Molto interessante...
Benvenuto
Questo blog nasce per pura curiosità e per qualche insegnamento molto superficiale, la radioattività è un argomento molto complesso e vasto e difficile da capire se non si hanno le basi; questo blog cerca di "insegnare" queste piccole basi molto semplicemente! In oltre, parliamo di notizie recenti e non, riguardanti la radioattività cercando di essere i più concreti e semplici possibili...
Grazie per la visita!
Per qualsiasi cosa non esitate a contattarmi via e-mail all'indirizzo: wingsofwarlivorno@gmail.com
martedì 4 dicembre 2012
giovedì 29 novembre 2012
mercoledì 21 novembre 2012
Contatore a scintillazione
Su un principio totalmente diverso si basa il funzionamento del contatore a scintillazione, inventato solo nel 1947 ma che richiama molto da vicino il primo rivelatore di particelle Alpha, lo spintariscopio di Crookes. Anche in questo caso, infatti, si trasforma l'energia della particella incidente in radiazione luminosa, solo che essa non viene osservata otticamente ma utilizzata per produrre un segnale elettrico ottenendo una sensibilità notevolmente superiore: ciò perché molto spesso le scintillazioni sono troppo deboli per essere percepite ad occhio.
Un contatore a scintillazione è costituito da due elementi, lo scintillatore, nel quale avviene la conversione del quanto Gamma in radiazione luminosa, ed il fotomoltiplicatore.
Il fotomoltiplicatore è costituito da un insieme di elettrodi di forma parabolica disposti sfalsati uno a uno di fronte all'altro e caricati con una tensione positiva progressivamente crescente. Sul primo (fotocatodo) giungono gli impulsi luminosi prodotti nel scintillatore, i quali ne estraggono, per effetto fotoelettrico, degli elettroni. Questi rimbalzano da un elettrodo al successivo per effetto del potenziale crescente e ad ogni urto provocano l'estrazione di altri elettroni in modo che sull'ultimo si raccolga una carica elettronica un milione di volte circa superiore a quella prodotto sul primo elettrodo.
In oltre c'è anche da notare che l'intensità dell'impulso di corrente in uscita è indicativa dell'energia della particella incidente (naturalmente se questa si arresta entro lo scintillatore): infatti la moltiplicazione degli elettroni è rigorosamente proporzionale al numero di fotoelettroni originari e questi a loro volta dipendono dalla luce di scintillazione collegata all'energia assorbita.
Un contatore a scintillazione è costituito da due elementi, lo scintillatore, nel quale avviene la conversione del quanto Gamma in radiazione luminosa, ed il fotomoltiplicatore.
Il fotomoltiplicatore è costituito da un insieme di elettrodi di forma parabolica disposti sfalsati uno a uno di fronte all'altro e caricati con una tensione positiva progressivamente crescente. Sul primo (fotocatodo) giungono gli impulsi luminosi prodotti nel scintillatore, i quali ne estraggono, per effetto fotoelettrico, degli elettroni. Questi rimbalzano da un elettrodo al successivo per effetto del potenziale crescente e ad ogni urto provocano l'estrazione di altri elettroni in modo che sull'ultimo si raccolga una carica elettronica un milione di volte circa superiore a quella prodotto sul primo elettrodo.
In oltre c'è anche da notare che l'intensità dell'impulso di corrente in uscita è indicativa dell'energia della particella incidente (naturalmente se questa si arresta entro lo scintillatore): infatti la moltiplicazione degli elettroni è rigorosamente proporzionale al numero di fotoelettroni originari e questi a loro volta dipendono dalla luce di scintillazione collegata all'energia assorbita.
lunedì 19 novembre 2012
Il contatore Geiger Muller e la sua storia
Il contatore Geiger Muller rappresenta uno degli strumenti di rivelazione delle particelle di uso più comune, sia perché si presta altrettanto bene per le radiazioni Alpha, Beta, Gamma, sia perché esso è sensibile anche a bassi valori di ionizzazione. Infatti il tubo di Geiger-Muller è caratterizzato da un fattore di moltiplicazione molto elevato rispetto all'effetto ionizzante primario, pur non esistendo più proporzionalità con l'ampiezza degli impulsi per cui non è possibile distinguere la natura delle particelle incidenti dalla loro energia.
Si può cioè dire che in questo caso l'amplificazione avviene direttamente entro il tubo, a differenza dalla camera di ionizzazione che richiede invece circuiti esterni.
Il primo tipo di contatore geiger, chiamato a punta, era costituito da un cilindro metallico chiuso ad una estremità da una finestra di mica dalla quale entrava la radiazione. Dalla parte opposta vi era l'elettrodo centrale terminante a punta, isolato dal cilindro e collegato a terra attraverso una resistenza molto elevata;
il cilindro si trovava invece ad un potenziale negativo di circa 1 KV. questa tensione è di un valore per cui, quando una particella entrando produce una ionizzazione del gas interno, si ha una scarica rapida che poi viene ad estinguersi a causa della resistenza elevata posta fra la punta e la terra:
infatti non appena inizia la scarica l'elettrodo centrale è percorso da una corrente che provoca una notevole caduta sulla resistenza e riduce notevolmente la tensione entro il tubo.
Questo tipo di contatore fu però superato, nel 1928, dal tipo a filo che si è rilevato più sensibile del precedente: in esso l'elettrodo centrale è costituito da un filo dello spessore di pochi decimi di millimetro collegato ancora a terra attraverso una resistenza elevata, mentre l'involucro cilindrico si trova ad un elevato potenziale negativo.
Come si è detto, questi contatori funzionano in regime di quasi scarica, ossia si trovano ad un potenziale V' di poco inferiore a quello che darebbe luogo ad una scarica interna.
Quando una particella entra, produce una ionizzazione separando atomi carichi positivamente dai loro elettroni; questi sono accelerati dal campo e si dirigono verso l'elettrodo centrale con una velocità sufficiente a provocare altre ionizzazioni.
Il contatore geiger è stato impiegato ampiamente in ogni settore della fisica, spesso con particolari disposizioni che consentivano di ottenere indicazioni molto precise.
Si può cioè dire che in questo caso l'amplificazione avviene direttamente entro il tubo, a differenza dalla camera di ionizzazione che richiede invece circuiti esterni.
Il primo tipo di contatore geiger, chiamato a punta, era costituito da un cilindro metallico chiuso ad una estremità da una finestra di mica dalla quale entrava la radiazione. Dalla parte opposta vi era l'elettrodo centrale terminante a punta, isolato dal cilindro e collegato a terra attraverso una resistenza molto elevata;
il cilindro si trovava invece ad un potenziale negativo di circa 1 KV. questa tensione è di un valore per cui, quando una particella entrando produce una ionizzazione del gas interno, si ha una scarica rapida che poi viene ad estinguersi a causa della resistenza elevata posta fra la punta e la terra:
infatti non appena inizia la scarica l'elettrodo centrale è percorso da una corrente che provoca una notevole caduta sulla resistenza e riduce notevolmente la tensione entro il tubo.
Questo tipo di contatore fu però superato, nel 1928, dal tipo a filo che si è rilevato più sensibile del precedente: in esso l'elettrodo centrale è costituito da un filo dello spessore di pochi decimi di millimetro collegato ancora a terra attraverso una resistenza elevata, mentre l'involucro cilindrico si trova ad un elevato potenziale negativo.
Come si è detto, questi contatori funzionano in regime di quasi scarica, ossia si trovano ad un potenziale V' di poco inferiore a quello che darebbe luogo ad una scarica interna.
Quando una particella entra, produce una ionizzazione separando atomi carichi positivamente dai loro elettroni; questi sono accelerati dal campo e si dirigono verso l'elettrodo centrale con una velocità sufficiente a provocare altre ionizzazioni.
Il contatore geiger è stato impiegato ampiamente in ogni settore della fisica, spesso con particolari disposizioni che consentivano di ottenere indicazioni molto precise.
venerdì 9 novembre 2012
Completato VT3000
Finalmente dopo un po' di lavoro ho completato il contatore geiger con una bella custodia in legno!
Frontale del contatore geiger
Lato sonda del contatore
Contatore aperto!
In fase di conteggio con il programma avanzato
Frontale del contatore geiger
Lato sonda del contatore
Contatore aperto!
In fase di conteggio con il programma avanzato
mercoledì 7 novembre 2012
Aggiornamento: VT3000
Stamani ho aggiornato il mio contatore geiger VT3000 programmandolo con un programma avanzato suggeritomi da amici del forum http://radioactivity.forumcommunity.net/ .
l'aggiornamento è solo software e l'hardware rimane lo stesso, viene quindi aggiunto:
l'aggiornamento è solo software e l'hardware rimane lo stesso, viene quindi aggiunto:
- la funzione dosimetro;
- la funzione orologio;
- la funzione delle medie temporali ogni 2sec., 20sec., 2min.
- in oltre io ho effettuato una modifica al codice inserendo il nome del contatore e cambiando i livelli di uSv per far accendere i led con meno radiazioni, i led rossi si accendono comunque con elevate radiazioni!
In questo modo sulla prima riga compaiono le medie in uSv/h a 2 secondi, 20 secondi e 2 minuti,
sulla riga inferiore invece appare la dose assorbita (dosimetro) dall'accensione del dispositivo, più a destra un orologio che mostra il tempo trascorso dall'accensione.
Il programma avanzato si trova qui: http://www.timewasters-place.com/timewasters-geiger-counter-a-system-software-for-microcontrollers-to-measure-radiation/
Il programma base si trova qui: http://www.cooking-hacks.com/skin/frontend/default/cooking/images/catalog/documentation/geiger_counter_arduino_radiation_sensor_board/geiger_counter.pde
Per poterli caricare all'interno di Arduino, ricordo, serve un programma apposito scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale di Arduino http://www.arduino.cc/
Il video test del mio contatore
Ecco a voi il video test del mio contatore geiger con programma base fornito da cooking hacks con scheda base Arduino UNO rev.3 e scheda shield della libelium!!!
lunedì 5 novembre 2012
Ebbene si è arrivato
Si... stamani mattina è arrivato il kit per contatore geiger basato su Arduino... FINALMENTE
Il kit è davvero molto piccolo ed economico ed insieme al kit sono venuto in possesso di piccole palline di vetro all'uranio allo 0.2%!
la scheda completa del contatore ovvero quella a destra era già montata dal sito da dove l'ho comprata, invece la scheda Arduino la trovi solo ed esclusivamente già montata e mi dispiace contraddirvi non costa uno sproposito non supera i 50€! Il tubo geiger è un J305 BY.
