarme arriva direttamente dalla Tepco,
l'azienda giapponese che gestisce la centrale nucleare tristemente nota per il
secondo disastro ambientale più grande dopo Chernobyl.
A destare la preoccupazione dei vertici della
Tokyo electric power è la radioattività rilevata in una fossa di drenaggio
collegata direttamente all'Oceano pacifico. Probabilmente l'acqua contaminata
ha raggiunto il mare. Il livello di radioattività rilevata dai tecnici in
alcuni campioni a 150
metri dalla riva raggiunge i 220 becquerel a litro. A
destare il sospetto di una perdita sono i livelli di radiazioni ben superiori a
quelli registrati nei prelievi effettuati la settimana scorsa nello stesso
canale che collega il mare a una zona dove si trovano dei serbatoi contenenti
acqua altamente radioattiva, di cui uno aveva lasciato filtrare 300 tonnellate
di liquido contaminato.
È solo l'ultimo dei molti allarmi 'radioattivi'
nei dintorni di Fukushima, ma è quello che stona di più. Pochi giorni fa il
primo ministro giapponese Abe, prima che Tokyo vincesse la gara per i Giochi
olimpici 2020, aveva rassicurato le autorità internazionali sulla sicurezza
degli impianti di Fukushima. Inoltre aveva sottolineato che le fughe d'acqua
radioattiva erano limitate entro poche centinaia di metri intorno alla
centrale.
''Vi è la possibilità che l'acqua contaminata del
serbatoio sia diluita in acqua piovana e si sia infiltrata nel suolo e nelle
acque sotterranee'' si legge in una nota della compagnia. Ieri, sempre la Tepco , aveva inoltre fatto
sapere che il livello di radiazioni nell'area del serbatoio era aumentato
nuovamente, da 1.800 millisievert all'ora di sabato scorso (18 volte più alto
rispetto al 22 agosto) a 2.200 millisievert. Già il livello rilevato la scorsa
settimana era tale da poter uccidere una persona se esposta per circa quattro
ore alle radiazioni.
L'ammissione dell'azienda giapponese arriva in un
giorno in cui il primo ministro Shinzo Abe ha contestato fortemente delle vignette
pubblicate da una rivista satirica francese che univano il tema delle Olimpiadi
e di Fukushima. Abe ha presentato un reclamo ufficiale al capo redattore della
rivista incriminata, Luigi Maria Horeau, attraverso la sua ambasciata a Parigi
e ha detto: "Si tratta di vignette che feriscono i sentimenti di coloro
che hanno sofferto il grande terremoto del Giappone orientale. Non sono
opportune e danno un'impressione sbagliata della gestione dell'acqua
contaminata".
martedì 27 agosto 2013
Fukushima, torna l’incubo radioattività
Nuove allarmanti rivelazioni arrivano da Fukushima, in Giappone. La Tokyo Electric Power Company ha reso noto che la quantità di cesio e di stronzio radioattivo che si è riversato nell’Oceano Pacifico ammonta ora a 30.000 miliardi di becquerel. Una quantità enorme.
La perdita di liquido da uno dei serbatoi della centrale nucleare giapponese danneggiata dal terremoto del 2011 è più grave quindi di quanto la società di gestione Tepco aveva precedentemente annunciato.
La perdita di 300 tonnellate di liquido radioattivo risale a pochi giorni fa. L’acqua fuoriuscita aveva anche formato delle pozze in superficie estremamente pericolose.
“Non credo che sia stato danneggiato solo un serbatoio. Se si è verificata una perdita in un serbatoio allora significa che potrebbe succere anche in altri”, sostiene Shunichi Tanaka, presidente dell’Autorità nucleare giapponese.
Dall’11 marzo del 2011 quando lo tzunami ha devastato i reattori della centrale, la Tepco ha individuato cinque importanti perdite di liquido da un serbatoio alto 11 metri e con un diametro di 12.
In questi mesi la società ha continuamente realizzato test di tenuta sui 300 serbatoi, ma oggi sono stati rilevati nuovi valori radioattivi nei pressi del serbatoio di stoccaggio.
In totale, la Tepco ha installato circa mille serbatoi in prossimità dei reattori per cercare di contenere milioni di litri di acqua radioattiva provenienti dai sistemi di raffreddamento. Serbatoi montati in fretta, circa uno ogni due giorni. E’ per questo che sulla loro resistenza ci sono forti dubbi.
L’inquinamento radioattivo rappresenta un rischio reale per la salute delle popolazioni. A Fukushima la tensione sembra non dover finire mai. Dai primi risultati delle visite mediche effettuate su giovani dai 18 anni in giù, al momento del disastro è emerso che su 210.000 screening per il tumore alla tiroide, 18 sono risultati positivi. In altri 25, il cancro è in una fase iniziale. 150.000 persone devono ancora fare i controlli.
l’agenzia nucleare Giappone ha espresso l’intenzione di classificare come incidente di livello 3 la fuga di acqua contaminata avvenuta nei giorni scorsi. Il livello 3, nella scala internazionale che va da 1 a sette, descrive un guasto grave.
La perdita di liquido da uno dei serbatoi della centrale nucleare giapponese danneggiata dal terremoto del 2011 è più grave quindi di quanto la società di gestione Tepco aveva precedentemente annunciato.
La perdita di 300 tonnellate di liquido radioattivo risale a pochi giorni fa. L’acqua fuoriuscita aveva anche formato delle pozze in superficie estremamente pericolose.
“Non credo che sia stato danneggiato solo un serbatoio. Se si è verificata una perdita in un serbatoio allora significa che potrebbe succere anche in altri”, sostiene Shunichi Tanaka, presidente dell’Autorità nucleare giapponese.
Dall’11 marzo del 2011 quando lo tzunami ha devastato i reattori della centrale, la Tepco ha individuato cinque importanti perdite di liquido da un serbatoio alto 11 metri e con un diametro di 12.
In questi mesi la società ha continuamente realizzato test di tenuta sui 300 serbatoi, ma oggi sono stati rilevati nuovi valori radioattivi nei pressi del serbatoio di stoccaggio.
In totale, la Tepco ha installato circa mille serbatoi in prossimità dei reattori per cercare di contenere milioni di litri di acqua radioattiva provenienti dai sistemi di raffreddamento. Serbatoi montati in fretta, circa uno ogni due giorni. E’ per questo che sulla loro resistenza ci sono forti dubbi.
L’inquinamento radioattivo rappresenta un rischio reale per la salute delle popolazioni. A Fukushima la tensione sembra non dover finire mai. Dai primi risultati delle visite mediche effettuate su giovani dai 18 anni in giù, al momento del disastro è emerso che su 210.000 screening per il tumore alla tiroide, 18 sono risultati positivi. In altri 25, il cancro è in una fase iniziale. 150.000 persone devono ancora fare i controlli.
l’agenzia nucleare Giappone ha espresso l’intenzione di classificare come incidente di livello 3 la fuga di acqua contaminata avvenuta nei giorni scorsi. Il livello 3, nella scala internazionale che va da 1 a sette, descrive un guasto grave.
martedì 30 luglio 2013
BE: sistema di sorveglianza radioattività a valle di Mühleberg
BERNA - L'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) istallerà entro la primavera 2014 un sistema di costante misurazione della radioattività nel fiume Aare a valle della centrale nucleare di Mühleberg (BE). La decisione è stata presa prima della rivelazione da parte della stampa della presenza di cesio 137 nel lago di Bienne.
"Misurazioni saranno effettuate ogni ora", ha spiegato oggi all'ats Daniel Dauwalder, portavoce all'UFSP. Un sistema analogo di raccolta di dati potrebbe anche essere messo in funzione a Hagneck (BE), prima che l'Aare si getta nel lago di Bienne, ha aggiunto Dauwalder, riferendosi a una informazione di radio regionali romande. Non è previsto che queste misure siano accessibili al pubblico.
Fino ad ora non esisteva una sorveglianza continua della radioattività dei corsi d'acqua. È proprio per colmare questa lacuna che il Consiglio federale ha approvato in primavera la richiesta dell'UFSP di rinnovare la sua rete automatica di misurazione della radioattività e di estenderla alle acque dell'Aare.
Sonde saranno immerse nel fiume per registrare costantemente la percentuale di radioattività dell'acqua . Nel caso in cui venga superata una certa soglia scatterà un allarme. L'informazione verrà quindi trasmessa alle autorità che potranno prendere provvedimenti urgenti.
La messa in opera di questa rete di misurazioni automatiche è ritenuta ancora insufficiente dal Partito pirata, che oggi ha lanciato una petizione intitolata "Trasparenza sulla radioattività nel lago di Bienne". Chiede al governo bernese, in collaborazione con l'Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN) e le Forze motrici bernesi (FMB), di fare di tutto per assicurare una sorveglianza permanente delle acque dell'Aare a valle di Mühleberg e rendere pubblici i dati.
"Misurazioni saranno effettuate ogni ora", ha spiegato oggi all'ats Daniel Dauwalder, portavoce all'UFSP. Un sistema analogo di raccolta di dati potrebbe anche essere messo in funzione a Hagneck (BE), prima che l'Aare si getta nel lago di Bienne, ha aggiunto Dauwalder, riferendosi a una informazione di radio regionali romande. Non è previsto che queste misure siano accessibili al pubblico.
Fino ad ora non esisteva una sorveglianza continua della radioattività dei corsi d'acqua. È proprio per colmare questa lacuna che il Consiglio federale ha approvato in primavera la richiesta dell'UFSP di rinnovare la sua rete automatica di misurazione della radioattività e di estenderla alle acque dell'Aare.
Sonde saranno immerse nel fiume per registrare costantemente la percentuale di radioattività dell'acqua . Nel caso in cui venga superata una certa soglia scatterà un allarme. L'informazione verrà quindi trasmessa alle autorità che potranno prendere provvedimenti urgenti.
La messa in opera di questa rete di misurazioni automatiche è ritenuta ancora insufficiente dal Partito pirata, che oggi ha lanciato una petizione intitolata "Trasparenza sulla radioattività nel lago di Bienne". Chiede al governo bernese, in collaborazione con l'Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN) e le Forze motrici bernesi (FMB), di fare di tutto per assicurare una sorveglianza permanente delle acque dell'Aare a valle di Mühleberg e rendere pubblici i dati.
Acqua più radioattiva che all’inizio della tragedia. Fukushima batte il suo stesso record
Fukushima, la centrale nucleare affetta da triplo meltdown, supera il suo stesso record di radioattività nell’acqua risalente all’aprile 2011, cioè a meno di due mesi dall’inizio della catastrofe.
Un condotto sotterraneo collegato all’edificio del reattore 2 e prossimo all’oceano Pacifico, riferisce il Japan Times, è pieno d’acqua che contiene, per ogni litro, 750 milioni di becquerel di Cesio 134; 1,6 miliardi di becquerel di Cesio 137; 750 milioni di becquerel di altre sostanze: semplicemente troppo per potersi anche solo avvicinare. Il precedente record per la somma di Cesio 134 e Cesio 137 era di 1,8 miliardi di becquerel. In Giappone i valori massimi ammessi per gli scarichi delle centrali nucleari sono, rispettivamente, 60 e 90 becquerel.
Questo stesso condotto sotterraneo produsse una perdita (poi bloccata) oltre due anni fa. Japan Times dice che secondo la Tepco (la società proprietaria di Fukushima) probabilmente ora quel condotto perde di nuovo e a questo si deve la contaminazione della falda sotterranea d’acqua e dell’oceano. Naturalmente nessuno è in grado di dire dove è la (presunta) perdita.
Sotto Fukushima, spiega il solito, ottimo blog Ex-Skf, corre un labirinto di tubi che scende fino a 30 metri di profondità. La Tepco cercherà di ovviare alla perdita iniettando nel sottosuolo sostanze chimiche solidificanti: però esse possono penetrare fino alla profondità massima di 20 metri. Non di 30…
In un altro post, Ex-Skf informa che, secondo dati forniti dalla Tepco, il condotto sotterraneo (verosimilmente) affetto da perdite contiene 5.000 metri cubi di acqua. Ebbene, 5.000 metri dubi di acqua equivalgono a 5 milioni di litri. Ogni litro di quest’acqua contiene radioattività per 3,3 miliardi di becquerel: 750 milioni di Cesio 134 più 1,6 miliardi di Cesio 137 più 750 milioni di altre sostanze. Totale – solo in quel condotto – 16.000 terabecquerel.
Gli edifici di Fukuhima contengono complessivamente oltre 100.000 tonnellate d’acqua: senza contare le infinite schiere di serbatoi riempiti, in questi ormai due anni e mezzo, con acqua estratta dai sotterranei di della centrale nucleare.
L’acqua continua tuttora ad essere versata sui reattori per raffreddarli; diventa fortemente radioattiva; raggiunge i sotterranei attraverso le crepe prodotte da terremoto ed esplosioni; nei sotterranei si mischia con un torrente di acqua (circa 400 tonnellate al giorno) proveniente dalla falda sotterranea.
L’acqua viene estratta, sottoposta a decontaminazione (per quanto è possibile) e stoccata in schiere di enormi serbatoi dispiegati sutt’attorno a Fukushima. Cosa fare dei filtri e dell’acqua – che continua ad essere radioattiva anche dopo il trattamento – è un problema tuttora irrisolto.
Un condotto sotterraneo collegato all’edificio del reattore 2 e prossimo all’oceano Pacifico, riferisce il Japan Times, è pieno d’acqua che contiene, per ogni litro, 750 milioni di becquerel di Cesio 134; 1,6 miliardi di becquerel di Cesio 137; 750 milioni di becquerel di altre sostanze: semplicemente troppo per potersi anche solo avvicinare. Il precedente record per la somma di Cesio 134 e Cesio 137 era di 1,8 miliardi di becquerel. In Giappone i valori massimi ammessi per gli scarichi delle centrali nucleari sono, rispettivamente, 60 e 90 becquerel.
Questo stesso condotto sotterraneo produsse una perdita (poi bloccata) oltre due anni fa. Japan Times dice che secondo la Tepco (la società proprietaria di Fukushima) probabilmente ora quel condotto perde di nuovo e a questo si deve la contaminazione della falda sotterranea d’acqua e dell’oceano. Naturalmente nessuno è in grado di dire dove è la (presunta) perdita.
Sotto Fukushima, spiega il solito, ottimo blog Ex-Skf, corre un labirinto di tubi che scende fino a 30 metri di profondità. La Tepco cercherà di ovviare alla perdita iniettando nel sottosuolo sostanze chimiche solidificanti: però esse possono penetrare fino alla profondità massima di 20 metri. Non di 30…
In un altro post, Ex-Skf informa che, secondo dati forniti dalla Tepco, il condotto sotterraneo (verosimilmente) affetto da perdite contiene 5.000 metri cubi di acqua. Ebbene, 5.000 metri dubi di acqua equivalgono a 5 milioni di litri. Ogni litro di quest’acqua contiene radioattività per 3,3 miliardi di becquerel: 750 milioni di Cesio 134 più 1,6 miliardi di Cesio 137 più 750 milioni di altre sostanze. Totale – solo in quel condotto – 16.000 terabecquerel.
Gli edifici di Fukuhima contengono complessivamente oltre 100.000 tonnellate d’acqua: senza contare le infinite schiere di serbatoi riempiti, in questi ormai due anni e mezzo, con acqua estratta dai sotterranei di della centrale nucleare.
L’acqua continua tuttora ad essere versata sui reattori per raffreddarli; diventa fortemente radioattiva; raggiunge i sotterranei attraverso le crepe prodotte da terremoto ed esplosioni; nei sotterranei si mischia con un torrente di acqua (circa 400 tonnellate al giorno) proveniente dalla falda sotterranea.
L’acqua viene estratta, sottoposta a decontaminazione (per quanto è possibile) e stoccata in schiere di enormi serbatoi dispiegati sutt’attorno a Fukushima. Cosa fare dei filtri e dell’acqua – che continua ad essere radioattiva anche dopo il trattamento – è un problema tuttora irrisolto.
lunedì 15 luglio 2013
Svizzera, radioattività nel lago di Biel. "Acqua contaminata dalla centrale nucleare"
Picco di cesio 137 nel bacino lacustre vicino l'impianto di Muehlberg, a 17 chilometri da Berna. Gli scienziati: "Nessun rischio per i cittadini", ma Greenpeace chiede l'apertura di un'indagine.
BERNA - Allarme in Svizzera per la scoperta di una sostanza radioattiva, il cesio 137, sul fondo del lago Biel, nel cantone di Berna. Nelle vicinanze del bacino lacustre, che con la sua acqua fornisce il 68% dell'omonima cittadina, sorge la centrale nucleare di Muehleberg. La denuncia è stata pubblicata in prima pagina sull'edizione odierna del quotidiano Le Matin Dimanche.
PICCO DI CESIO 137 - Nonostante gli scienziati sostengano che non c'è alcun rischio per la vita umana, la scoperta alimenta i timori sulle misure di sicurezza dell'impianto nella Svizzera nordoccidentale. Si ritiene che la centrale abbia causato un picco di cesio 137 (isotopo radioattivo sottoprodotto della fissione nucleare delle centrali), quando nel 2000 venne sversata acqua contaminata nel fiume Aar che alimenta il lago Biel.
CONTROLLI POCO TRASPARENTI - Secondo Le Matin, la centrale di Muehleberg è autorizzata a sversare acqua con livelli molto bassi di radioattività sotto stretto controllo diverse volte l'anno. Il problema però è che tutto ciò avviene nel più totale segreto. Politici e ambientalisti hanno denunciato che gli ispettori non hanno mai fornito alcuna informazione sulla presenza di cesio 137 nelle acque. Mentre Greenpeace ha chiesto alla magistratura di Berna di aprire un'indagine.
La centrale di Muehleberg, attiva da 1972, è a 17 km dalla stessa capitale Berna. Dopo il disastro di Fukushima la confederazione elvetica ha deciso di procedere al progressivo spegnimento dei suoi 5 impianti entro il 2034.
BERNA - Allarme in Svizzera per la scoperta di una sostanza radioattiva, il cesio 137, sul fondo del lago Biel, nel cantone di Berna. Nelle vicinanze del bacino lacustre, che con la sua acqua fornisce il 68% dell'omonima cittadina, sorge la centrale nucleare di Muehleberg. La denuncia è stata pubblicata in prima pagina sull'edizione odierna del quotidiano Le Matin Dimanche.
PICCO DI CESIO 137 - Nonostante gli scienziati sostengano che non c'è alcun rischio per la vita umana, la scoperta alimenta i timori sulle misure di sicurezza dell'impianto nella Svizzera nordoccidentale. Si ritiene che la centrale abbia causato un picco di cesio 137 (isotopo radioattivo sottoprodotto della fissione nucleare delle centrali), quando nel 2000 venne sversata acqua contaminata nel fiume Aar che alimenta il lago Biel.
CONTROLLI POCO TRASPARENTI - Secondo Le Matin, la centrale di Muehleberg è autorizzata a sversare acqua con livelli molto bassi di radioattività sotto stretto controllo diverse volte l'anno. Il problema però è che tutto ciò avviene nel più totale segreto. Politici e ambientalisti hanno denunciato che gli ispettori non hanno mai fornito alcuna informazione sulla presenza di cesio 137 nelle acque. Mentre Greenpeace ha chiesto alla magistratura di Berna di aprire un'indagine.
La centrale di Muehleberg, attiva da 1972, è a 17 km dalla stessa capitale Berna. Dopo il disastro di Fukushima la confederazione elvetica ha deciso di procedere al progressivo spegnimento dei suoi 5 impianti entro il 2034.
mercoledì 10 luglio 2013
SPENSE I REATTORI CON ACQUA DI MARE, MORTO L’EROE DI FUKUSHIMA
La sua disobbedienza salvò il Giappone. Masao Yoshida decise, infatti, di raffreddare con acqua salata i reattori danneggiati dallo tsunami del 2011 con acqua di mare, violando gli ordini dei suoi superiori.
L’eroe della centrale nucleare di Fukushima è deceduto in un ospedale di Tokyo a causa di un cancro all’esofago. L’uomo, 58 anni, si era dimesso dalla sua carica di direttore nel dicembre 2011 a causa della malattia. La Tepco, società che gestisce la centrale, ha escluso legami tra cancro ed esposizione radioattiva.
E’ stata, intanto, registrata una fortissima crescita dei livelli di radioattività nell’acqua del pozzo di osservazione vicino all’impianto nucleare di Fukushima. La Tepco ha reso noto che il livello di cesio 134 è salito a 9mila becquerel per litro rispetto ai 99 di venerdì; il cesio 137 è, invece, aumentato a 18mila becquerel rispetto ai 210 di venerdì. Il pozzo di osservazione è stato scavato a dicembre vicino al reattore numero 2 del complesso, a 27 metri dall’oceano. Attualmente non è ancora chiaro se l’acqua contaminata sia filtrata fino all’oceano.
L’eroe della centrale nucleare di Fukushima è deceduto in un ospedale di Tokyo a causa di un cancro all’esofago. L’uomo, 58 anni, si era dimesso dalla sua carica di direttore nel dicembre 2011 a causa della malattia. La Tepco, società che gestisce la centrale, ha escluso legami tra cancro ed esposizione radioattiva.
E’ stata, intanto, registrata una fortissima crescita dei livelli di radioattività nell’acqua del pozzo di osservazione vicino all’impianto nucleare di Fukushima. La Tepco ha reso noto che il livello di cesio 134 è salito a 9mila becquerel per litro rispetto ai 99 di venerdì; il cesio 137 è, invece, aumentato a 18mila becquerel rispetto ai 210 di venerdì. Il pozzo di osservazione è stato scavato a dicembre vicino al reattore numero 2 del complesso, a 27 metri dall’oceano. Attualmente non è ancora chiaro se l’acqua contaminata sia filtrata fino all’oceano.
martedì 9 luglio 2013
Fukushima, radioattività nei campioni di acqua di falda cresciuta di 300 volte in pochi giorni
Le emissioni di radioattività nell’aria non scherzavano affatto, ma fin dall’inizio era chiarissimo che Fukushima è soprattutto una Chernobyl liquida. Come giustamente ha evidenziato in un commento ieri Raffaele, i dati sulla contaminazione dell’acqua confermano sempre più quell’intuizione iniziale.
La Tepco, la società proprietaria della centrale nucleare affetta da triplo meltdown, ha scavato un altro pozzo per prelevare ed analizzare l’acqua di falda. La radioattività si è rivelata 300 volte superiore a quella misurata nel primo pozzo.
Quell’acqua sotterranea alimenta sorgenti e fiumi oppure finisce nell’oceano Pacifico che è a due passi? E’ molto, molto verosimile (ma non ufficialmente ammesso) che almeno in parte vada in mare, dove la concentrazione di trizio radioattivo (l’unico dato reso noto) ora è la più alta mai registrata dall’inizio della crisi, nel marzo 2011.