Una cosa c'è da dirla sono rimasto davvero molto male per la dimensione della scheda Arduino, è davvero molto piccola! sta in un palmo di mano...
Ebbene si, sono radioattive !!!!
Ho montato il tutto ed ho istallato Arduino sul pc e successivamente l'ho programmato con il codice di programmazione, fornito dal sito dove ho acquistato il geiger, dopo aver fatto delle piccole verifiche di conteggio delle radiazioni di fondo sono passato a misurare la radioattività delle palline che ho comprato...
Ecco un ingrandimento della scheda di conteggio con sotto Arduino, LCD mostra i conteggi per minuti (CPM) e sotto i MicroSivert (uSV)
questo geiger è fornito di 5 led 3 verdi e 2 rossi per una indicazione visiva a varii livelli di radioattività, un buzzer per una rivelazione uditiva e il nostro LCD che mostra i valori misurati!
Questo geiger è molto sensibile e vi possono essere collegate varii tipi di tubi come la LND712 o la SBM20 oltre a quella da me in uso!
Il kit è davvero molto piccolo ed economico ed insieme al kit sono venuto in possesso di piccole palline di vetro all'uranio allo 0.2%!
la scheda completa del contatore ovvero quella a destra era già montata dal sito da dove l'ho comprata, invece la scheda Arduino la trovi solo ed esclusivamente già montata e mi dispiace contraddirvi non costa uno sproposito non supera i 50€! Il tubo geiger è un J305 BY.
Una cosa c'è da dirla sono rimasto davvero molto male per la dimensione della scheda Arduino, è davvero molto piccola! sta in un palmo di mano...
Ebbene si, sono radioattive !!!!
Ho montato il tutto ed ho istallato Arduino sul pc e successivamente l'ho programmato con il codice di programmazione, fornito dal sito dove ho acquistato il geiger, dopo aver fatto delle piccole verifiche di conteggio delle radiazioni di fondo sono passato a misurare la radioattività delle palline che ho comprato...
Ecco un ingrandimento della scheda di conteggio con sotto Arduino, LCD mostra i conteggi per minuti (CPM) e sotto i MicroSivert (uSV)
questo geiger è fornito di 5 led 3 verdi e 2 rossi per una indicazione visiva a varii livelli di radioattività, un buzzer per una rivelazione uditiva e il nostro LCD che mostra i valori misurati!
Questo geiger è molto sensibile e vi possono essere collegate varii tipi di tubi come la LND712 o la SBM20 oltre a quella da me in uso!
Funzionamento del contatore Geiger
Il contatore Geiger è una camera a deriva utilizzata nel limite in cui la tensione satura (ovvero in modo che la tensione prodotta dal passaggio della particella ionizzante non dipenda dall'energia rilasciata da questa - e quindi dal numero delle coppie ione-ione prodotte -).
Infatti, quando una radiazione attraversa il tubo e colpisce una delle molecole del gas, la ionizza, creando una coppia ione-elettrone. Ma in questi dispositivi la carica raccolta è indipendente dalla ionizzazione primaria: come nelle altre camere a deriva, gli ioni primari vengono accelerati a sufficienza da creare ionizzazioni secondarie, urtando con le altre molecole di gas; ma la peculiarita' del contatore geiger è che il campo elettrico è talmente intenso che anche le ionizzazioni secondarie creano a loro volta ulteriori ionizzazioni. Questo processo è detto moltiplicazione a valanga.
L'impulso elettrico risultante sarà testimone dell'avvenuto contatto con una radiazione ionizzante, e sarà contato da un circuito elettronico (i famosi “click” che si sentono). A seconda del numero di conteggi fatti in un'unità di tempo, riusciamo a capire se siamo in presenza di una sorgente radioattiva, e la sua pericolosità.
Si ricorda che il contatore Geiger non effettua una misura operativa della grandezza esposizione/kerma in aria, ma si limita a mettere in relazione il numero di conteggi con la grandezza dosimetrica. Per questo la sensibilità dello strumento varia significativamente al variare dell'energia della radiazione incidente. L'effetto negativo del tempo morto può esser corretto compensando la risposta via software. È possibile fare ciò solo se è nota la larghezza d'impulso del segnale. Viste le sue ridotte dimensioni, può essere usato anche per dosimetria personale.
La dinamica di questi rivelatori è abbastanza ridotta, a causa del tempo morto durante il quale avviene un conteggio (ordine dei millisecondi).
giovedì 1 novembre 2012
Parliamo del Torio
Il torio è l'elemento chimico di numero atomico 90. Il suo simbolo è Th.
Caratteristiche:
Il torio è un metallo reperibile in natura, debolmente radioattivo. In natura si trova solo come Torio 232, il suo isotopo più stabile, che decade con α. Se puro e in forma metallica, è di colore bianco argenteo che si mantiene lucido per molti mesi; però se viene contaminato con il suo ossido si annerisce lentamente all'aria diventando prima grigio e poi nero. L'ossido di torio (ThO2), detto anche toria, ha uno dei più alti punti di fusione di tutti gli ossidi (3300 °C). Quando vengono scaldati all'aria, i trucioli metallici di torio prendono fuoco e bruciano con una brillante luce bianca.
Disponibilità:
Il torio si trova in piccole quantità nella maggior parte delle rocce e dei suoli, dove è circa dieci volte più abbondante dell'uranio, ed è circa comune quanto il piombo. Il terreno contiene di solito una media di sei ppm di torio; tale elemento si rinviene anche in molti minerali di cui il più comune è la monazite, formata da fosfato di torio e terre rare, che contiene fino al 12% di ossido di torio e di cui esistono depositi consistenti in vari paesi. L'isotopo torio-232 decade molto lentamente (la sua emivita è circa tre volte l'età attuale della terra), ma la maggior parte degli altri isotopi di torio fanno parte della catena di decadimento del torio e dell'uranio, e sono molto più radioattivi: tuttavia la loro frazione rispetto all'isotopo "stabile" è trascurabile.
Utilizzato come combustibile nucleare:
Il torio, come l'uranio, può essere usato come combustibile in un reattore nucleare: anche se di per sé non è fissile, il torio-232 (232Th) assorbe neutroni termici trasmutandosi in uranio-233 (233U), che invece lo è. Perciò il torio viene considerato fertile, come l'uranio-238 (238U).
Isotopi:
In natura il torio si presenta con un unico isotopo, 232Th, che è il più stabile dei 25 isotopi conosciuti, la cui massa atomica è compresa tra 212 e 236.
232Th ha un'emivita di oltre 14 miliardi di anni, seguono in ordine di stabilità decrescente 230Th (75380 anni), 229Th (7340 anni) e 228Th (1,92 anni). Tutti gli altri rimanenti isotopi hanno emivite comprese tra i 30 mesi e 25 ore. Del torio è noto anche un metastato.
Precauzioni:
Il torio metallico polverizzato si incendia molto facilmente e deve essere maneggiato con cautela. La disintegrazione di isotopi instabili del torio produce un isotopo del radon (220Rn): il gas Radon è radioattivo e pericoloso per la salute. Perciò è fondamentale che i locali in cui è immagazzinato del torio siano ben ventilati.
L'esposizione al torio in aria può portare ad un aumento del rischio di cancro ai polmoni, al pancreas, ai reni e al sangue. L'ingestione di torio provoca danni al fegato. Il torio non ha ruoli biologici noti.
lunedì 29 ottobre 2012
COME SOPRAVVIVERE AD UN ATTACCO O AD UN DISASTRO NUCLEARE
le regole base di sopravvivenza per sopravvivere alla radioattività.Alcune di queste informazioni potrebbero tornare molto utili anche nel caso in cui una centrale nucleare, a causa di un grave incidente, rilasci radioattività nell'aria.
I RIFUGI ANTIATOMICI:
Un rifugio sicuro deve essere costruito sotto terra e deve avere un affidabile sistema di ossigenazione che impedisca all'aria contaminata di entrare nel sistema di aereazione. L'involucro è quasi sempre in cemento armato con pareti molto spesse e gli interni sono rivestiti da particolari materiali isolanti.
Piombo e acciaio sono largamente usati per la costruzione di rifugi antiatomici per la loro alta protezione dalla radioattività.
L'entrata del bunker solitamente è composta da una botola corazzata e una scala che porta al rifugio, per entrare nel cuore del bunker si passa dalla stanza di decontaminazione e di solito da due portoni molti spessi a tenuta stagna e a chiusura ermetica.
All'interno del rifugio ci deve essere acqua potabile, cibo, energia elettrica e servizi igienici.
La grande richiesta da parte della popolazione ha fatto nascere ditte specializzate nella costruzione di rifugi antiatomici prefabbricati. La Svizzera risulta essere molto organizzata in questo settore in quanto una legge obbliga ogni cittadino a costruirsi un rifugio sotto casa con solai spessi 40 cm e muri spessi 30 cm, con un autosufficienza di cibo, acqua e aria di almeno sei mesi. Per i palazzi esistono i bunker condominali.
I RIFUGI IMPROVVISATI:
Rifugi antiatomici improvvisati possono essere le condotte sotterranee della metropolitana, tunnel autostradali e ferroviari di una certa lunghezza, grotte, miniere, fogne ecc...
Dopo l'esplosione di una bomba nucleare bisogna raggiungere velocemente un rifugio prima che cominci la ricaduta radioattiva, cioè entro mezz'ora dal lampo nel cielo.
Se non si riesce a trovare un rifugio sottoterra o in un bunker, optare per qualsiasi luogo sia al di sotto del metro e settanta dal livello della superficie.
Potete rifugiarvi anche in un fosso o potete scavare una buca; all'interno stare rigorosamente sdraiati a faccia in giù coprendosi bocca e naso con un panno o con la maglietta. In questo modo si eviterà l'onda termica, l'onda d'urto e la radioattività diretta.
Prima della ricaduta radioattiva coprire la buca o cambiare riparo.
Se esiste la probabilità che la propria città possa essere vittima di un attacco atomico, e non si riesce ad abbandonarla, improvvisare un rifugio in una cantina o in un qualsiasi spazio al di sotto del livello del terreno rinforzando i muri con lastre di acciaio o sacchi di terra, sigillando eventuali aperture con calcestruzzo.