Come è noto, quesi problemi nascono dal fatto che è stata buttata (continua ad essere buttata) una gran quantità d’acqua sui reattori in meltdown nel disperato tentativo di raffreddarli. Ma i reattori sono crepati e-o bucati, come pure gli edifici sotterranei in cui sono ospitati.
Negli edifici dei reattori già dall’inizio della tragedia filtra un fiume di acqua di falda (il termine non è esagerato) che diventa fortemente radioattiva. Per cui viene estratta, stoccata e più o meno parzialmente decontaminata in attesa di decidere cosa farne: tutta l’area attorno a Fukushima è piena di una crescente quantità di serbatoi, la situazione è ormai ingestibile.
Nel primo pozzo scavato per analizzare l’acqua di falda pochi giorni fa la radioattività in pochi giorni misurava a 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi radioattivi che emettono raggi beta. Ora nel secondo pozzo (non è precisato dove sia stato scavato) la radioattività per tutti gli elementi che emettono raggi beta è pari a 900.000 becquerel al litro.
E poi c’è la faccenda nel trizio in un campione di acqua di mare prelevata proprio vicinissimo alla riva e a Fukushima: ben 2.300 becquerel al litro.Tutte le strade portano a Roma e prima o poi tutta l’acqua dolce finisce in mare, compresa quella della falda sotterranea: ma la Tepco dice di non sapere come abbia fatto il trizio a finire in mare.
La Tepco, la società proprietaria della centrale nucleare affetta da triplo meltdown, ha scavato un altro pozzo per prelevare ed analizzare l’acqua di falda. La radioattività si è rivelata 300 volte superiore a quella misurata nel primo pozzo.
Quell’acqua sotterranea alimenta sorgenti e fiumi oppure finisce nell’oceano Pacifico che è a due passi? E’ molto, molto verosimile (ma non ufficialmente ammesso) che almeno in parte vada in mare, dove la concentrazione di trizio radioattivo (l’unico dato reso noto) ora è la più alta mai registrata dall’inizio della crisi, nel marzo 2011.
Come è noto, quesi problemi nascono dal fatto che è stata buttata (continua ad essere buttata) una gran quantità d’acqua sui reattori in meltdown nel disperato tentativo di raffreddarli. Ma i reattori sono crepati e-o bucati, come pure gli edifici sotterranei in cui sono ospitati.
Negli edifici dei reattori già dall’inizio della tragedia filtra un fiume di acqua di falda (il termine non è esagerato) che diventa fortemente radioattiva. Per cui viene estratta, stoccata e più o meno parzialmente decontaminata in attesa di decidere cosa farne: tutta l’area attorno a Fukushima è piena di una crescente quantità di serbatoi, la situazione è ormai ingestibile.
Nel primo pozzo scavato per analizzare l’acqua di falda pochi giorni fa la radioattività in pochi giorni misurava a 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi radioattivi che emettono raggi beta. Ora nel secondo pozzo (non è precisato dove sia stato scavato) la radioattività per tutti gli elementi che emettono raggi beta è pari a 900.000 becquerel al litro.
E poi c’è la faccenda nel trizio in un campione di acqua di mare prelevata proprio vicinissimo alla riva e a Fukushima: ben 2.300 becquerel al litro.Tutte le strade portano a Roma e prima o poi tutta l’acqua dolce finisce in mare, compresa quella della falda sotterranea: ma la Tepco dice di non sapere come abbia fatto il trizio a finire in mare.
martedì 2 luglio 2013
Il nuovo contatore geiger RAD-LAB KOLIMA
Un nuovo contatore geiger Homemade in fase di sviluppo sta per entrare nella mia famiglia, questo non sarà come il VT 3000, che troverete in vecchi post di questo blog, dotato di un solo tubo geiger e digitale; questo nuovo contatore invece, sarà analogico (quindi non avrà bisogno di programmazione) e multi funzionale; ovvero potrà utilizzare diversi tubi geiger tra quelli più diffusi (SBM 20, LND 712, SI-8 pancake e SBT 10 pancake) quindi avrà una tensione variabile prefissata a 400 V e a 500 V, i primi serviranno per alimentare la maggior parte dei tubi russi (SBM 20, SI-8 SBT 10), i secondi invece, serviranno per alimentare i tubi americani (LND 712). L'indicazione sarà effettuata tramite un micro amperometro analogico da 100uA da un buzzer e da un led.
Le tensioni saranno scelte tramite un deviatore e la tensione a 400 V sarà a suo tempo deviata in tensione interna o esterna, la tensione interna alimenterà i due tubi SBM20, la tensione esterna alimenterà le SI-8 e SBT 10, per prelevare le tensioni 500 V e 400 V sarà presente un connettore con ghiera filettata per evitare che il connettore si scolleghi improvvisamente, cosi da non bruciare sonde e contatore e per non sballare la misura che viene effettuata; il cavo sara di una lunghezza massima di 50/60 cm.
Questo contatore geiger sarà uno strumento da laboratorio quindi fisso e non trasportabile a mano e avrà bisogno della corrente di rete 220 V per il suo funzionamento, poi la corrente verrà trasformata e raddrizzata a 5 V e 9 V.
A presto con nuove informazioni!
Le tensioni saranno scelte tramite un deviatore e la tensione a 400 V sarà a suo tempo deviata in tensione interna o esterna, la tensione interna alimenterà i due tubi SBM20, la tensione esterna alimenterà le SI-8 e SBT 10, per prelevare le tensioni 500 V e 400 V sarà presente un connettore con ghiera filettata per evitare che il connettore si scolleghi improvvisamente, cosi da non bruciare sonde e contatore e per non sballare la misura che viene effettuata; il cavo sara di una lunghezza massima di 50/60 cm.
Questo contatore geiger sarà uno strumento da laboratorio quindi fisso e non trasportabile a mano e avrà bisogno della corrente di rete 220 V per il suo funzionamento, poi la corrente verrà trasformata e raddrizzata a 5 V e 9 V.
A presto con nuove informazioni!
Fukushima, radioattività molto alta nell’acqua di un pozzo accanto all’oceano
Fukushima è un colabrodo di radioattività. Oggi arrivano ulteriori informazioni sulla contaminazione della falda sotterranea d’acqua. Una contaminazione già rilevata da precedenti analisi: ma adesso è peggio.
La Tepco, proprietaria dell’impianto, ha dapprima reso noto che un campione di acqua prelevato da un pozzo fra la centrale e l’oceano Pacifico (Fukushima è poca distanza dalla riva) ha una radioattività pari a 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi radioattivi che emettono raggi beta; poi ha aggiunto che quello stesso campione contiene trizio per una radioattività pari a 430.000 becquerel al litro.
Per la cronaca, anche il trizio emette raggi beta, ma a bassa energia. Se ne deduce che i 3.000 becquerel riguardavano esclusivamente i raggi beta ad alta energia, tipo quelli dello stronzio.
In ogni caso, la legge stabilisce che gli scarichi delle centrali nucleari devono avere al massimo 30 becquerel di stronzio e 60.000 becquerel di trizio al litro.
La gravità della contaminazione dell’acqua di falda – lo constatate – emerge a poco a poco, esattamente come non si è saputo subito che erano andati in meltdown tutti e tre i reattori e soprattutto che il combustibile nucleare ne è fuoriuscito. I fatti sono stati dischiusi all’opinione pubblica diluendoli in dosi omeopatiche, man mano che scemava l’attenzione generale attorno alla catastrofe.
Anche a proposito della radioattività nell’acqua di falda le prime notizie parlavano di una contaminazione molto limitata.
In ogni caso c’è un punto che secondo me va assolutamente sottolineato. Il primo comunicato stampa della Tepco – quello fermo ai 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi che emettono raggi beta – specificava che, nel campione, non c’è Cesio radioattivo, o tutt’al più solo lievissime tracce.
Eppure il Cesio fa la parte del leone nella radioattività di Fukushima. Non è stata fornita spiegazione a questa apparente anomalia: non resta che far ricorso alla logica.
La Tepco ha messo in funzione un sistema di decontaminazione dell’acqua di Fukushima. Questo sistema permette di rimuovere bene il Cesio. E’ dunque verosimile che la radioattività nell’acqua di falda provenga da una perdita nei serbatoi di acqua parzialmente decontaminata.
Si tratta della stessa acqua che – presente ormai in quantità ingestibile – la Tepco ha più volte proposto di buttare a mare, perchè appunto (dice) insieme al Cesio è stata eliminata la maggior parte della radioattività.
Un’ultima considerazione. L’acqua radioattiva sotto Fukushima non rimarrà confinata lì per sempre. Si mescolerà all’acqua di falda in una zona più ampia? Finirà direttamente in mare? Non so quale delle due ipotesi è la peggiore.
La Tepco, proprietaria dell’impianto, ha dapprima reso noto che un campione di acqua prelevato da un pozzo fra la centrale e l’oceano Pacifico (Fukushima è poca distanza dalla riva) ha una radioattività pari a 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi radioattivi che emettono raggi beta; poi ha aggiunto che quello stesso campione contiene trizio per una radioattività pari a 430.000 becquerel al litro.
Per la cronaca, anche il trizio emette raggi beta, ma a bassa energia. Se ne deduce che i 3.000 becquerel riguardavano esclusivamente i raggi beta ad alta energia, tipo quelli dello stronzio.
In ogni caso, la legge stabilisce che gli scarichi delle centrali nucleari devono avere al massimo 30 becquerel di stronzio e 60.000 becquerel di trizio al litro.
La gravità della contaminazione dell’acqua di falda – lo constatate – emerge a poco a poco, esattamente come non si è saputo subito che erano andati in meltdown tutti e tre i reattori e soprattutto che il combustibile nucleare ne è fuoriuscito. I fatti sono stati dischiusi all’opinione pubblica diluendoli in dosi omeopatiche, man mano che scemava l’attenzione generale attorno alla catastrofe.
Anche a proposito della radioattività nell’acqua di falda le prime notizie parlavano di una contaminazione molto limitata.
In ogni caso c’è un punto che secondo me va assolutamente sottolineato. Il primo comunicato stampa della Tepco – quello fermo ai 3.000 becquerel al litro per tutti gli elementi che emettono raggi beta – specificava che, nel campione, non c’è Cesio radioattivo, o tutt’al più solo lievissime tracce.
Eppure il Cesio fa la parte del leone nella radioattività di Fukushima. Non è stata fornita spiegazione a questa apparente anomalia: non resta che far ricorso alla logica.
La Tepco ha messo in funzione un sistema di decontaminazione dell’acqua di Fukushima. Questo sistema permette di rimuovere bene il Cesio. E’ dunque verosimile che la radioattività nell’acqua di falda provenga da una perdita nei serbatoi di acqua parzialmente decontaminata.
Si tratta della stessa acqua che – presente ormai in quantità ingestibile – la Tepco ha più volte proposto di buttare a mare, perchè appunto (dice) insieme al Cesio è stata eliminata la maggior parte della radioattività.
Un’ultima considerazione. L’acqua radioattiva sotto Fukushima non rimarrà confinata lì per sempre. Si mescolerà all’acqua di falda in una zona più ampia? Finirà direttamente in mare? Non so quale delle due ipotesi è la peggiore.
sabato 22 giugno 2013
Fukushima fu “un disastro causato dall’uomo”
Lo dice il nuovo rapporto di una commissione parlamentare giapponese, che critica anche l'indole dei giapponesi a non criticare l'autoritàIl Parlamento giapponese oggi ha pubblicato un nuovo rapporto su quanto avvenne alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi in seguito allo tsunami dell’11 marzo 2011 causato da un forte terremoto, in mare, di magnitudo 9.0. Secondo il nuovo documento, le cause del disastro nucleare furono in buona parte di natura umana. Il disastro “poteva essere previsto e prevenuto” e i suoi effetti “potevano essere mitigati con una migliore risposta umana al problema”.
In seguito allo tsunami, i sistemi di raffreddamento dei sei reattori andarono in avaria e per evitare la fusione fu anche utilizzata l’acqua di mare. Tra il 12 e il 15 marzo ci furono alcune esplosioni con il rilascio di nuvole di gas nella zona intorno all’impianto. Fu molto difficile contenere i danni e per tre reattori si verificò la fusione. Decine di migliaia di persone furono allontanate dalle loro abitazioni, perché vicine all’impianto e a rischio contaminazione. Da allora i responsabili di TEPCO, la società energetica responsabile della centrale, hanno lavorato per mettere in sicurezza i sistemi. A fine dicembre 2011, la condizione dei reattori di Fukushima è stata dichiarata “stabile”.
Pianta schematica della centrale nucleare di Fukushima |
Nel rapporto parlamentare sono messi sotto accusa sia TEPCO, sia alcuni esponenti del governo di allora che non diedero risposte adeguate all’emergenza. In alcuni passaggi vengono anche criticate le convenzioni culturali tipiche del Giappone, come la ritrosia a criticare l’autorità. Il rapporto è stato realizzato da una Commissione indipendente che ha condotto indagini per circa sei mesi e che ha ascoltato più di mille persone coinvolte, a vario titolo, nella crisi nucleare.
Il documento dice esplicitamente che “anche se fu innescato da grandi cataclismi, quanto accadde alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi non può essere considerato come un disastro naturale”. Il rapporto prosegue specificando che fu “un disastro profondamente causato dall’uomo”, dalla collusione tra il governo, le autorità di controllo e i responsabili di TEPCO. Le condizioni all’impianto peggiorarono nei giorni dopo lo tsunami perché le agenzie governative “non funzionarono correttamente”. Ci furono anche seri problemi di comunicazione tra diverse strutture dello Stato, specialmente con l’ufficio del primo ministro, che all’epoca era Naoto Kan (Partito Democratico Giapponese).
Oltre a indicare che cosa non funzionò nella gestione della crisi a Fukushima, il rapporto parlamentare elenca anche quali azioni dovranno essere adottate per evitare che si ripetano in futuro simili disastri. Secondo i responsabili della Commissione, per assicurare la sicurezza nucleare il Giappone dovrà andare incontro a un profondo processo di trasformazione. Prima di tutto, le autorità governative devono abbandonare l’isolamento in cui sono vissute per decenni, aprendosi maggiormente agli standard internazionali sulla sicurezza e alla collaborazione con la comunità internazionale per quanto riguarda il nucleare. L’obiettivo è diventare un soggetto credibile e affidabile su scala globale nel settore della produzione di energia atomica.
Tra le raccomandazioni ci sono: l’istituzione di un organo parlamentare che monitori costantemente l’apparato di regole sul nucleare; la riforma del sistema di gestione delle crisi, con più responsabilità per il governo; la riforma delle leggi sull’energia nucleare per adattarle agli standard internazionali; il controllo delle società che operano nel settore e lo sviluppo di entità indipendenti per le ispezioni e la sicurezza.
In seguito al disastro di Fukushima, in Giappone è stata progressivamente sospesa la produzione di energia elettrica con i reattori nucleari presenti nel paese. Dei 54 reattori spenti, ne sono stati riattivati due domenica scorsa per rispondere alla maggiore domanda di energia elettrica del periodo estivo. La decisione ha portato a nuove proteste da parte di chi si oppone nel paese alla riapertura degli stabilimenti nucleari. Il primo ministro Yoshihiko Noda (PDG) ha spiegato che gli impianti atomici sono una risorsa essenziale per l’economia del paese. Per ora non è comunque prevista l’immediata riapertura di altre centrali.
Fukushima: rilevati alti livelli radioattività in acque sotterranee
Elevati livelli di radioattività sono stati rilevati presso la centrale nucleare di Fukushima, devastata dal terremoto e dallo tsusnami del 2011. Nell’acqua sotterranea ai piedi dei reattori lo stronzio-90 ha superato di 30 volte i limiti regolamentari e il trizio di otto volte.
Secondo la Tepco, la società che gestisce la centrale, questi livelli sono dovuti ad una perdita risalente a un mese dopo il maremoto, ma sarebbe stato impedito il deflusso delle sostanze radioattive in mare grazie a misure per contenerne la dispersione.
L’Autorità di regolamentazione nucleare (Nra) ha approvato i nuovi standard di sicurezza per gli impianti e ha anticipato di dieci giorni, all’8 luglio, la loro entrata in vigore.
Un’accelerazione che permetterà alle compagnie di presentare le domande di riattivazione delle centrali chiuse in tempi più rapidi.
Secondo la Tepco, la società che gestisce la centrale, questi livelli sono dovuti ad una perdita risalente a un mese dopo il maremoto, ma sarebbe stato impedito il deflusso delle sostanze radioattive in mare grazie a misure per contenerne la dispersione.
L’Autorità di regolamentazione nucleare (Nra) ha approvato i nuovi standard di sicurezza per gli impianti e ha anticipato di dieci giorni, all’8 luglio, la loro entrata in vigore.
Un’accelerazione che permetterà alle compagnie di presentare le domande di riattivazione delle centrali chiuse in tempi più rapidi.
venerdì 14 giugno 2013
A Fukushima la radioattività del mare si è innalzata di oltre 100 volte
L'incidente di Fukushima ha innalzato i livelli di stronzio radioattivo al largo della costa Est del Giappone di oltre cento volte.
Sono questi i risultati di uno studio condotto dalla Universitat Autonoma de Barcelona sulla diffusione dello stronzio radioattivo nelle acque costiere occidentali e orientali del Giappone durante i tre mesi seguenti l'incidente nucleare di Fukushima, nel marzo 2011.
I campioni analizzati hanno mostrato l'impatto del rilascio diretto di materiale radioattivo nel Pacifico: in particolare, la quantità di stronzio-90 scaricato in mare durante quei tre mesi è stata fra i 90 e i 900 Tbq (terabecquerel), che ha innalzato i livelli di oltre cento volte.
Le maggiori concentrazioni sono state trovate nella parte Nord della corrente Kuroshio, che agisce come barriera contro la diffusione del materiale radioattivo alle latitudini più basse.
I campioni sono stati prelevati dalla superficie dell'acqua e da oltre 200 metri di profondità, in un'area compresa fra 30 e 600 chilometri al largo delle coste giapponesi, alla ricerca dei raioisotopi stronzio-90 e stronzio-89.
Sono questi i risultati di uno studio condotto dalla Universitat Autonoma de Barcelona sulla diffusione dello stronzio radioattivo nelle acque costiere occidentali e orientali del Giappone durante i tre mesi seguenti l'incidente nucleare di Fukushima, nel marzo 2011.
I campioni analizzati hanno mostrato l'impatto del rilascio diretto di materiale radioattivo nel Pacifico: in particolare, la quantità di stronzio-90 scaricato in mare durante quei tre mesi è stata fra i 90 e i 900 Tbq (terabecquerel), che ha innalzato i livelli di oltre cento volte.
Le maggiori concentrazioni sono state trovate nella parte Nord della corrente Kuroshio, che agisce come barriera contro la diffusione del materiale radioattivo alle latitudini più basse.
I campioni sono stati prelevati dalla superficie dell'acqua e da oltre 200 metri di profondità, in un'area compresa fra 30 e 600 chilometri al largo delle coste giapponesi, alla ricerca dei raioisotopi stronzio-90 e stronzio-89.
lunedì 3 giugno 2013
Chernobyl: “dopo 27 anni portiamoli via dalle zone radioattive”
Le chiamano “zone morte”, ma sono “zone vive”. Sono quelle che i governi di Bielorussia, Ucraina e Russia hanno sgomberato e interdetto dopo l'incidente nucleare più drammatico della storia, quello di Chernobyl del 26 aprile 1986.
Un disastro che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più drammatiche se il giorno dopo il dottor Cliff Robinson, che faceva il chimico nella centrale nucleare di Forsmark, vicino a Stoccolma, non si fosse accorto che qualcosa non andava. “Gli strumenti segnalavano un altissimo livello di radiazioni, talmente alto che Robinson spegne e riaccende più volte il sistema, convinto che sia bloccato, visto che la centrale non ha danni. Le altre due centrali nucleari svedesi rivelano le medesime anomalie. C’è radioattività dappertutto, ma la contaminazione arriva da sud est. Non ci vuole molto per capire che viene da Chernobyl, in Ucraina, allora Unione Sovietica”, ci raccontano le ricostruzioni giornalistiche della scoperta del fall-out atomico.
I sovietici negarono in principio qualsiasi incidente nucleare, ma poi si arresero ammettendo un pericolo nucleare di livello 7, il massimo della scala (paragonabile all’esplosione simultanea di più di 100 bombe nucleari analoghe a quelle che nel 1945 avevano sterminato Hiroshima e Nagasaki), e iniziarono una frettolosa operazione di evacuazione. Dopo 27 anni, 5 milioni di persone continuano a vivere nelle aree vicine alla centrale nucleare V. I. Lenin, ancora contaminate dalla radioattività rilasciata quando è esploso il reattore numero 4. Tra loro anche centinaia di migliaia di bambini con un’aspettativa di vita spaventosamente bassa a causa di un livello di radioattività che supera il limite massimo per la salute umana di oltre 50 volte.
“Nel solo villaggio di Gden in Bielorussia, a 15 km dalla centrale di Chernobyl, oggi abitano 250 persone, 25 sono bambini” ha spiegato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza lanciando una petizione europea alla quale hanno già aderito tra gli altri Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, Roberto Saviano, scrittore, Gino Strada, fondatore di Emergency e Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio. “Vivono completamente abbandonati a se stessi, privi di ogni servizio: mangiano ogni giorno prodotti agricoli fortemente contaminati. Come l’acqua che bevono. Queste aree nel raggio di 30 km dalla centrale, la zona morta appunto, oggi si stanno ripopolando. E la cosa drammatica è che le istituzioni locali e la comunità internazionale fanno finta di non vedere. L’Europa non può ignorarli. Non possiamo accettarlo! Bisogna intervenire subito: anche questi bambini hanno diritto al futuro”.
Come ha recentemente denunciato un reportage di Legambiente, effettuato a sostegno del progetto Rugiada che ogni mese cura decine di bambini colpiti dalle radiazioni nucleari in Bielorussia, Ucraina e Russia, in questi paesi è in corso una incomprensibile campagna governativa di negazione del rischio sanitario per i cittadini, praticata con iniziative pericolose come la riapertura di aree contaminate per consentire di nuovo l’attività agricola o il ritorno nelle case abbandonate dopo l’incidente. Per questo è fondamentale intervenire in modo significativo per ridurre i rischi di carattere sanitario che la popolazione residente nelle aree più colpite dal fall-out radioattivo sta subendo in prima persona. “È infatti inconcepibile - ha spiegato Angelo Gentili, coordinatore nazionale di Legambiente Solidarietà - il fatto che le autorità e le istituzioni locali minimizzino le conseguenze ambientali del disastro nucleare che permangono in modo sempre più grave per le famiglie e i bambini costretti a vivere nella zona a maggiore rischio”. Drammatico è anche il mancato controllo sul taglio del legname radioattivo, sul prelievo di selvaggina, funghi e frutti di bosco e sulla loro successiva commercializzazione anche sui mercati internazionali. Un problema che non va sottovalutato e che al momento non è di facile individuazione grazie alle maglie larghe che compagnie senza scrupoli utilizzano nella compra vendita dei prodotti che arrivano dalla zona contaminata.