PROTEGGERSI DAL FALLOUT:
La ricaduta radioattiva più pericolosa è quella del primo giorno dall'esplosione, poi comincia a diminuire a seconda della potenza del ordigno esploso e dalla distanza in cui ci si trova dall'ipocentro.
E' utile sapere quando il periodo radioattivo termina in modo da tale da poter lasciare i propri rifugi.
Quando la radioattività si abbassa a un livello tale che il suo assorbimento ci permette di sopravvivere è possibile uscire all'aria aperta.
Si può usare la regola del 7/10, cioè dopo 7 ore la radioattività è di 1/10 di quella che si ha un'ora dopo l'esplosione, quindi dopo 49 ore sarà di 1/100, dopo 343 ore di 1/1000 è così via...
7X7= 49 (2 giorni) 1/100= 1/10 X 1/10
7X7X7=343 (14 giorni) 1/1000= 1/10 X 1/10 X 1/10
Esempio:
Dopo 1 ora: 1000Rad o 10 Gray
Dopo 2 ore: 400Rad o 4Gy
Dopo 7 ore: 100Rad o 1Gy
Dopo 48 ore: 10Rad o 0.1Gy
venerdì 26 ottobre 2012
Chernobyl, a 26 anni dal disastro un nuovo arco di 150 metri coprirà la centrale
I lavori partiranno nel giorno dell'anniversario della tragedia nucleare del 1986. L’impianto sarà presto sormontato da una mega-struttura d’acciaio destinata a coprire ciò che rimane della vecchia installazione sovietica. Uno smantellamento che riguarda anche il vecchio sarcofago deteriorato da buchi e crepe da rischiare il collasso su se stesso.
Cent’anni: tanto ci vorrà per smantellare, in sicurezza, la centrale nucleare di Chernobyl a 26 anni dal disastro del 26 aprile 1986. L’impianto sarà presto sormontato da un colossale arco d’acciaio, alto più di cento metri e lungo 150: è la megastruttura destinata a coprire ciò che rimane della vecchia installazione atomica sovietica. decommissioning che riguarda anche il vecchio sarcofago. Che, costruito frettolosamente e senza nemmeno una bullonatura di sostegno nei mesi dopo l’incidente, è così deteriorato da buchi e crepe da rischiare il collasso su se stesso. Una bomba a orologeria, viste le enormi quantità di radioattività ancora presenti nelle rovine dell’impianto, da disinnescare al più presto. I lavori partiranno domani, 26 aprile, ventiseiesimo anniversario del disastro nucleare. Ma il primo lotto di acciaio da 150 tonnellate, proveniente via treno dall’Italia, è già stato consegnato nelle scorse settimane.
Sono stati necessari dieci anni di valutazioni per superare i mille dubbi tecnici o legati alla mancanza di fondi, ma finalmente si parte. L’enorme arco di acciaio per isolare dall’ambiente circostante la bomba radioattiva di Chernobyl si farà. Un’opera da quasi ottocento milioni di dollari, donati da 29 diversi Paesi riuniti nel Chernobyl shelter fund: il gigantesco “tappo” peserà più di ventimila tonnellate e coprirà la centrale fino a ben 257 metri oltre gli edifici dell’impianto, evitando le pericolosissime infiltrazioni d’acqua piovana. Un’altra soluzione “temporanea”, dicono gli esperti, ma necessaria: le condizioni critiche dell’attuale sarcofago potrebbero infatti far fuoriuscire il restante 95% della radioattività, ancora intrappolata dentro il reattore.
Per ridurre i rischi di contaminazione per gli operai e gli ingegneri del cantiere (impiegati nel minor numero possibile), il maxi-coperchio verrà costruito altrove, trasportato in Ucraina sia su gomma che su ferro ed assemblato a trecento metri dal disastrato reattore numero 4. Una volta montato, verrà applicato sopra l’attuale copertura, facendolo scorrere su enormi rotaie costruite appositamente. Fatto ciò, nell’arco del prossimo secolo si procederà in remoto allo smantellamento sia dell’attuale sarcofago che della centrale stessa. Un lavoro enorme ed estremamente complesso che, secondo le previsioni del consorzio francese Novarka, progettista e costruttore dell’opera, si concluderà entro il primo semestre del 2015.
Questa mega-cupola è un estremo tentativo di sanare la grave ferita nucleare ancora aperta nel cuore d’Europa, e darà più tempo al governo ucraino di trovare un deposito permanente per le 200 tonnellate di uranio e la tonnellata di plutonio ancora contenute all’interno della centrale. Quantità enormi: basti pensare che un solo chilogrammo di plutonio, se inalato, è potenzialmente in grado di uccidere 10 milioni di persone.
“L’incidente di Chernobyl è diverso da Fukushima non solo per la quantità di materiale radioattivo fuoriuscita nell’ambiente (10 volte di più), ma anche perché la parte più pericolosa, il combustibile, è sostanzialmente rimasta sul posto”, ricorda il professor Marco Enrico Ricotti, docente del Politecnico di Milano e membro dell’American nuclear society: “Per Chernobyl non ci sono molte alternative: non è ragionevole pensare di andare a prendere il combustibile fuso per spostarlo da altre parti (in teoria si potrebbe fare, ma con robot e a costi e tempi notevoli), quindi si tratta di realizzare un edificio di contenimento sul posto”.
Un nuovo sarcofago, insomma, che costruito in acciaio invece che solamente in cemento armato può essere montato più facilmente, ma soprattutto “garantire durata, tenuta e schermatura” superiori a quelle attuali. “La soluzione più efficace dal punto di vista dei costi-benefici-sicurezza è quella di portare e costruire un sostanziale ‘schermo’ per le radiazioni e per evitare la diffusione e il contatto con l’ambiente dei materiali radioattivi”, aggiunge l’ingegnere nucleare: “Per le altre zone radioattive si tratta di gestire la costruzione con le dovute accortezze radiologiche: tempi di permanenza e protezioni per gli operatori”.
Inoltre, questa mega-struttura, non sostituendo l’attuale sarcofago, ma integrandolo, “difficilmente diventerà materiale radioattivo – conclude Ricotti – quindi in linea di principio potrebbe essere decontaminata nel caso in cui, fra parecchi decenni, si volesse smantellare il tutto”.
Cent’anni: tanto ci vorrà per smantellare, in sicurezza, la centrale nucleare di Chernobyl a 26 anni dal disastro del 26 aprile 1986. L’impianto sarà presto sormontato da un colossale arco d’acciaio, alto più di cento metri e lungo 150: è la megastruttura destinata a coprire ciò che rimane della vecchia installazione atomica sovietica. decommissioning che riguarda anche il vecchio sarcofago. Che, costruito frettolosamente e senza nemmeno una bullonatura di sostegno nei mesi dopo l’incidente, è così deteriorato da buchi e crepe da rischiare il collasso su se stesso. Una bomba a orologeria, viste le enormi quantità di radioattività ancora presenti nelle rovine dell’impianto, da disinnescare al più presto. I lavori partiranno domani, 26 aprile, ventiseiesimo anniversario del disastro nucleare. Ma il primo lotto di acciaio da 150 tonnellate, proveniente via treno dall’Italia, è già stato consegnato nelle scorse settimane.
Sono stati necessari dieci anni di valutazioni per superare i mille dubbi tecnici o legati alla mancanza di fondi, ma finalmente si parte. L’enorme arco di acciaio per isolare dall’ambiente circostante la bomba radioattiva di Chernobyl si farà. Un’opera da quasi ottocento milioni di dollari, donati da 29 diversi Paesi riuniti nel Chernobyl shelter fund: il gigantesco “tappo” peserà più di ventimila tonnellate e coprirà la centrale fino a ben 257 metri oltre gli edifici dell’impianto, evitando le pericolosissime infiltrazioni d’acqua piovana. Un’altra soluzione “temporanea”, dicono gli esperti, ma necessaria: le condizioni critiche dell’attuale sarcofago potrebbero infatti far fuoriuscire il restante 95% della radioattività, ancora intrappolata dentro il reattore.
Per ridurre i rischi di contaminazione per gli operai e gli ingegneri del cantiere (impiegati nel minor numero possibile), il maxi-coperchio verrà costruito altrove, trasportato in Ucraina sia su gomma che su ferro ed assemblato a trecento metri dal disastrato reattore numero 4. Una volta montato, verrà applicato sopra l’attuale copertura, facendolo scorrere su enormi rotaie costruite appositamente. Fatto ciò, nell’arco del prossimo secolo si procederà in remoto allo smantellamento sia dell’attuale sarcofago che della centrale stessa. Un lavoro enorme ed estremamente complesso che, secondo le previsioni del consorzio francese Novarka, progettista e costruttore dell’opera, si concluderà entro il primo semestre del 2015.
Questa mega-cupola è un estremo tentativo di sanare la grave ferita nucleare ancora aperta nel cuore d’Europa, e darà più tempo al governo ucraino di trovare un deposito permanente per le 200 tonnellate di uranio e la tonnellata di plutonio ancora contenute all’interno della centrale. Quantità enormi: basti pensare che un solo chilogrammo di plutonio, se inalato, è potenzialmente in grado di uccidere 10 milioni di persone.
“L’incidente di Chernobyl è diverso da Fukushima non solo per la quantità di materiale radioattivo fuoriuscita nell’ambiente (10 volte di più), ma anche perché la parte più pericolosa, il combustibile, è sostanzialmente rimasta sul posto”, ricorda il professor Marco Enrico Ricotti, docente del Politecnico di Milano e membro dell’American nuclear society: “Per Chernobyl non ci sono molte alternative: non è ragionevole pensare di andare a prendere il combustibile fuso per spostarlo da altre parti (in teoria si potrebbe fare, ma con robot e a costi e tempi notevoli), quindi si tratta di realizzare un edificio di contenimento sul posto”.
Un nuovo sarcofago, insomma, che costruito in acciaio invece che solamente in cemento armato può essere montato più facilmente, ma soprattutto “garantire durata, tenuta e schermatura” superiori a quelle attuali. “La soluzione più efficace dal punto di vista dei costi-benefici-sicurezza è quella di portare e costruire un sostanziale ‘schermo’ per le radiazioni e per evitare la diffusione e il contatto con l’ambiente dei materiali radioattivi”, aggiunge l’ingegnere nucleare: “Per le altre zone radioattive si tratta di gestire la costruzione con le dovute accortezze radiologiche: tempi di permanenza e protezioni per gli operatori”.