“A complicare questo quadro disumano c’è anche la costruzione di una nuova centrale nucleare nel nord della Bielorussia, a 50 km chilometri dal confine con la Lituania, anch’essa in procinto di costruire un nuovo impianto atomico” ha spiegato Dezza. “Tutto questo è inaccettabile. Sono doverosi interventi e progetti per ridurre rischi ed effetti della contaminazione e l’insopportabile rischio dell’oblio. Ma queste azioni non posso essere demandate esclusivamente alle autorità governative locali o alla buona volontà delle tante associazioni e organizzazioni del volontariato internazionale: è necessaria prima di tutto una forte presa di coscienza e iniziativa da parte delle istituzioni e organizzazioni governative internazionali”.
Oggi senza interventi tempestivi tutte le persone che vivono nelle terre contaminate sono destinate a morire ed andranno ad aggiungersi alle percentuali di mortalità che il disastro ha prodotto e produrrà nei prossimi anni. Il rapporto ufficiale redatto da agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) all’indomani della tragedia conta 65 morti accertati e stima altri 4.000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sarà possibile associare a livello clinico direttamente al disastro, ma che sono sicuramente imputabili almeno come con-causa alle radiazioni di Chernobyl . Questi dati ufficiali sono stati a più riprese contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che già nel 2006 aveva presentato una stima di 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso dei 70 anni successivi al 1986, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro. Il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, invece pur concordando con il rapporto ufficiale ONU per quanto riguarda il numero dei morti accertati, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte, che stima piuttosto in una forbice compresa tra le 30.000 e le 60.000 vittime, oltre ai 165.000 disabili accertati figli di quella catastrofe.
Ma Chernobyl non è stato e non sarà solo un costo da saldare in vite umane. "Al fine di ridurre le perdite economiche conseguenti alla catastrofe, che potrebbero raggiungere i 180 miliardi di dollari nel 2015, è importante proporre un programma condiviso da tutte le regioni coinvolte dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl del 1986" ha spiegato il presidente dell’Ucraina, Viktor Yanukovych, in occasione del 27esimo anniversario dell’incidente, ricordando che per arrivare al completo smantellamento della centrale occorrerà aspettare il 2065 mentre i lavori per la costruzione del nuovo “sarcofago” di sicurezza dovrebbero essere conclusi entro il 2015.
Per questo e per evitare una seconda catastrofe umana ed economica nella regione, Legambiente ha chiesto, con questa raccolta firme lanciata a 27 anni dal disastro, un forte intervento della Comunità internazionale, a partire dalla Commissione europea, “con programmi di tutela sanitaria e progetti di ricollocazione per quei bambini e quelle persone che in Bielorussia, Ucraina e Russia ancora oggi vivono in villaggi all’interno della zona morta o comunque in aree fortemente contaminate; con il sostegno di progetti internazionali di monitoraggio ambientale per meglio studiare l’evoluzione della contaminazione radioattiva; attraverso interventi specifici e mirati di bonifica” ed infine “con il tentativo di far rivedere ai governi di Bielorussia e Lituania i progetti di costruzione di due nuove centrali nucleari sul loro territorio”. Intanto, in attesa di una risposta dell’Europa nelle “zone morte” continuano ad abitare “persone vive” dimenticate come i pochi liquidatori ancora in vita: uomini e donne, civili e militari, personale della centrale, pompieri, protezione civile e medici, che furono reclutati o accorsero volontari da tutta l’Unione Sovietica per tentare di arginare l’emergenza.
Un disastro che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più drammatiche se il giorno dopo il dottor Cliff Robinson, che faceva il chimico nella centrale nucleare di Forsmark, vicino a Stoccolma, non si fosse accorto che qualcosa non andava. “Gli strumenti segnalavano un altissimo livello di radiazioni, talmente alto che Robinson spegne e riaccende più volte il sistema, convinto che sia bloccato, visto che la centrale non ha danni. Le altre due centrali nucleari svedesi rivelano le medesime anomalie. C’è radioattività dappertutto, ma la contaminazione arriva da sud est. Non ci vuole molto per capire che viene da Chernobyl, in Ucraina, allora Unione Sovietica”, ci raccontano le ricostruzioni giornalistiche della scoperta del fall-out atomico.
I sovietici negarono in principio qualsiasi incidente nucleare, ma poi si arresero ammettendo un pericolo nucleare di livello 7, il massimo della scala (paragonabile all’esplosione simultanea di più di 100 bombe nucleari analoghe a quelle che nel 1945 avevano sterminato Hiroshima e Nagasaki), e iniziarono una frettolosa operazione di evacuazione. Dopo 27 anni, 5 milioni di persone continuano a vivere nelle aree vicine alla centrale nucleare V. I. Lenin, ancora contaminate dalla radioattività rilasciata quando è esploso il reattore numero 4. Tra loro anche centinaia di migliaia di bambini con un’aspettativa di vita spaventosamente bassa a causa di un livello di radioattività che supera il limite massimo per la salute umana di oltre 50 volte.
“Nel solo villaggio di Gden in Bielorussia, a 15 km dalla centrale di Chernobyl, oggi abitano 250 persone, 25 sono bambini” ha spiegato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza lanciando una petizione europea alla quale hanno già aderito tra gli altri Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, Roberto Saviano, scrittore, Gino Strada, fondatore di Emergency e Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio. “Vivono completamente abbandonati a se stessi, privi di ogni servizio: mangiano ogni giorno prodotti agricoli fortemente contaminati. Come l’acqua che bevono. Queste aree nel raggio di 30 km dalla centrale, la zona morta appunto, oggi si stanno ripopolando. E la cosa drammatica è che le istituzioni locali e la comunità internazionale fanno finta di non vedere. L’Europa non può ignorarli. Non possiamo accettarlo! Bisogna intervenire subito: anche questi bambini hanno diritto al futuro”.
Come ha recentemente denunciato un reportage di Legambiente, effettuato a sostegno del progetto Rugiada che ogni mese cura decine di bambini colpiti dalle radiazioni nucleari in Bielorussia, Ucraina e Russia, in questi paesi è in corso una incomprensibile campagna governativa di negazione del rischio sanitario per i cittadini, praticata con iniziative pericolose come la riapertura di aree contaminate per consentire di nuovo l’attività agricola o il ritorno nelle case abbandonate dopo l’incidente. Per questo è fondamentale intervenire in modo significativo per ridurre i rischi di carattere sanitario che la popolazione residente nelle aree più colpite dal fall-out radioattivo sta subendo in prima persona. “È infatti inconcepibile - ha spiegato Angelo Gentili, coordinatore nazionale di Legambiente Solidarietà - il fatto che le autorità e le istituzioni locali minimizzino le conseguenze ambientali del disastro nucleare che permangono in modo sempre più grave per le famiglie e i bambini costretti a vivere nella zona a maggiore rischio”. Drammatico è anche il mancato controllo sul taglio del legname radioattivo, sul prelievo di selvaggina, funghi e frutti di bosco e sulla loro successiva commercializzazione anche sui mercati internazionali. Un problema che non va sottovalutato e che al momento non è di facile individuazione grazie alle maglie larghe che compagnie senza scrupoli utilizzano nella compra vendita dei prodotti che arrivano dalla zona contaminata.
“A complicare questo quadro disumano c’è anche la costruzione di una nuova centrale nucleare nel nord della Bielorussia, a 50 km chilometri dal confine con la Lituania, anch’essa in procinto di costruire un nuovo impianto atomico” ha spiegato Dezza. “Tutto questo è inaccettabile. Sono doverosi interventi e progetti per ridurre rischi ed effetti della contaminazione e l’insopportabile rischio dell’oblio. Ma queste azioni non posso essere demandate esclusivamente alle autorità governative locali o alla buona volontà delle tante associazioni e organizzazioni del volontariato internazionale: è necessaria prima di tutto una forte presa di coscienza e iniziativa da parte delle istituzioni e organizzazioni governative internazionali”.
Oggi senza interventi tempestivi tutte le persone che vivono nelle terre contaminate sono destinate a morire ed andranno ad aggiungersi alle percentuali di mortalità che il disastro ha prodotto e produrrà nei prossimi anni. Il rapporto ufficiale redatto da agenzie dell’ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) all’indomani della tragedia conta 65 morti accertati e stima altri 4.000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sarà possibile associare a livello clinico direttamente al disastro, ma che sono sicuramente imputabili almeno come con-causa alle radiazioni di Chernobyl . Questi dati ufficiali sono stati a più riprese contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che già nel 2006 aveva presentato una stima di 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso dei 70 anni successivi al 1986, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro. Il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, invece pur concordando con il rapporto ufficiale ONU per quanto riguarda il numero dei morti accertati, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte, che stima piuttosto in una forbice compresa tra le 30.000 e le 60.000 vittime, oltre ai 165.000 disabili accertati figli di quella catastrofe.
Ma Chernobyl non è stato e non sarà solo un costo da saldare in vite umane. "Al fine di ridurre le perdite economiche conseguenti alla catastrofe, che potrebbero raggiungere i 180 miliardi di dollari nel 2015, è importante proporre un programma condiviso da tutte le regioni coinvolte dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl del 1986" ha spiegato il presidente dell’Ucraina, Viktor Yanukovych, in occasione del 27esimo anniversario dell’incidente, ricordando che per arrivare al completo smantellamento della centrale occorrerà aspettare il 2065 mentre i lavori per la costruzione del nuovo “sarcofago” di sicurezza dovrebbero essere conclusi entro il 2015.
Per questo e per evitare una seconda catastrofe umana ed economica nella regione, Legambiente ha chiesto, con questa raccolta firme lanciata a 27 anni dal disastro, un forte intervento della Comunità internazionale, a partire dalla Commissione europea, “con programmi di tutela sanitaria e progetti di ricollocazione per quei bambini e quelle persone che in Bielorussia, Ucraina e Russia ancora oggi vivono in villaggi all’interno della zona morta o comunque in aree fortemente contaminate; con il sostegno di progetti internazionali di monitoraggio ambientale per meglio studiare l’evoluzione della contaminazione radioattiva; attraverso interventi specifici e mirati di bonifica” ed infine “con il tentativo di far rivedere ai governi di Bielorussia e Lituania i progetti di costruzione di due nuove centrali nucleari sul loro territorio”. Intanto, in attesa di una risposta dell’Europa nelle “zone morte” continuano ad abitare “persone vive” dimenticate come i pochi liquidatori ancora in vita: uomini e donne, civili e militari, personale della centrale, pompieri, protezione civile e medici, che furono reclutati o accorsero volontari da tutta l’Unione Sovietica per tentare di arginare l’emergenza.
giovedì 16 maggio 2013
Fukushima, la Tepco butta a mare l’acqua con la benedizione del Governo giapponese
Ci siamo. La Tepco si accinge a buttare nell’oceano Pacifico l’acqua di Fukushima. E dice che si tratta di acqua pulita, non più radioattiva rispetto a quella dei fiumi della zona.
Con la benedizione del Governo giapponese, la Tepco, la società proprietaria di Fukushima, vuole intercettare a monte dell’impianto l’acqua di falda che continua a penetrare a un ritmo impressionante negli edifici della centrale nucleare affetta da triplo meltdown.
Una volta entrata in contatto con i reattori – o con ciò che ne resta – l’acqua diventa fortemente radioattiva. Ora si vuole scaricare in mare l’acqua prima che finisca nei reattori. Una mossa brillante e vincente?