Inoltre, questa mega-struttura, non sostituendo l’attuale sarcofago, ma integrandolo, “difficilmente diventerà materiale radioattivo – conclude Ricotti – quindi in linea di principio potrebbe essere decontaminata nel caso in cui, fra parecchi decenni, si volesse smantellare il tutto”.
martedì 23 ottobre 2012
L'unità di misura Sievert
Il sievert (simbolo Sv), il cui nome deriva da quello dello scienziato svedese Rolf Sievert, è l'unità di misura della dose equivalente di radiazione nel Sistema Internazionale ed è una misura degli effetti e del danno provocato dalla radiazione su un organismo. La dose equivalente ha le stesse dimensioni della dose assorbita, ovvero energia per unità di massa. Nel Sistema Internazionale si ha:

Come per tutte le unità di misura del Sistema internazionale, i sottomultipli sono il millisievert (mSv, 1 Sv = 1000 mSv) ed il microsievert (μSv, 1 mSv = 1000 µSv). Il sievert ha sostituito l'unità tradizionale, il rem (1 Sv = 100 rem).
Per dare un'idea del valore di un sievert, si tenga presente che (in Italia) la dose media assorbita in un anno per esposizione alla sola radioattività naturale viene calcolata in circa 3 millisievert. Una radiografia al torace comporta per il paziente una dose di circa 0,02 mSv, mentre una radiografia ordinaria all'addome o una mammografia comportano dosi comunque inferiori a 1 mSv (0,4-0,7 mSv). Una TAC addominale 8 mSv, invece per una PET o una scintigrafia si va dai 10 ai 20 millisievert. In radioterapia si forniscono invece dosi molto più massicce di radiazioni: per trattamenti curativi sono dell'ordine delle decine di Sievert, ma concentrate limitatamente ed esclusivamente sul tumore da distruggere. Ad esempio per CA alla gola vengono somministrati 2 Gray a seduta per 30 sedute. In totale 60 Gray circa pari a 60 Sievert.
Come per tutte le unità di misura del Sistema internazionale, i sottomultipli sono il millisievert (mSv, 1 Sv = 1000 mSv) ed il microsievert (μSv, 1 mSv = 1000 µSv). Il sievert ha sostituito l'unità tradizionale, il rem (1 Sv = 100 rem).
Per dare un'idea del valore di un sievert, si tenga presente che (in Italia) la dose media assorbita in un anno per esposizione alla sola radioattività naturale viene calcolata in circa 3 millisievert. Una radiografia al torace comporta per il paziente una dose di circa 0,02 mSv, mentre una radiografia ordinaria all'addome o una mammografia comportano dosi comunque inferiori a 1 mSv (0,4-0,7 mSv). Una TAC addominale 8 mSv, invece per una PET o una scintigrafia si va dai 10 ai 20 millisievert. In radioterapia si forniscono invece dosi molto più massicce di radiazioni: per trattamenti curativi sono dell'ordine delle decine di Sievert, ma concentrate limitatamente ed esclusivamente sul tumore da distruggere. Ad esempio per CA alla gola vengono somministrati 2 Gray a seduta per 30 sedute. In totale 60 Gray circa pari a 60 Sievert.
Il fondo naturale e i decadimenti Alfa, Beta e Gamma
IL FONDO NATURALE
Il fondo di radioattività naturale è il fondo naturale di radiazioni ionizzanti dovuto a cause naturali e che è possibile rilevare ovunque sulla Terra. Il fondo di radioattività naturale è di origine sia terrestre (dovuto a isotopi radioattivi di elementi naturali contenuti nella crosta terrestre), sia extraterrestre (i raggi cosmici).
La media mondiale della dose equivalente di radioattività assorbita da un essere umano e dovuta al fondo naturale è di 2,4 millisievert (mSv) per anno. Questo valore deve costituire il riferimento per stimare eventuali valutazioni di rischio radioprotezionistico. Tuttavia il livello naturale del fondo naturale di radioattività varia significativamente da luogo a luogo. In Italia ad esempio la dose equivalente media valutata per la popolazione è di 3,4 mSv/anno, ma varia notevolmente da regione a regione. Ci sono aree geografiche dove il fondo naturale è significativamente più alto della media mondiale.
IL DECADIMENTO ALFA
In fisica nucleare il decadimento alfa è un tipo di decadimento radioattivo ovvero un processo per cui atomi instabili (e dunque radioattivi) si trasformano (trasmutano) in atomi di un altro elemento a numero atomico inferiore, che possono a loro volta essere radioattivi continuando a decadere oppure stabilizzarsi. Il processo è accompagnato dall'emissione di radiazioni ionizzanti.
IL DECADIMENTO BETA
In fisica nucleare il decadimento β è un tipo di decadimento radioattivo ovvero uno dei processi o reazioni nucleari spontanee attraverso le quali nuclidi instabili (e dunque radioattivi) si trasformano in altri nuclidi di elementi chimici a numero atomico diverso, che possono a loro volta essere radioattivi (continuando a decadere) oppure stabili, con emissione di altre particelle subatomiche ionizzanti secondo il principio di conservazione della massa/energia. Nel processo sono coinvolte le cosiddette forze nucleari deboli
I RAGGI GAMMA
In fisica nucleare i raggi gamma (spesso indicati con la lettera greca minuscola gamma, γ) sono una forma di radiazione elettromagnetica, appartenente allo spettro elettromagnetico, prodotta dal cosiddetto decadimento gamma o da processi nucleari o subatomici consistenti dunque nell'emissione di fotoni ad alta energia.
I raggi gamma sono più penetranti della radiazione particellare prodotta dalle altre forme di decadimento, ovvero decadimento alfa e decadimento beta, a causa della minor tendenza ad interagire con la materia essendo essi fotoni, ma sono meno ionizzanti.
I raggi gamma si distinguono dai raggi X per la loro origine: i gamma sono prodotti da transizioni nucleari o comunque subatomiche, mentre gli X sono prodotti da transizioni energetiche dovute ad elettroni in rapido spostamento sui loro livelli energetici quantizzati. Poiché è possibile per alcune transizioni elettroniche superare le energie di alcune transizioni nucleari, i raggi X più energetici si sovrappongono ai raggi gamma più deboli.
Uno schermo per raggi γ richiede una massa notevole. Per ridurre del 50% l'intensità di un raggio gamma occorrono 1 cm di piombo, 6 cm di cemento o 9 cm di materiale pressato.
Nonostante i raggi gamma siano meno ionizzanti degli alfa e beta, occorrono quindi schermi più spessi per la protezione degli esseri umani. I raggi gamma producono effetti simili a quelli dei raggi X come ustioni, forme di cancro e mutazioni genetiche.
mercoledì 17 ottobre 2012
E' giunto il momento di Arduino
Ebbene si anche io tra poco mi farò un contatore geiger con Arduino cosi da poter registrare un'po' di radiazioni dato che il mio SV500 è inadeguato per la misurazione di fondo naturale...
http://www.cooking-hacks.com/index.php/documentation/tutorials/geiger-counter-arduino-radiation-sensor-board
la scheda geiger può essere utilizzata con diverse sonde Geiger questo grazie ad una differente alimentazione ottenibile dalla HV in oltre è predisposto di un display dove mostrerà i conteggi, di un cicalino per sentire il classico rumore dei geiger e di 3 led uno verde 2 rossi x i livelli di radioattività (bassi-medi-alti). collegabile al pc tramite USB dove può essere riprogrammato facilmente senza l'utilizzo di adattatori costosissimi!!!
Cosi anche io adesso potrò finalmente registrare la radioattività di fondo e su oggetti cosi da controllarli!!
Grazie ad Arduino che è un micro-controllore, questo è possibile per pochi euro in confronto al costo di contatori geiger sensibili e robusti, Arduino non è difficile da programmare e molti data-sheet sono presenti sulla rete di pubblico dominio. Sperò di postare qualche foto tra un'po' di tempo!!
http://www.cooking-hacks.com/index.php/documentation/tutorials/geiger-counter-arduino-radiation-sensor-board
la scheda geiger può essere utilizzata con diverse sonde Geiger questo grazie ad una differente alimentazione ottenibile dalla HV in oltre è predisposto di un display dove mostrerà i conteggi, di un cicalino per sentire il classico rumore dei geiger e di 3 led uno verde 2 rossi x i livelli di radioattività (bassi-medi-alti). collegabile al pc tramite USB dove può essere riprogrammato facilmente senza l'utilizzo di adattatori costosissimi!!!
Cosi anche io adesso potrò finalmente registrare la radioattività di fondo e su oggetti cosi da controllarli!!
Grazie ad Arduino che è un micro-controllore, questo è possibile per pochi euro in confronto al costo di contatori geiger sensibili e robusti, Arduino non è difficile da programmare e molti data-sheet sono presenti sulla rete di pubblico dominio. Sperò di postare qualche foto tra un'po' di tempo!!
martedì 16 ottobre 2012
Intanto a Caorso
Quando ho visto questo video non volevo crederci e invece è vero... ascoltate cosa dice questo giornalista... è tutto vero, purtroppo...
Ragazzi ricordo che Caorso è in italia, è una centrale nucleare chiusa, ma come sappiamo tutti l'uranio non dorme mai e deve essere monitorato 24h/24h perchè la reazione non si ferma mai....
Ragazzi ricordo che Caorso è in italia, è una centrale nucleare chiusa, ma come sappiamo tutti l'uranio non dorme mai e deve essere monitorato 24h/24h perchè la reazione non si ferma mai....
Il disastro di Chernobyl nuovo video
Ecco un'altro video sul disastro di Chernobyl molto più completo di quello postato tempo fa...
Il video parla da solo, con il grande Piero Angela che descrive il fatto accaduto, che per noi è andato a chernobyl di persona 20 anni dopo il disastro!
Il video parla da solo, con il grande Piero Angela che descrive il fatto accaduto, che per noi è andato a chernobyl di persona 20 anni dopo il disastro!
giovedì 11 ottobre 2012
Parliamo del trizio
Il trizio (simbolo 3H o T, detto anche idrogeno-3) è un isotopo radioattivo (radionuclide) dell'idrogeno con un nucleo formato da un protone e due neutroni. In condizioni standard di pressione e temperatura il trizio forma un gas di molecole biatomiche (T2).
Essendo radioattivo, il trizio decade emettendo elettroni (β−) in elio-3:
con un'energia massima dell'elettrone Emax= 18,6 keV ed un tempo di dimezzamento pari a 12,33 anni.
Utilizzi:
Il trizio, insieme al deuterio, viene usato per realizzare la fusione nucleare sfruttando la reazione
che risulta essere particolarmente adatta allo scopo grazie all'alta sezione d'urto ed alla notevole energia generata dalla singola reazione.
Il trizio forma il composto T2O chiamato comunemente acqua superpesante. Questo composto è difficile da separare ed è altamente instabile. Il trizio viene anche utilizzato come tracciante radioattivo per studi di cinetica chimica. il trizio se eccitato con fosforo viene usato per attuali orologi radioluminescenti, in questa applicazione il trizio è sigillato da borosilicati per minimizzare le radiazioni
In ambito militare è utilizzato tramite tracciante per permettere una buona illuminazione notturna del mirino ACOG, senza l'utilizzo di batterie o illuminazioni esterne.
domenica 7 ottobre 2012
Il gas Radon
-CARATTERISTICHE PRINCIPALI-
Il radon è un elemento chimicamente inerte (in quanto gas nobile), naturalmente radioattivo. A temperatura e pressione standard il radon è inodore e incolore. Nonostante sia un gas nobile alcuni esperimenti indicano che il fluoro può reagire col radon e formare il fluoruro di radon. Il radon è solubile in acqua e poiché la sua concentrazione in atmosfera è in genere estremamente bassa, l'acqua naturale di superficie a contatto con l'atmosfera (sorgenti, fiumi, laghi...) lo rilascia in continuazione per volatilizzazione anche se generalmente in quantità molto limitate. D'altra parte, l'acqua profonda delle falde, può presentare una elevata concentrazione di 222Rn rispetto alle acque superficiali.
-RADON e SALUTE-
Poiché il radon è un gas radioattivo, può risultare cancerogeno se inalato, in quanto emettitore di particelle alfa. La principale fonte di questo gas risulta essere il terreno (altre fonti possono essere in misura minore i materiali di costruzione, specialmente se di origine vulcanica come il tufo o i graniti e l'acqua), dal quale fuoriesce e si disperde nell'ambiente, accumulandosi in locali chiusi ove diventa pericoloso. Si stima che sia la
seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta, ed alcuni studi evidenziano sinergie fra le due cause.L'isotopo più significativo per la dose dell'uomo è il Radon 222, che ha un tempo di dimezzamento di 3.82 giorni. Esso deriva, per decadimento alfa, dalla catena di decadimento dell'Uranio 238 e del Radio 226.Il radon, in generale, ha una grande volatilità e inerzia chimica: per cui, difficilmente reagisce con altri elementi, e tende a risalire in superficie.Il radon e i suoi discendenti nella catena di decadimento a loro volta
emettono particelle alfa e un'elevata densità di radiazioni ionizzanti. I livelli di guardia sono 150 Bq/m3, corrispondenti a circa 4 pCi/l.Più alta è la concentrazione nell'ambiente più alto è il rischio di contrarre il tumore. Un metodo immediato per proteggersi dall'accumulo di questo gas è l'aerazione degli ambienti, soprattutto nei casi in cui questi siano interrati o a contatto diretto col terreno. Questa tecnica risulta spesso però insufficiente o inefficace e, specialmente nei mesi invernali dispendiosa in termini di riscaldamento dei locali. La prima cosa da fare, nei casi in cui si sappia di essere in una zona a rischio, è di effettuare delle misurazioni di concentrazione presso la propria abitazione atte a determinare se questo problema esiste veramente. Infatti non è sufficiente sapere che edifici vicini al nostro sono contaminati da radon poiché
l'emissione di questo gas dipende da numerosissimi fattori, difficilmente determinabili a priori.
-LA MISURAZIONE-
Gli strumenti di misura vanno posizionati preferibilmente nei locali dove si soggiorna più a lungo (tipicamente le camere da letto o il soggiorno). Poiché la concentrazione di radon varia sia in funzione della distanza dal terreno, sia nel corso della giornata e con il variare delle stagioni, si utilizzano generalmente dei cosiddetti rivelatori passivi che forniscono dei valori medi in un periodo di tempo sufficientemente lungo (dai tre ai sei mesi). Inoltre, poiché specialmente nel periodo invernale l'abitazione aspira aria - che potrebbe essere ricca di radon - dal sottosuolo per differenza di pressione tra l'interno e l'esterno (effetto camino) e si ha una minore aerazione, è preferibile effettuare le misurazioni in questa stagione.
Il radon è un elemento chimicamente inerte (in quanto gas nobile), naturalmente radioattivo. A temperatura e pressione standard il radon è inodore e incolore. Nonostante sia un gas nobile alcuni esperimenti indicano che il fluoro può reagire col radon e formare il fluoruro di radon. Il radon è solubile in acqua e poiché la sua concentrazione in atmosfera è in genere estremamente bassa, l'acqua naturale di superficie a contatto con l'atmosfera (sorgenti, fiumi, laghi...) lo rilascia in continuazione per volatilizzazione anche se generalmente in quantità molto limitate. D'altra parte, l'acqua profonda delle falde, può presentare una elevata concentrazione di 222Rn rispetto alle acque superficiali.
-RADON e SALUTE-
Poiché il radon è un gas radioattivo, può risultare cancerogeno se inalato, in quanto emettitore di particelle alfa. La principale fonte di questo gas risulta essere il terreno (altre fonti possono essere in misura minore i materiali di costruzione, specialmente se di origine vulcanica come il tufo o i graniti e l'acqua), dal quale fuoriesce e si disperde nell'ambiente, accumulandosi in locali chiusi ove diventa pericoloso. Si stima che sia la
seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta, ed alcuni studi evidenziano sinergie fra le due cause.L'isotopo più significativo per la dose dell'uomo è il Radon 222, che ha un tempo di dimezzamento di 3.82 giorni. Esso deriva, per decadimento alfa, dalla catena di decadimento dell'Uranio 238 e del Radio 226.Il radon, in generale, ha una grande volatilità e inerzia chimica: per cui, difficilmente reagisce con altri elementi, e tende a risalire in superficie.Il radon e i suoi discendenti nella catena di decadimento a loro volta
emettono particelle alfa e un'elevata densità di radiazioni ionizzanti. I livelli di guardia sono 150 Bq/m3, corrispondenti a circa 4 pCi/l.Più alta è la concentrazione nell'ambiente più alto è il rischio di contrarre il tumore. Un metodo immediato per proteggersi dall'accumulo di questo gas è l'aerazione degli ambienti, soprattutto nei casi in cui questi siano interrati o a contatto diretto col terreno. Questa tecnica risulta spesso però insufficiente o inefficace e, specialmente nei mesi invernali dispendiosa in termini di riscaldamento dei locali. La prima cosa da fare, nei casi in cui si sappia di essere in una zona a rischio, è di effettuare delle misurazioni di concentrazione presso la propria abitazione atte a determinare se questo problema esiste veramente. Infatti non è sufficiente sapere che edifici vicini al nostro sono contaminati da radon poiché
l'emissione di questo gas dipende da numerosissimi fattori, difficilmente determinabili a priori.
-LA MISURAZIONE-
Gli strumenti di misura vanno posizionati preferibilmente nei locali dove si soggiorna più a lungo (tipicamente le camere da letto o il soggiorno). Poiché la concentrazione di radon varia sia in funzione della distanza dal terreno, sia nel corso della giornata e con il variare delle stagioni, si utilizzano generalmente dei cosiddetti rivelatori passivi che forniscono dei valori medi in un periodo di tempo sufficientemente lungo (dai tre ai sei mesi). Inoltre, poiché specialmente nel periodo invernale l'abitazione aspira aria - che potrebbe essere ricca di radon - dal sottosuolo per differenza di pressione tra l'interno e l'esterno (effetto camino) e si ha una minore aerazione, è preferibile effettuare le misurazioni in questa stagione.
domenica 9 settembre 2012
148 reattori in Ue
Pur non avendo il nucleare per produrre energia, le centrali circondano l'Italia. Sono 148 i reattori nucleari in Europa, attivi in 16 Paesi, mentre sono otto quelli in costruzione (2 in Bulgaria, Romania e Slovacchia, 1 in Finlandia e in Francia). In termini di obsolescenza degli impianti, tutte le centrali attualmente attive nel mondo sono di seconda generazione (in Europa attive fino al 2065), ma la terza generazione è al nastro di partenza in Europa, con una centrale in Finlandia (Olkiuoto) e una in Francia (Flamanville). E proprio in Francia e' di oggi la notizia di un incidente di natura chimica avvenuto nella centrale nucleare più vecchia del parco francese, quella di Fessenheim, nella regione di Strasburgo. Un incidente, stando a EDF, che gestisce gli impianti nucleari francesi, risolto.
SICUREZZA. Per quanto riguarda la sicurezza, un passo in avanti verrà fatto con le centrali di terza generazione, le Epr (European pressurized water reactor). Appartengono alla classe dei reattori nucleari ad acqua pressurizzata Pwr (Pressurized Water Reactor) e, con una vita media stimata intorno a 60 anni. Nella geografia mondiale dell'energia atomica, il vecchio continente occupa circa un terzo della torta che conta 442 reattori nel mondo per produzione mondiale complessiva e' pari a 375.000 GW(e). Nella classifica planetaria per numero di reattori nucleari in funzione primeggia la Francia (58), tra i Paesi Ue, al secondo posto nel mondo dopo gli Stati Uniti (104). A distanza seguono Regno Unito (19), Germania (17), Svezia (10), Spagna (9), Belgio (7).
Incidente in una centrale francese
Un incidente con due feriti leggeri si è verificato alla centrale nucleare francese di Fessenheim, la più vecchia del parco transalpino,a sud di Strasburgo, in Alsazia. La centrale è a pochissimi chilometri dal Reno che segna il confine tra la Francia e la Germania e meno di 400 chilometri di distanza da Milano.