L’acqua di falda entra in Fukushima ad un ritmo variamente calcolato: 280 litri al minuto (due vasche da bagno!), 400 tonnellate al giorno…
Viene estratta dagli edifici e stoccata in serbatoi (senza contare i famosi pozzi che perdono) che ormai tappezzano l’area attorno all’impianto.
C’è anche un sistema di decontaminazione per eliminare gran parte della radioattività: ma anche dopo il trattamento l’acqua è troppo radioattiva per essere buttata a mare.
Di qui l’idea di intercettare l’acqua di falda prima che entri nella centrale nucleare e di realizzare una sorta di bypass per scaricarla nell’oceano.
E’ comunque una soluzione parziale, perché secondo i calcoli della Tepco verrebbe intercettato solo il 25% dell’acqua.
lunedì 13 maggio 2013
Tubo riparato con manici di scopa e nastro adesivo nella centrale di San Onofre
Nucleare sicuro? Come ha chiaramente dimostrato il disastro nucleare giapponese di Fukushima, nessun impianto nucleare lo è davvero. Ora, una foto shock scatta in un impianto degli Stati Uniti lo dimostra ancora di più. Stiamo parlando dell'impianto nucleare di San Onofre, nel sud della California, che nel 2012 è stato chiuso a causa della scoperta di una fuga radioattiva e di altri componenti danneggiati.
Ora è passato più di un anno, e la Southern California Edison (SCE), che gestisce la centrale, ha chiesto alla Nuclear Regulatory Commission (NRC) il permesso per riaccendere i reattori. Sfortunatamente per loro, però, una fotografia pubblicata da 10 News, pone dei seri dubbi sul fatto richiesta debba essere concessa. Perchè l'immagine, scattata quasi un anno dopo la chiusura dello stabilimento, mostra un grande tubo che perde, tenuto su con nastro adesivo, sacchetti di plastica e manici di scopa.
La SCE ha confermato che è stata scattata all'interno dell'unità 3, la stessa oggetto della fuga radioattiva, ma non ha rivelato quando. Un portavoce della società ha affermato che la plastica e il nastro sono stati utilizzati per indirizzare l'acqua dalla piccola perdita in un tubo di scarico, ma la sua spiegazione non ha tranquilizzato gli americani sulle misure di sicurezza che riguardano il nucleare.
300 litri di acqua radioattiva provenienti dalla centrale di Palisades riversati nel lago Michigan
I problemi legati alle emissioni radioattive presso la centrale nucleare di Palisades, negli Stati Uniti, hanno avuto inizio la scorsa estate, quando la presenza di un serbatoio difettoso e di perdite di acqua radioattiva provenienti da esso hanno portato alla chiusura dell'impianto. Entergy, proprietaria della centrale, ha deciso di rattoppare la perdita e di riavviare comunque il reattore.
La speranza è che la questione fosse così risolta e che tutto andasse dunque per il meglio, ma pare che purtroppo non sia stato così, secondo quanto riportato da parte di Grist e Detroit Free Press. Il serbatoio ha iniziato a perdere di nuovo, seppur rimanendo al di sotto del limite permesso, evenienza che ha spinto i proprietari a sperare nuovamente per il meglio.
Lo scorso sabato la perdita di acqua radioattiva sarebbe passata da un semplice zampillo ad un vero e proprio fiotto, complicando le operazioni per arginarla. Quasi 80 galloni, corrispondenti a circa 300 litri di acqua radioattiva contenente piccole quantità di trizio e probabili tracce di cobalto e di cesio hanno raggiunto le acque del lago Michigan. Domenica mattina la centrale nucleare ha iniziato ad essere portata verso lo spegnimento. Si tratta della nona occasione di blocco della centrale a partire dal 2011.
Secondo alcune dichiarazioni rilasciate da parte di Viktoria Mitlyng, portavoce della Nuclear Regulatory Commission, l'acqua contenente particelle radioattive sarebbe giunta nel lago Michigan ormai diluita e non avrebbe provocato danni ad un lago contenente oltre 900 mila litri d'acqua non contaminata.
Il problema legato alla sicurezza della centrale nucleare di Palisades rimane, dato che proprio per motivi legati ad essa il funzionamento degli impianti è stato fermato di frequente nel corso degli ultimi due anni. Riguardo la produzione di energia nucleare, la sicurezza dovrebbe sempre essere considerata come un aspetto fondamentale e di primaria importanza.
Sebbene, secondo quanto dichiarato da parte di Ronald Gilgenbach, presidente del dipartimento di ingegneria nucleare dell'Università del Michigan, la quantità di radiazioni emesse non dovrebbe suscitare alcuna preoccupazione tra la popolazione, resta da appurare se, non soltanto negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, le centrali nucleari funzionanti siano dotate di sistemi di sicurezza e di piani di intervento adatti a cui ricorrere in caso di emergenza al fine di salvaguardare l'ambiente ed i cittadini.
mercoledì 8 maggio 2013
Fukushima, dati preoccupanti dal Giappone: livelli di radioattività troppo alti, tra il silenzio delle autorità
Nuovi dati rilasciati dal Ministero della Sanità giapponese, dimostrano ancora una volta che il disastro nucleare di Fukushima, verificatosi a seguito del violento terremoto dell’11 Marzo 2011, è tutt’altro che finito. Stando a quanto afferma Fukushima-Diary.com, nonostante un completo oscuramento dei media sull’attuale situazione, i livelli di cesio-137 e cesio-134 trovati nei crackers di riso e nei mandarini prodotti nella prefettura di Shizuoka a 362 chilometri dalla centrale, sono abbastanza alti da permettere il superamento delle soglie consentite nei residenti nel corso di pochi mesi, o addirittura settimane. Dai dati emerge che i livelli potenzialmente letali di radiazioni stanno ancora interessando i grandi centri abitati di tutto il Giappone, compresi quelli più distanti da Fukushima. In media un adulto non dovrebbe essere esposto ad oltre 50 millisievert (mSv) di radiazione per anno, al fine di evitare gravi conseguenze per la salute. Per i bambini la soglia massima è di gran lunga inferiore, probabilmente non più alta di 10 mSv. Valori che gli abitanti delle aree più limitrofe superano nel corso di poche settimane.
L'area interessata dai livelli più elevati di radiazioni |
L'area interessata dai livelli più elevati di radiazioni
Ma il cibo, ovviamente, non è l’unica fonte di radiazioni per l’uomo: i livelli, sempre secondo Fukushima-Diary.com, continuano ad aumentare anche nei laghi e nei fiumi a nord di Tokyo, rivelando misure quasi triplicate dalle ultime rilevazioni. Secondo la stessa fonte, le autorità competenti coprirebbero la gravità della situazione, attribuendo eventuali decessi ad altre cause. Livelli così elevati di radiazioni nel corpo umano possono comportare malattie cardiache e cancro, tanto per citare quelle più letali. Nel frattempo, un recente rapporto Rasmussen, ha scoperto che più di un terzo di tutti gli americani credono che le radiazioni provenienti dalla centrale di Fukushima abbiano causato un danno significativo negli Stati Uniti. Questo è probabilmente dovuto al fatto che alti livelli radioattivi sono stati osservati nel suolo, nell’acqua, e anche nel cibo del nuovo continente.
L'11 Marzo a Fukushima |
mercoledì 1 maggio 2013
Chernobyl, i sovietici furono galantuomini rispetto alle balle giapponesi su Fukushima
Ventisette anni fa, a quest’ora, quel che doveva accadere era già accaduto. Chi nel 1986 aveva già raggiunto l’età della ragione ricorderà per tutta la vita quel 26 aprile: poco dopo l’una del mattino (ora locale) si verificò l’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina, allora Unione Sovietica.
Il mondo lo seppe solo dopo che, il 27 aprile, fu rilevato un aumento della radioattività in Svezia. E fu paura in tutta Europa: la radioattività era il nemico invisibile che minacciava tutti e contro il quale ciascuno era totalmente impotente.
Ho ripescato su Youtube un Tg1 dei giorni di Chernobyl e ascoltandolo mi sono reso conto di una cosa: i sovietici in realtà si comportarono da galantuomini.
E’ vero, al’inizio cercarono di nascondere l’incidente e tardarono due giorni ad evacuare Pripjat, la città più vicina alla centrale nucleare: ma subito dopo diffusero informazioni che – col senno del poi – risultarono sostanzialmente corrette. Invece i giapponesi quante balle hanno raccontato su Fukushima!
Nonostante lo scetticismo palesato dal conduttore del tg, effettivamente a Chernobyl nell’immediato i morti furono solo due, proprio come dicevano i sovietici: la contabilità del cancro e della leucemia nella popolazione e in coloro che fronteggiarono l’emergenza è un’altra questione, purtroppo tuttora aperta.
E poi trovo veramente amena la notizia diffusa dagli americani e prontamente rilanciata dal tg che a Chernobyl fossero fusi due reattori, non uno solo. Una balla, adesso lo sappiamo. Mentre a Fukushima di reattori se ne sono fusi addirittura tre: ma i più credono che non se ne sia fuso nessuno.
I giapponesi infatti hanno negato molto a lungo l’evidenza. Soprattutto hanno ammesso la verità solo rilasciandola in piccole dosi omeopatiche e ad intervalli di molti giorni, affinchè non facesse comunque notizia.
Hanno platealmente barato sul calcolo della radioattività. Soprattutto hanno sempre e solo conteggiato la radioattività diffusa nell’aria, mentre il vero problema di Fukushima è l’acqua.
Insomma, di fronte alle bugie giapponesi su Fukushima bisogna togliersi – a posteriori – il cappello davanti all’Unione Sovietica e al modo in cui, passati i primi giorni, diffuse le informazioni su Chernobyl. E pensare che l’allora presidente americano Ronald Reagan definiva l’Urss “l’impero del male”…
Fukushima fa acqua. La radioattività nel terreno aumentata di 10 volte in due giorni!
Avete presente le perdite di acqua radioattiva dai pozzi di Fukushima e il fantoziano difetto di installazione che li affligge? Ebbene, adesso si vedono i risultati. Ovviamente avvelenati!!!.
In due soli giorni è aumentata di 10 volte la radioattività nel terreno in prossimità del pozzo numero 10. Stanno trasferendo l’acqua radioattiva dal pozzo in una cisterna con un tubo che ha tutto l’aspetto di quelli utilizzati per innaffiare il giardino.
Un esperto mandato dalla Prefettura ha definito dilettantesco il modo in cui opera la Tepco, la società proprietaria della centrale nucleare afflitta da triplo metldown.
Il New York Times non la tratta meglio. Riporta il giudizio di un esperto secondo il quale la Tepco non opera secondo una pianificazione a lungo termine ma affronta giorno per giorno le questioni più urgenti senza avere neanche il tempo di pensare al domani. Intanto il problema di stoccare l’acqua radioattiva si aggrava al ritmo di 280 litri circa al minuto.
"Hanno finito lo spazio attorno alla centrale nucleare. Torna la vecchia domanda: la butteranno a mare?"
La notizia della radioattività aumentata di 10 volte in due giorni nel terreno accanto al pozzo numero 10 viene dal blog Ex-Skf, che traduce dal giapponese in inglese notizie su Fukushima altrimenti destinate a non trovare eco fuori dal Giappone. La fonte è la stessa Tepco; le analisi sono state effettuate il 25 e il 27 aprile.
Sempre Ex-Skf trasferisce dell’acqua da un pozzo-colabrodo ad un container di metallo; ed
aggiunge che la prefettura di Fukushima ha mandato un gruppo di esperti a fare un sopralluogo nella centrale nucleare: essi sono stati spaventati da ciò che hanno visto; sostengono in sostanza che, comportandosi in modo meno dilettantesco, sarebbe stato possibile evitare le perdite di acqua radioattiva.