Parigi: nessun problema di sicurezza. L'incidente non ha interessato la «sicurezza nucleare» dell'impianto, ha assicurato il ministero dell'Ecologia. La Francia finora non ha attivato il sistema di allerta rapida Ecurie che scatta nel caso in cui gli incidenti nucleari rappresentino un pericolo per la salute della popolazione. È quanto si apprende da fonti della Commissione europea, dove si precisa comunque che Bruxelles non ha il potere di verificare le informazioni provenienti dalla Francia o condurre ispezioni sui luoghi degli incidenti.
Secondo Edf, che gestisce gli impianti nucleari francesi, l'inconvenniente è stato risolto. «Due persone sono rimaste leggermente ustionate nonostante l'uso di guanti», ha detto un portavoce del gruppo energetico francese, secondo il quale si è trattato di un inconveniente durante la manipolazione di un prodotto chimico, il perossido di idrogeno, noto come acqua ossigenata. «Non è stato un incendio», ha confermato la prefettura locale, secondo la quale «c'è stata una fuga di vapore di acqua ossigenata prodotta dopo che in un serbatoio è stato iniettato perossido che ha reagito con l'acqua». Sono intervenuti sul posto una cinquantina di pompieri.
È di natura convenzionale l'incidente nella centrale nucleare francese: non può essere considerato un incidente nucleare poiché non è avvenuta alcuna fuga di materiale radioattivo. «È di sicuro un incidente convenzionale», ha osservato Massimo Sepielli, responsabile dell'Unità delle Tecnologie per la fissione dell'Enea.
Sulla centrale di Fessenheim, la più vecchia del parco di impianti francesi, si è innescata una dura polemica negli ultimi mesi. L'impianto, che ha due reattori, è operativo dal 1977 e il presidente Francosi Hollande ne aveva promesso la chiusura entro il 2017 durante la campagna elettorale.
La centrale di Fessenheim è molto diversa rispetto a quella giapponese di Fukushima ed è stata costruita in modo da contenere il circuito di raffreddamento completamente all'interno dell'edificio del reattore. In linea di principio, in impianti di questo tipo una dispersione di materiale radioattivo è possibile solo se le pareti di cemento dell'edificio vengono danneggiate. Entrambi gli impianti della centrale di Fessenheim sono infatti reattori ad acqua pressurizzata, o Pwr (Pressurized water reactor), mentre gli impianti di Fukushima erano reattori ad acqua bollente, del tipo Bwr (Boiling Water Reactor). «È una situazione molto diversa rispetto a quella della centrale di Fukushima», ha detto Giuseppe Mazzitelli, responsabile del Laboratorio per la gestione dei grandi impianti sperimentali dell'Enea. Contrariamente alle centrali del tipo Bwr, in quelle del tipo Pwr, ha spiegato l'esperto, i circuiti di raffreddamento sono tutti concentrati nell'edificio del reattore.
venerdì 8 giugno 2012
Storia: Disastro di Fukushima Dai-ichi
L’incidente che ha coinvolto i reattori nucleari a Fukushima è stato
causato dal terremoto e dal conseguente tsunami. Da quanto è emerso
finora, questa vulnerabilità allo tsunami era già stata riscontrata e
nulla era stato fatto per alzare il livello di sicurezza, i reattori
sono andati fuori controllo per il blackout che si è generato. La rete
elettrica è stata danneggiata dal terremoto e i generatori diesel di
emergenza sono stati danneggiati dallo tsunami. Questo ha fermato le
pompe di raffreddamento dei reattori e delle piscine di raffreddamento.
Nei reattori la temperatura e la pressione sono salite, cosa che ha
costretto l’azienda Tepco a far uscire il vapore per evitare
l’esplosione del vessel (che contiene le barre di combustibile). Oltre a
emettere vapori contaminati da elementi radioattivi, è uscito idrogeno,
prodotto dalla dissociazione dell’acqua nel reattore, che è esploso
facendo saltare il tetto dei reattori 1 e 3 (quest’ultimo desta
preoccupazioni perché contiene anche MOX combustibile di plutonio e
uranio, più difficile da gestire nel reattore). La scoperta di tracce di
Plutonio conferma la parziale fusione di almeno uno dei noccioli dei
reattori.
La situazione è complicata dal fatto che la piscina di raffreddamento del combustibile irraggiato del reattore 4 è piena e si trova all’esterno dell’edificio del reattore, cosa che ha provocato alti livelli di contaminazione nelle vicinanze degli impianti e ha costretto più volte l’azienda a evacuare la zona per ridurre i rischi ai lavoratori addetti.
Secondo le stime dell’Istituto di radioprotezione francese (INRS) le emissioni di radioattività (Iodio-131 e Cesio-137) nei primi 10 giorni sono dell’ordine dei 500 mila Terabequerel in Iodio-equivalente. Questa stima è stata poi confermata da un esperto indipendente tedesco per conto di Greenpeace, che ha osservato come questo livello di emissioni radioattive sia il triplo di quello che definisce un incidente di scala INES 7, quella di Cernobyl. Le analisi dell’Istituto di meteorologia austriaco (ZAMG) sono invece abbastanza più elevate di quelle francesi. Le emissioni di Cernobyl sono state maggiori di quelle emesse nei primi 10 giorni a Fukushima secondo l’INRS, ma l’inventario radioattivo nei tre reattori che sono in parziale fusione del nocciolo e nella piscina 4 è maggiore.
I reattori di seconda generazione sono stati progettati con l’obiettivo di una probabilità di fusione del nocciolo ogni 100 mila anni-reattore. Ad oggi, globalmente, siamo arrivati a 14 mila anni reattore (ogni anno ai livelli attuali si aggiungono 440 anni-reattore circa) e oltre a Three Miles Island, Cernobyl abbiamo adesso la assai probabile parziale fusione di 3 reattori a Fukushima. Dunque la “promessa di sicurezza” che l’industria nucleare ha fatto per i reattori di seconda generazione è statisticamente assai discutibile.
La situazione è complicata dal fatto che la piscina di raffreddamento del combustibile irraggiato del reattore 4 è piena e si trova all’esterno dell’edificio del reattore, cosa che ha provocato alti livelli di contaminazione nelle vicinanze degli impianti e ha costretto più volte l’azienda a evacuare la zona per ridurre i rischi ai lavoratori addetti.
Vista della centrale |
Secondo le stime dell’Istituto di radioprotezione francese (INRS) le emissioni di radioattività (Iodio-131 e Cesio-137) nei primi 10 giorni sono dell’ordine dei 500 mila Terabequerel in Iodio-equivalente. Questa stima è stata poi confermata da un esperto indipendente tedesco per conto di Greenpeace, che ha osservato come questo livello di emissioni radioattive sia il triplo di quello che definisce un incidente di scala INES 7, quella di Cernobyl. Le analisi dell’Istituto di meteorologia austriaco (ZAMG) sono invece abbastanza più elevate di quelle francesi. Le emissioni di Cernobyl sono state maggiori di quelle emesse nei primi 10 giorni a Fukushima secondo l’INRS, ma l’inventario radioattivo nei tre reattori che sono in parziale fusione del nocciolo e nella piscina 4 è maggiore.
I reattori di seconda generazione sono stati progettati con l’obiettivo di una probabilità di fusione del nocciolo ogni 100 mila anni-reattore. Ad oggi, globalmente, siamo arrivati a 14 mila anni reattore (ogni anno ai livelli attuali si aggiungono 440 anni-reattore circa) e oltre a Three Miles Island, Cernobyl abbiamo adesso la assai probabile parziale fusione di 3 reattori a Fukushima. Dunque la “promessa di sicurezza” che l’industria nucleare ha fatto per i reattori di seconda generazione è statisticamente assai discutibile.
Storia: disastro di Chernobyl
Il disaster di Chernobyl è stato il più grave incidente nucleare nella
storia dell'energia nucleare. Insieme all'incidente avvenuto nella
centrale di Fukushima Dai-ichi nel marzo 2011 è stato classificato con
il livello 7 (il massimo) della scala INES dell'IAEA.
Avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:00 presso la Centrale nucleare di Čornóbil's'ka (conosciuta anche come Centrale nucleare V.I. Lenin) situata 3 km dalla Pripjat',18 km dalla città Černobyl', in Ucraina, 16 km dal confine con la Bielorussia. Nel corso di un test definito "di sicurezza" (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore n°3), furono paradossalmente violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso portando ad un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 della centrale: si determinò la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, lo scoperchiamento del reattore ed un vasto incendio dello stesso.
Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino anche a porzioni della costa orientale del Nord America.
Il rapporto ufficiale, redatto da agenzie dell'ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre), conta 65 morti accertati e stima altri 4.000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sarà possibile associare direttamente al disastro.
I dati ufficiali sono contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che presenta una stima di fino a 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo lo specifico modello adottato nell'analisi. Altre associazioni ambientaliste, come il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, pur concordando sul numero dei 65 morti accertati del rapporto ufficiale ONU, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte che stima piuttosto in 30.000 ~ 60.000.
Avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:00 presso la Centrale nucleare di Čornóbil's'ka (conosciuta anche come Centrale nucleare V.I. Lenin) situata 3 km dalla Pripjat',18 km dalla città Černobyl', in Ucraina, 16 km dal confine con la Bielorussia. Nel corso di un test definito "di sicurezza" (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore n°3), furono paradossalmente violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso portando ad un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 della centrale: si determinò la scissione dell'acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il contatto dell'idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l'aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione, lo scoperchiamento del reattore ed un vasto incendio dello stesso.
Vista del reattore N°4 esploso |
Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino anche a porzioni della costa orientale del Nord America.
Il rapporto ufficiale, redatto da agenzie dell'ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre), conta 65 morti accertati e stima altri 4.000 decessi dovuti a tumori e leucemie lungo un arco di 80 anni che non sarà possibile associare direttamente al disastro.
I dati ufficiali sono contestati da associazioni antinucleariste internazionali, fra le quali Greenpeace, che presenta una stima di fino a 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo lo specifico modello adottato nell'analisi. Altre associazioni ambientaliste, come il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, pur concordando sul numero dei 65 morti accertati del rapporto ufficiale ONU, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte che stima piuttosto in 30.000 ~ 60.000.
Vista della centrale dalla citta di Pripyat |
venerdì 1 giugno 2012
Facciamo due conti!