Anche il New York Times ha duramente criticato, ieri, il modo in cui a Fukushima viene gestita l’emergenza acqua.
L’acqua della falda sotterranea filtra al ritmo di circa 280 litri al minuto negli edifici che ospitavano i reattori nucleari fusi e squassati dalle esplosioni. Diventa fortemente radioattiva; viene estratta e stoccata.
Il problema era ben noto fin dai primi tempi della crisi. Per fermare il flusso d’acqua sotterranea dalle montagne verso Fukushima (che è situata in riva al Pacifico) sarebbe stato necessario costruire un muraglione in profondità nel terreno; la Tepco ha rifiutato, nota il New York Times (costava caro, aggiungo io) e il Governo giapponese non ha insistito.
Così ora tutta l’area attorno a Fukushima è tappezzata di serbatoi di acqua radioattiva. Hanno deciso di tagliare un bosco lì accanto per avere altro spazio destinato allo stoccaggio.
E poi? L’unica prospettiva implicita dei giapponesi tratteggiata dal New York Time è che in futuro l’acqua venga trattata per eliminare il grosso della radioattività e poi buttata nel’oceano.
Chissà se l’idea sarà apprezzata dai pescatori giapponesi dagli altri Paesi che si affacciano sul Pacifico…!!!
Cinghiali radioattivi, ultime notizie: altri dieci esemplari radioattivi nell’Ossola
A un paio di mesi dalle prime positività al cesio 137, altri dieci cinghiali radioattivi sono stati trovati nell’Ossola, nel nord del Piemonte. In otto esemplari della valle Vigezzo e due della valle Anzasca testati all’Istituto zooprofilattico di Torino sono state riscontrate tracce di cesio 137.Si tratta di un risultato in contrasto con l’esame eseguito un mese fa dall’ASL del Verbano Cusio Ossola che aveva dato esiti negativi ai test sulla presenza di radiazioni.
domenica 14 aprile 2013
Saluggia, fuoriuscite da vasca dell’impianto nucleare Sogin: “Nessun allarme”
Notizia del: 11 aprile 2013
Perdite di liquido radioattivo dall'area di stoccaggio dove si sono aperte due fessure. L'Arpa: "Contaminazione circoscritta". Intanto un consigliere comunale e il sindaco di un paese vicino hanno presentato esposti alle Procure di Vercelli e Torino.
Un’altra tegola si abbatte sulla Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la gestione dell’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli.
Sono state riscontrate almeno due fessure dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Dall’Arpa – l’Agenzia regionale per la protezione ambientale – assicurano che al momento non c’è nessun allarme ambientale, anche se la Sogin ha segnalato la questione alla prefettura di Vercelli ed i liquidi contenuti nella vasca in questione non vengono scaricati da almeno due anni nella vicina Dora Baltea, proprio perché troppo contaminati. “Abbiamo prelevato dei campioni di terreno nella zona circostante – spiega Laura Porzio, responsabile siti nucleari per l’Arpa Piemonte – e dalle prime analisi pare che la contaminazione sia circoscritta. Stiamo attendendo l’esito di esami più specifici per capire quanto è estesa la contaminazione e se c’è stato l’inquinamento della falda acquifera”.
Nonostante le rassicurazioni e le cautele del caso la situazione non sembra essere delle più confortanti. La radioattività anomala dei liquidi della vasca, ormai praticamente piena, non permette di svuotarla da molto tempo; tale situazione è stata anche confermata dal ministero dello Sviluppo Economico, direzione generale per l’energia nucleare. La Sogin ha scoperto le due fessurazioni proprio durante i lavori avviati per coprire la vasca ed evitare che si riempisse ulteriormente di acqua piovana, in modo da scongiurare eventuali traboccamenti pericolosi per l’ambiente.
Dalla Sogin precisano di aver informato gli enti locali, l’Arpa, la prefettura, l’Asl e l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) più per una questione legata alla trasparenza informativa che non alla reale emergenza ambientale. “Facendo dei lavori di scavo – spiega Davide Galli, responsabile disattivazione impianti e centrali del nord Italia per la Sogin – si sono aperte queste due fessurazioni, e si è visto un trasudamento che ha bagnato il terreno circostante. Ci sono deboli segni di contaminazione ed il fenomeno è circoscritto. Ora dobbiamo svuotare la vasca e poi pulire il fondo. L’evento che comunque si è verificato è assolutamente irrilevante”.
In attesa dei risultati di analisi più specifiche, le rassicurazioni fatte in questi mesi e ripetute anche a seguito delle scoperta delle fessure non sembrano però tranquillizzare la popolazione. Sono stati presentati già due esposti alle Procure di Vercelli e Torino, in merito alla gestione del sito, da Paola Olivero, consigliere comunale di Saluggia, e da Luigi Borasio, sindaco di Verolengo, comune limitrofo. Una gestione problematica anche alla luce di come sono stati condotti i lavori di messa in sicurezza della vasca in questione. Con una nota del 17 ottobre 2012, un mese dopo l’allarme lanciato per la vasca stracolma, la Sogin ha indicato la tempistica degli interventi da attuare per lo svuotamento della vasca stessa. Il completamento delle operazioni era previsto per marzo 2013, data ampiamente non rispettata e, secondo un tecnico nucleare che preferisce mantenere l’anonimato, del tutto irrealistica. “Le operazioni di bonifica non sono neanche iniziate – spiega il tecnico – è cominciato solo il montaggio di una tenda per riparare la vasca dalla pioggia. Questi interventi non sono semplici, potrebbero volerci degli anni. Inoltre dopo otto mesi dalla prima segnalazione, nonostante le ripetute richieste avanzate in tutte le sedi istituzionali, compreso il Parlamento, ancora non è dato sapere né come né quando sia stata causata l’indebita contaminazione del WP719, al cui interno sono già stati individuati Cesio e Americio oltre i limiti. Non è possibile neanche sapere quale sia l’entità esatta del problema e quali e quanti altri materiali radioattivi siano presenti”.
“Eravamo preoccupati prima – spiega Paola Olivero – e lo siamo ancor di più ora che sono state scoperte queste falle dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Il ministero dello Sviluppo Economico tra l’altro ha già dichiarato che, a causa degli elevati livelli di contaminazione nella vasca, fra cui Cesio 137 e Americio 241, si dovrà procedere al recupero del suo contenuto e proseguire il trattamento di liquidi e sedimenti come rifiuti radioattivi, con un sistema dedicato. Non si sa ancora perché il liquido contenuto in questa vasca abbia dei valori di radioattività troppo elevati per essere scaricato nel fiume. La vasca, che ha oltre cinquant’anni, non fu progettata per svolgere la funzione di deposito e stoccaggio, tanto che l’Ispra, in una nota del 9 gennaio scorso, afferma che è in corso una anomalia rispetto alla normale conduzione dell’impianto. E’ altresì collocata in un’area a forte edificazione e transito di mezzi pesanti, che provocano forti vibrazioni, trovandosi nei pressi del cantiere dove stanno costruendo un nuovo deposito nucleare. La vasca si trova lungo il corso del fiume, in prossimità dei pozzi dell’acquedotto del Monferrato che serve oltre cento comuni”. “Qualche” elemento di preoccupazione effettivamente c’è.
Perdite di liquido radioattivo dall'area di stoccaggio dove si sono aperte due fessure. L'Arpa: "Contaminazione circoscritta". Intanto un consigliere comunale e il sindaco di un paese vicino hanno presentato esposti alle Procure di Vercelli e Torino.
Un’altra tegola si abbatte sulla Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, per la gestione dell’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli.
Sono state riscontrate almeno due fessure dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Dall’Arpa – l’Agenzia regionale per la protezione ambientale – assicurano che al momento non c’è nessun allarme ambientale, anche se la Sogin ha segnalato la questione alla prefettura di Vercelli ed i liquidi contenuti nella vasca in questione non vengono scaricati da almeno due anni nella vicina Dora Baltea, proprio perché troppo contaminati. “Abbiamo prelevato dei campioni di terreno nella zona circostante – spiega Laura Porzio, responsabile siti nucleari per l’Arpa Piemonte – e dalle prime analisi pare che la contaminazione sia circoscritta. Stiamo attendendo l’esito di esami più specifici per capire quanto è estesa la contaminazione e se c’è stato l’inquinamento della falda acquifera”.
Nonostante le rassicurazioni e le cautele del caso la situazione non sembra essere delle più confortanti. La radioattività anomala dei liquidi della vasca, ormai praticamente piena, non permette di svuotarla da molto tempo; tale situazione è stata anche confermata dal ministero dello Sviluppo Economico, direzione generale per l’energia nucleare. La Sogin ha scoperto le due fessurazioni proprio durante i lavori avviati per coprire la vasca ed evitare che si riempisse ulteriormente di acqua piovana, in modo da scongiurare eventuali traboccamenti pericolosi per l’ambiente.
Dalla Sogin precisano di aver informato gli enti locali, l’Arpa, la prefettura, l’Asl e l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) più per una questione legata alla trasparenza informativa che non alla reale emergenza ambientale. “Facendo dei lavori di scavo – spiega Davide Galli, responsabile disattivazione impianti e centrali del nord Italia per la Sogin – si sono aperte queste due fessurazioni, e si è visto un trasudamento che ha bagnato il terreno circostante. Ci sono deboli segni di contaminazione ed il fenomeno è circoscritto. Ora dobbiamo svuotare la vasca e poi pulire il fondo. L’evento che comunque si è verificato è assolutamente irrilevante”.
In attesa dei risultati di analisi più specifiche, le rassicurazioni fatte in questi mesi e ripetute anche a seguito delle scoperta delle fessure non sembrano però tranquillizzare la popolazione. Sono stati presentati già due esposti alle Procure di Vercelli e Torino, in merito alla gestione del sito, da Paola Olivero, consigliere comunale di Saluggia, e da Luigi Borasio, sindaco di Verolengo, comune limitrofo. Una gestione problematica anche alla luce di come sono stati condotti i lavori di messa in sicurezza della vasca in questione. Con una nota del 17 ottobre 2012, un mese dopo l’allarme lanciato per la vasca stracolma, la Sogin ha indicato la tempistica degli interventi da attuare per lo svuotamento della vasca stessa. Il completamento delle operazioni era previsto per marzo 2013, data ampiamente non rispettata e, secondo un tecnico nucleare che preferisce mantenere l’anonimato, del tutto irrealistica. “Le operazioni di bonifica non sono neanche iniziate – spiega il tecnico – è cominciato solo il montaggio di una tenda per riparare la vasca dalla pioggia. Questi interventi non sono semplici, potrebbero volerci degli anni. Inoltre dopo otto mesi dalla prima segnalazione, nonostante le ripetute richieste avanzate in tutte le sedi istituzionali, compreso il Parlamento, ancora non è dato sapere né come né quando sia stata causata l’indebita contaminazione del WP719, al cui interno sono già stati individuati Cesio e Americio oltre i limiti. Non è possibile neanche sapere quale sia l’entità esatta del problema e quali e quanti altri materiali radioattivi siano presenti”.