A Saluggia sono stipate l'85% delle scorie radioattive italiane, stoccate in forma liquida, vicino a un fiume che esonda. Di più, 90 testate atomiche statunitensi sono custodite sul nostro territorio, in condizioni di sicurezza discutibili. Abbiamo fatto due referendum contro il nucleare, ma il nucleare ce l'abbiamo già: sotto ai piedi e nell'aria che respiriamo!
Un decimo di milligrammo di plutonio, se inalato, uccide. A Saluggia ce ne sono cinque chili, sufficienti a far fuori 50 milioni di persone: tutta l'Italia. Ogni volta che la Dora Baltea è in piena, a 1500 metri di distanza, chi sa trema.
A Saluggia sono stipate anche l'85% delle scorie radioattive italiane.
Duecentotrentamila litri di rifiuti stoccati in forma liquida, vicino a
un fiume che esonda. L'ultima alluvione, quella del 2000, ha portato un
premio nobel per la fisica come Rubbia a parlare di catastrofe nucleare planetaria
appena sfiorata. I fiumi portano l'acqua nelle case, nelle
coltivazioni, al mare. La chimica che trasportano entra nel ciclo
alimentare degli esseri umani, attraverso le piante e i pesci che la
assorbono e attraverso l'acqua. Basta un errore, un solo piccolo errore -
e la storia dell'umanità non è confortante - per mandare tutto in
vacca. Eppure gli scarichi di routine dei centri nucleare finiscono nei
fiumi e nei laghi, regolarmente, e a nessuno interessa.
Di più, 90 testate atomiche statunitensi sono custodite
sul nostro territorio, in condizioni di sicurezza discutibili
. Qualche
tempo fa un gruppo di attivisti penetrò in una di queste basi e
organizzò un pic-nic. La sicurezza ci mise mezz'ora a
intervenire. In un tempo infinitamente inferiore, un terrorista avrebbe
potuto scatenare un fungo nucleare che Hiroshima al confronto sarebbe
stato un esperimento del piccolo chimico, perché le 40 testate stipate a
Brescia e le 50 di Aviano sono molto più potenti. La Germania, come la
Danimarca, la Norvegia, l'Olanda e altri paesi - perfino la Grecia -
hanno chiesto agli USA di portarsi via le loro bombe. Solo l'Italia e la
Turchia non l'hanno fatto. Perchè?
Al Salto di Quirra
c'è un poligono militare sperimentale che disperde nel territorio
uranio impoverito, torio, fosforo bianco e nanoparticelle di metalli
pesanti. La ricercatrice Antonietta Gatti ha fatto un lavoro di analisi
eccezionale, ma già la nascita di animali con più zampe e teste e di
bambini deformi, insieme alla percentuale bulgara del 65% di leucemie e linfomi dei pastori che vivono (o muoiono?) nella zona, avrebbe dovuto ingenerare qualche sospetto.
Abbiamo fatto due referendum perché non volevamo il nucleare, ma il
nucleare ce l'abbiamo già: sotto ai piedi e nell'aria che respiriamo. E
nessuno ce lo dice.
venerdì 16 marzo 2012
Tipi di reattori nucleari
- Reattori di I e II generazione I: reattori cosiddetti "provati" sono quelli di cui è stata verificata la stabilità operativa per usi civili commerciali.
- Reattori nucleari a GAS (GCR): I GCR, ormai in disuso, erano in grado di usare l'uranio naturale come combustibile, permettendo cosí alle nazioni che li avevano sviluppati di produrre uranio arricchito per fabbricare plutonio e armi nucleari, senza dover dipendere dalle importazioni di altri paesi di cui, al tempo, gli unici fornitori erano solo Stati Uniti e Unione Sovietica.
- Reattori nucleari ad acqua leggera (LWR)
- Filiera RBMK: l moderatore è sia la grafite che l'acqua, che fa anche da termovettore. Questa caratteristica dà al reattore un pericoloso coefficiente di vuoto positivo che generano forti escursioni di potenza, soprattutto alle basse potenze. La filiera è stata costruita solamente in paesi ex-URSS; l'incidente di Chernobyl ha coinvolto un reattore di questo tipo.
- Filiera BWR: Sono reattori ad acqua in pressione.In questi reattori l'acqua nel vessel viene mantenuta allo stato liquido aumentandone di molto la pressione. L'acqua è sia moderatore che termovettore, per la generazione elettrica si passa però per degli scambiatori di calore, chiamati generatori di vapore. Essendoci quindi uno scambiatore termico fra la fonte di calore e la turbina, il rendimento termodinamico è leggermente inferiore rispetto alla filiera BWR.
- Reattori nucleari ad acqua pesante (HWR).
- Reattori di III e III+ generazione:
I reattori cosiddetti di 3ª generazione sono versioni migliorate dei reattori di 2ª generazione, di cui riprendono le caratteristiche fondamentali. Non apportano quindi sostanziali differenze concettuali di funzionamento né riguardo ai fluidi refrigeranti né al "combustibile" (se non la possibilità di arrivare a tassi di bruciamento più elevati, quindi aumentare il fattore di carico ed avere all'uscita meno plutonio) e pertanto neanche si hanno miglioramenti sostanziali per quanto riguarda le scorie prodotte.
Prevedono però un approccio diverso alla filosofia di progettazione, includendo gli incidenti severi negli incidenti base di progetto. Ciò ha portato all'implementazione di ulteriori salvaguardie ingegneristiche (core catcher, sistemi di refrigerazione passivi, ecc.) che dovrebbero rendere queste nuove tipologie di impianto in grado di evitare contaminazioni esterne in caso di incidente. - Reattore modulare Pebble Bed (PBMR).
- Reattori sperimentali a-generazionali.
- Reattore autofertilizzante veloce a metallo liquido (LMFBR).
- Reattore nucleare ad amplificazione di energia (ADS).
- Reattori di IV e IV+ generazione: A fronte delle sperimentazioni passate - non sempre coronate da successo - di queste tipologie di reattori, lo studio teorico di ulteriori evoluzioni è alla base delle proposte di un consorzio internazionale per la cosiddetta 4ª generazione. Questa raggruppa 6 possibili futuri reattori, peraltro senza comunque considerare tutte le strade effettivamente percorribili (ad esempio l'uso del torio in reattori di 3ª generazione oppure reattori sottocritici). Non è pertanto detto che uno dei reattori definiti di 4ª generazione possa essere l'evoluzione preferibile e/o attuabile a livello tecnico, ambientale ed economico.
Nucleare in America Latina, i grandi proseguono
A un anno dalla crisi di Fukushima, il nucleare diventa uno dei temi caldi in America Latina. Gli unici tre paesi con centrali nucleari, Brasile, Messico e Argentina, pianificano un potenziamento del settore. Attualmente, solo il 2% dell’energia elettrica latinoamericana proviene da centrali nucleari. In seguito alla tragedia giapponese, Venezuela, Perù e Bolivia hanno desistito dai loro piani di sviluppo nucleare, mentre il Cile mantiene un atteggiamento ambiguo a riguardo.
È questo lo scenario delineato da Kerstin Kress, ricercatrice della Fondazione Friedrich Ebert, in un articolo pubblicato da Nueva Sociedad, la rivista latinoamericana dell’istituzione tedesca. “L’incidente di Fukushima ha aperto un nuovo dibattito sull’energia nucleare in America Latina. Tuttavia, le proteste anti-nucleari non hanno raggiunto la stessa dimensione di quelle europee”, scrive Kress.
Lo scorso settembre l’Argentina ha inaugurato la sua terza centrale nucleare. Le altre due risalgono al 1974 e al 1984. I lavori del terzo impianto, chiamato Atucha II, erano iniziati negli anni ottanta, ma erano stati sospesi negli anni novanta in seguito ai tagli alla spesa pubblica. Le tre centrali producono il 6,2% dell’elettricità del paese.
Il Governo di Cristina Fernández de Kirchner incoraggia lo sviluppo del primo reattore nucleare al 100% argentino e la produzione di uranio arricchito per contro proprio e in collaborazione con il Brasile.
Le due installazioni brasiliane di Angra, risalenti al 1982 e al 2000, forniscono l’1,8% dell’elettricità del paese. La centrale Angra III sarà completata entro il 2015. Intanto il Governo di Dilma Rousseff pianifica la costruzione di altri due poli.
Paulo Carneiro, consulente tecnico della compagnia di stato brasiliana Eletronuclear, assicura che Angra III “non avrà le carenze di Fukushima”. Le altre due centrali, continua Carnerio, “sono sottoposte ad oltre 50 esami. Ad esempio, in caso di allagamento, è previsto un sistema di protezione aggiuntiva. Stiamo studiando l’utilizzo di autopompe e generatori di corrente mobili, così da non dipendere dalla rete elettrica. Da qui a due anni saranno investiti 217 milioni di euro per la sicurezza dei tre impianti”.
“I critici lamentano il limitato piano di evacuazione di soli 5 chilometri intorno ai reattori, e non di 20 che includerebbero la città di Angra dos Reis, con 170.000 abitanti. Ma, a causa delle continue proteste, il Governo si è detto disposto ad un cambio del piano”, sottolinea Kress.
Il 2,4% dell’elettricità del Messico proviene dalle due centrali nucleari di Laguna Verde, inaugurate nel 1990 e nel 1995 a Veracruz. Nel 2010, la Comisión Federal de Electricidad messicana aveva annunciato di voler toccare “quota 10% entro il 2024, per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi”. Nel 2011 sono stati terminati i lavori per potenziare del 20% i generatori.
Il direttore generale della Comisión Nacional de Seguridad Nuclear y Salvaguardias del Messico, Juan Eibenschutz Hartman, assicura che “a Laguna Verde non c’è alcun rischio di uno tsunami, né si sono mai registrati forti sismi. Stiamo comunque studiando un piano d’emergenza che prevede la disposizione di autopompe, funzionanti con generatori di corrente mobili, nei pressi dei reattori”.
venerdì 17 febbraio 2012
mercoledì 15 febbraio 2012
Fukushima, rilevato Xenon nel reattore nr.2: nuova fissione nucleare?