“Eravamo preoccupati prima – spiega Paola Olivero – e lo siamo ancor di più ora che sono state scoperte queste falle dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Il ministero dello Sviluppo Economico tra l’altro ha già dichiarato che, a causa degli elevati livelli di contaminazione nella vasca, fra cui Cesio 137 e Americio 241, si dovrà procedere al recupero del suo contenuto e proseguire il trattamento di liquidi e sedimenti come rifiuti radioattivi, con un sistema dedicato. Non si sa ancora perché il liquido contenuto in questa vasca abbia dei valori di radioattività troppo elevati per essere scaricato nel fiume. La vasca, che ha oltre cinquant’anni, non fu progettata per svolgere la funzione di deposito e stoccaggio, tanto che l’Ispra, in una nota del 9 gennaio scorso, afferma che è in corso una anomalia rispetto alla normale conduzione dell’impianto. E’ altresì collocata in un’area a forte edificazione e transito di mezzi pesanti, che provocano forti vibrazioni, trovandosi nei pressi del cantiere dove stanno costruendo un nuovo deposito nucleare. La vasca si trova lungo il corso del fiume, in prossimità dei pozzi dell’acquedotto del Monferrato che serve oltre cento comuni”. “Qualche” elemento di preoccupazione effettivamente c’è.
Nucleare di Saluggia, vasca di stoccaggio stracolma: falde a rischio contaminazione
Notizia del: 19 settembre 2012
Con le piogge autunnali, una delle aree di stoccaggio potrebbe traboccare. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha lanciato l'allarme, ma la Sogin (la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti) non ha ancora messo in sicurezza l'impianto.
Una situazione al limite dell’emergenza ambientale. E’ questa la condizione in cui versa l’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli. Il settimanale Il Punto ha lanciato l’allarme documentando le incongruenze e le mancanze della Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Una delle due vasche a cielo aperto (waste ponds) di oltre cinquant’anni che raccoglie le acque, generalmente contaminate o solo potenzialmente contaminate, provenienti dai vari punti dell’impianto nucleare, è al limite della saturazione. Il pond WP719 è quasi pieno e rischia di traboccare tra non molto, quando cominceranno le piogge autunnali. Questo comporterebbe il rischio di sversamento dell’acqua sul piazzale del sito e, successivamente, l’infiltrazione di tale acqua nelle falde sottostanti con rischi ambientali incalcolabili.
Normalmente le acque raccolte nelle due vasche, in una seconda fase del processo, sono scaricate nella vicina Dora Baltea. Un procedimento che, secondo gli esperti, garantisce un’adeguata sicurezza all’ambiente limitrofo attraverso la forte diluizione del materiale radioattivo. Lo scarico nel fiume è consentito solo se il livello della radioattività delle acque contenute nei ponds non supera determinati livelli stabiliti dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Conditio sine qua non che, a quanto pare, al momento non è riscontrabile nella vasca WP719. Secondo una nota diramata dall’Ispra stessa, il pond WP719 attualmente è in condizioni di non utilizzo ai fini delle operazioni di scarico. In altre parole, per il momento costituisce una sorta di stoccaggio, a cielo aperto, di materiale liquido pericoloso che non può essere scaricato e diluito.
Secondo alcuni documenti interni della Sogin “il motivo è che il suo contenuto radiologico è in questo momento altissimo, molto superiore ai limiti ammessi; l’elevata concentrazione di radionuclidi molto pericolosi”. Sempre secondo la nota, la concentrazione di radionuclidi sarebbe paragonabile a quella presente, fino a qualche anno fa, nella piscina del combustibile nucleare, ormai fortunatamente vuota.
Ad aumentare il rischio di sversamento incontrollato nelle falde contribuisce la frenetica attività realizzativa che la Sogin sta attuando per la costruzione del contestato deposito D2, quello temporaneo di scorie radioattive che dovrebbe sorgere all’interno del sito Eurex, nelle immediate vicinanze delle due vasche. Una costruzione che, a essere ottimisti, terminerà nel 2014. Il D2 è un’opera in cemento armato con pareti di grosso spessore e le attività di cantiere sono caratterizzate dal frequente traffico di mezzi pesanti, poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall’esterno del sito.
In alcuni periodi sono stati oltre cento i mezzi pesanti che, per scaricare giorno e notte cemento nel cantiere del D2, sono transitati molto vicino alle vasche in questione. Questi mezzi pesanti, ancor oggi, sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi.
Il rischio è stato certificato anche dall’Ispra a seguito di un sopralluogo effettuato lo scorso 10 agosto che ha allarmato non poco gli abitanti del vercellese. L’autorità di controllo ha prescritto alla Sogin alcune azioni immediate da fare: “Delimitare l’area circostante le suddette vasche, atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a cantieri aperti…Procedere ad una completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719“.
“Al di là delle indicazioni dell’Ispra – ha dichiarato un tecnico nucleare della Sogin, che preferisce mantenere l’anonimato – questa è la prova certificata del rischio ambientale che si sta correndo a Saluggia. Nella nota Ispra si parla anche di una lettera della Sogin del 03/10/2011 con cui la Sogin sembrerebbe aver proposto la realizzazione di una qualche copertura delle vasche, che serve a fermare l’acqua piovana, tenere lontani volatili e/o altri animali e serve anche ad impedire che un qualche materiale contenuto nel liquido si disperda nell’atmosfera: si dice di dare priorità a questa cosa. Dopo un anno dalla proposta Sogin (e dopo circa 50 anni che esistono le vasche), – ha continuato l’esperto – adesso Ispra scopre che questa cosa è prioritaria; guarda caso solo adesso, col vicino cantiere del D2 aperto da un anno e passa” ha denunciato il tecnico in disaccordo con le scelte aziendali. “Poi Ispra dice di delimitare l’area delle vasche – ha proseguito – dato che sono prossime al transito dei mezzi pesanti. Vorrei capire quale beneficio di sicurezza può venire da un semplice nastro che delimita l’area; per fermare un mezzo pesante che sbagliasse manovra ci vorrebbe un muro di cemento. E poi perché non farlo prima, visto che il vicino grande cantiere del deposito D2 è aperto da più di un anno?”.
“Infine la nota entra nel vivo – ha spiegato il tecnico – quando l’Ispra chiede che siano effettuate delle analisi precise del contenuto del WP719 e che sia messo a punto un piano di trattamento per il liquido in esso contenuto; solo per il WP719. L’Ispra chiede inoltre di essere informata di tutto, risultati e piano di intervento. In altre parole, l’Ispra ammette implicitamente che il liquido dentro il WP719 ha bisogno di un trattamento ‘speciale’. Il problema di cosa sia accaduto – ha concluso il tecnico – e di che cosa possa ancora accadere al pond WP719 è a questo punto prioritario”. Una priorità improrogabile per i vercellesi.
Con le piogge autunnali, una delle aree di stoccaggio potrebbe traboccare. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha lanciato l'allarme, ma la Sogin (la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti) non ha ancora messo in sicurezza l'impianto.
Una situazione al limite dell’emergenza ambientale. E’ questa la condizione in cui versa l’impianto nucleare Eurex di Saluggia, Vercelli. Il settimanale Il Punto ha lanciato l’allarme documentando le incongruenze e le mancanze della Sogin, la società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
Una delle due vasche a cielo aperto (waste ponds) di oltre cinquant’anni che raccoglie le acque, generalmente contaminate o solo potenzialmente contaminate, provenienti dai vari punti dell’impianto nucleare, è al limite della saturazione. Il pond WP719 è quasi pieno e rischia di traboccare tra non molto, quando cominceranno le piogge autunnali. Questo comporterebbe il rischio di sversamento dell’acqua sul piazzale del sito e, successivamente, l’infiltrazione di tale acqua nelle falde sottostanti con rischi ambientali incalcolabili.
Normalmente le acque raccolte nelle due vasche, in una seconda fase del processo, sono scaricate nella vicina Dora Baltea. Un procedimento che, secondo gli esperti, garantisce un’adeguata sicurezza all’ambiente limitrofo attraverso la forte diluizione del materiale radioattivo. Lo scarico nel fiume è consentito solo se il livello della radioattività delle acque contenute nei ponds non supera determinati livelli stabiliti dall’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Conditio sine qua non che, a quanto pare, al momento non è riscontrabile nella vasca WP719. Secondo una nota diramata dall’Ispra stessa, il pond WP719 attualmente è in condizioni di non utilizzo ai fini delle operazioni di scarico. In altre parole, per il momento costituisce una sorta di stoccaggio, a cielo aperto, di materiale liquido pericoloso che non può essere scaricato e diluito.
Secondo alcuni documenti interni della Sogin “il motivo è che il suo contenuto radiologico è in questo momento altissimo, molto superiore ai limiti ammessi; l’elevata concentrazione di radionuclidi molto pericolosi”. Sempre secondo la nota, la concentrazione di radionuclidi sarebbe paragonabile a quella presente, fino a qualche anno fa, nella piscina del combustibile nucleare, ormai fortunatamente vuota.
Ad aumentare il rischio di sversamento incontrollato nelle falde contribuisce la frenetica attività realizzativa che la Sogin sta attuando per la costruzione del contestato deposito D2, quello temporaneo di scorie radioattive che dovrebbe sorgere all’interno del sito Eurex, nelle immediate vicinanze delle due vasche. Una costruzione che, a essere ottimisti, terminerà nel 2014. Il D2 è un’opera in cemento armato con pareti di grosso spessore e le attività di cantiere sono caratterizzate dal frequente traffico di mezzi pesanti, poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall’esterno del sito.
In alcuni periodi sono stati oltre cento i mezzi pesanti che, per scaricare giorno e notte cemento nel cantiere del D2, sono transitati molto vicino alle vasche in questione. Questi mezzi pesanti, ancor oggi, sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi.
Il rischio è stato certificato anche dall’Ispra a seguito di un sopralluogo effettuato lo scorso 10 agosto che ha allarmato non poco gli abitanti del vercellese. L’autorità di controllo ha prescritto alla Sogin alcune azioni immediate da fare: “Delimitare l’area circostante le suddette vasche, atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a cantieri aperti…Procedere ad una completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719“.
“Al di là delle indicazioni dell’Ispra – ha dichiarato un tecnico nucleare della Sogin, che preferisce mantenere l’anonimato – questa è la prova certificata del rischio ambientale che si sta correndo a Saluggia. Nella nota Ispra si parla anche di una lettera della Sogin del 03/10/2011 con cui la Sogin sembrerebbe aver proposto la realizzazione di una qualche copertura delle vasche, che serve a fermare l’acqua piovana, tenere lontani volatili e/o altri animali e serve anche ad impedire che un qualche materiale contenuto nel liquido si disperda nell’atmosfera: si dice di dare priorità a questa cosa. Dopo un anno dalla proposta Sogin (e dopo circa 50 anni che esistono le vasche), – ha continuato l’esperto – adesso Ispra scopre che questa cosa è prioritaria; guarda caso solo adesso, col vicino cantiere del D2 aperto da un anno e passa” ha denunciato il tecnico in disaccordo con le scelte aziendali. “Poi Ispra dice di delimitare l’area delle vasche – ha proseguito – dato che sono prossime al transito dei mezzi pesanti. Vorrei capire quale beneficio di sicurezza può venire da un semplice nastro che delimita l’area; per fermare un mezzo pesante che sbagliasse manovra ci vorrebbe un muro di cemento. E poi perché non farlo prima, visto che il vicino grande cantiere del deposito D2 è aperto da più di un anno?”.
“Infine la nota entra nel vivo – ha spiegato il tecnico – quando l’Ispra chiede che siano effettuate delle analisi precise del contenuto del WP719 e che sia messo a punto un piano di trattamento per il liquido in esso contenuto; solo per il WP719. L’Ispra chiede inoltre di essere informata di tutto, risultati e piano di intervento. In altre parole, l’Ispra ammette implicitamente che il liquido dentro il WP719 ha bisogno di un trattamento ‘speciale’. Il problema di cosa sia accaduto – ha concluso il tecnico – e di che cosa possa ancora accadere al pond WP719 è a questo punto prioritario”. Una priorità improrogabile per i vercellesi.
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