Al solito la Tepco quando è in gioco la sicurezza della centrale nucleare di Fukushima Daiichi non è mai chiara. Ricordo che subito dopo il terremoto e lo tsunami dello scorso 11 marzo si è verificato un incidente nucleare nella centrale che ufficialmente è stato domato lo scorso dicembre. Mentre Tepco, la società elettrica che gestisce questa e altre centrali, ha sempre dichiarato di avere sotto controllo la situazione, si scopre che il reattore nr. 2 non è stabile. La temperatura è iniziata a salire, secondo quanto ci dicono dal 7 febbraio. Prima a 60 gradi C. poi a 80 gradi C. Ma per Tepco a errare erano i termometri.- Poi la scoperta che c’è Xenon, un gas che si presenta all’atto della fissione dell’uranio.
Tepco annuncia che dello Xenon è stato rilevato all’interno del reattore Nr.2. Ciò significa concretamente, come già accadde nel novembre 2011 che una reazione a catena incontrollata ha avuto luogo nei giorni scorsi e che potrebbe essere ancora in corso.
In efftti lo Xenon 133 e 135 si forma all’atto di una fissione nucleare dell’uranio e il periodo radioattivo è molto breve: 9h per lo Xe-135 e 5 giorni per lo Xe-133. Secondo la tabella fornita da Tepco :
Periodo di campionamento: 13 febbraio 2012, 16h24 à 16h54 (filtro a carbone attivo)
Xe-133 : 0,016 Bq/cm3 (5 giorni di emivita) o 16 000 Bq/m3
Xe-135 : 0,023 Bq/cm3 (9 ore di emivita) o 23 000 Bq/m3
La considerazione è la seguente: secondo gli stessi dati forniti da Tepco sulla presenza di Xenon si evince che i termometri funzionano e dunque la temperatura è in aumento; se la temperatura continua a aumentare fino a 300 gradi C. si teme una esplosione.
Tepco annuncia che dello Xenon è stato rilevato all’interno del reattore Nr.2. Ciò significa concretamente, come già accadde nel novembre 2011 che una reazione a catena incontrollata ha avuto luogo nei giorni scorsi e che potrebbe essere ancora in corso.
In efftti lo Xenon 133 e 135 si forma all’atto di una fissione nucleare dell’uranio e il periodo radioattivo è molto breve: 9h per lo Xe-135 e 5 giorni per lo Xe-133. Secondo la tabella fornita da Tepco :
Periodo di campionamento: 13 febbraio 2012, 16h24 à 16h54 (filtro a carbone attivo)
Xe-133 : 0,016 Bq/cm3 (5 giorni di emivita) o 16 000 Bq/m3
Xe-135 : 0,023 Bq/cm3 (9 ore di emivita) o 23 000 Bq/m3
La considerazione è la seguente: secondo gli stessi dati forniti da Tepco sulla presenza di Xenon si evince che i termometri funzionano e dunque la temperatura è in aumento; se la temperatura continua a aumentare fino a 300 gradi C. si teme una esplosione.
venerdì 3 febbraio 2012
Un piccolo progetto
Girovagando per internet, mi sono imbattuto in progetto di un contatore geiger con 2 sonde messe in parallelo SBM 20.
http://www.chirio.com/geiger_counter.htm
descriverò di seguito questo progetto...
il circuito è molto semplice dato che non sono presenti indicatori digitali o con ago e buzzer a indicare il livello di radiazioni, il circuito è alimentato ad una tensione di 5 V C.C. prelevabile da un cavo USB (infatti è questo progetto è adibito al monitoraggio anche sul campo tramite PC), per prelevare il segnale di lettura c'è un apposita uscita JACK che andrà inserita nel' AUX del PC che in seguito con un programma di lettura per il computer sarà possibile vedere i livelli di radiazioni, la sonda, in fine, è collegata tramite BNC alla centralina di conteggio che lavora con un UA 555.
Naturalmente io ho apportato delle piccole modifiche a mio piacimento come per esempio:
Un voltmetro all'uscita della HV; (per tenere sotto controllo la tensione per alimentare la sonda)
Un interruttore ON/OFF; (accensione)
Un interruttore ON/OFF; (alimentazione sonda)
Un porta fusibile; (collegato sulla 5V)
Due led; (accensione: rosso, sonda alimentata: giallo)
La scatola che contiene le 2 sonde SBM 20; (uso una scatola di derivazione esterna IP 55 ermetica)
La console che contiene il misuratore; (uso una scatola di derivazione)
PS: forse elaborerò altre modifiche !
Il link inserito è il progetto di cui sto parlando, in fondo è possibile trovare il programma di lettura gratuito
In seguito posterò delle foto
http://www.chirio.com/geiger_counter.htm
descriverò di seguito questo progetto...
il circuito è molto semplice dato che non sono presenti indicatori digitali o con ago e buzzer a indicare il livello di radiazioni, il circuito è alimentato ad una tensione di 5 V C.C. prelevabile da un cavo USB (infatti è questo progetto è adibito al monitoraggio anche sul campo tramite PC), per prelevare il segnale di lettura c'è un apposita uscita JACK che andrà inserita nel' AUX del PC che in seguito con un programma di lettura per il computer sarà possibile vedere i livelli di radiazioni, la sonda, in fine, è collegata tramite BNC alla centralina di conteggio che lavora con un UA 555.
Naturalmente io ho apportato delle piccole modifiche a mio piacimento come per esempio:
Un voltmetro all'uscita della HV; (per tenere sotto controllo la tensione per alimentare la sonda)
Un interruttore ON/OFF; (accensione)
Un interruttore ON/OFF; (alimentazione sonda)
Un porta fusibile; (collegato sulla 5V)
Due led; (accensione: rosso, sonda alimentata: giallo)
La scatola che contiene le 2 sonde SBM 20; (uso una scatola di derivazione esterna IP 55 ermetica)
La console che contiene il misuratore; (uso una scatola di derivazione)
PS: forse elaborerò altre modifiche !
Il link inserito è il progetto di cui sto parlando, in fondo è possibile trovare il programma di lettura gratuito
In seguito posterò delle foto
giovedì 19 gennaio 2012
Nucleare: l’Italia lavora alla fusione di idrogeno con un nuovo reattore
Nonostante la decisione di abbandonare il nucleare da parte dei cittadini italiani, che hanno manifestato il proprio voto durante i referendum di giugno 2011, l’Italia continua sulla strada della ricerca, e lo fa puntando in alto. Il Belpaese sembra infatti più che intenzionato a rivestire un ruolo di primo piano nella fusione nucleare: i ricercatori italiani sono al lavoro per sviluppare un reattore sperimentale, Fast - Fusion Advanced Studies Torus.
Il progetto è portato avanti da Enea, in collaborazione con la Comunità Europea dell’Energia Atomica, Euratom, ed è destinato a migliorare le tecnologie per la fusione. Ecco perché lo stesso è inserito in un più ampio disegno europeo, che prevede entro il 2020 l’entrata in funzione del reattore dimostrativo Iter - Thermonuclear Experimental Reactor - attualmente in realizzazione in Francia. Il responsabile del programma fusione dell'Enea, Aldo Pizzuto, non ha dubbi: «la fusione nucleare è uno dei settori scientifici dove l'Italia ha una leadership manifesta e auspichiamo che si prendano al più presto decisioni sul futuro del programma italiano».
Resta da valutare come porsi di fronte ad una macchina pensata per studiare e testare i materiali per i futuri impianti dedicati alla generazione di energia elettrica dalla fusione nucleare, produzione che è stata bandita dalle attività esercitabili in territorio italiano proprio per volontà popolare. Ad onor del vero, l’innovativo reattore, che probabilmente verrà ospitato all’interno dei laboratori di Frascati, funzionerebbe attraverso gas di idrogeno che sarebbero portati a temperature talmente elevate da provocarne la fusione dei nuclei, rilasciando così energia. Questo, secondo gli esperti, sarebbe un processo più sicuro rispetto ai processi di fissione, dove atomi molto pesanti vengono rotti, producendo più scorie radioattive rispetto all’utilizzo di idrogeno.
sabato 7 gennaio 2012
Scorie radioattive
Qualsiasi centrale nucleare produce "scorie radioattive". Una parte di questa è normalmente dispersa nell'ambiente. Ad esempio i reflui del raffreddamento sono scaricati direttamente nelle acque dei fiumi (da cui viene prelevata anche l'acqua) poichè considerati non pericolosi.
Diversamente avviene per tutti i materiali che, trovandosi nel reattore o nei pressi, sono soggetti ad una continua emissione di radiazioni. Dal semplice bullone alla componenti mettaliche più grandi (pareti, contenitori ecc.).
Al termine del ciclo produttivo della centrale nucleare, questi oggetti diventano rifiuti "speciali" da trattare con molta attenzione in quanto radioattivi e quindi pericolosi. Sono definiti per semplicità "scorie nucleari".
Le scorie nucleari si distinguono in base al grado di radioattività (ovvero alla loro pericolosità):
Alta attività (scorie di 3° grado): l'alto grado di radioattività presente in queste scorie può richiedere anche 100.000 anni per decadere. Sono in particolare le ceneri prodotte dalla combustione dell'uranio.
In tutto il mondo, per il momento, è stato identificato solo un sito "sicuro" per ospitare in profondità le scorie (deposito geologico) per migliaia di anni. Si trova nel New Mexico (Usa). Gli Usa hanno investito oltre 2,2 miliardi di dollari nello studio della sicurezza dei depositi geologico, ma nonostante questo ancora nulla può essere affermato con certezza. Il solo deposito nel New Mexico si trova in una zona desertica ed ha richiesto 25 anni di studio.
Media attività (scorie di 2° grado)
Bassa attività (scorie di 1° grado)
In Europa le scorie sono generalmente depositate nei pressi delle quattro centrali nucleari (disattivate col referendum del 1987) o in centri di stoccaggio di superficie (ovvero non di profondità come quelli geologici, costruiti centinaia di metri sotto terra).
I principali centri di stoccaggio europei (tutti non geologici) sono:
Le Hague (Francia)
Sellafield (Gran Bretagna)
Oskarshamn (Svezia)
Olkiluoto (Finlandia)
Tutti i centri di stoccaggio europei hanno natura "temporanea" per rispondere al criterio di reversibilità. Non conoscendo con precisione le conseguenze dello stoccaggio di scorie radioattive nel tempo, si rende possibile un loro trasferimento in altri luoghi. Nel caso dei siti geologici questo non sarebbe più possibile, i materiali ospitati sottoterra dovranno restarci definitivamente.
In alcuni casi, ad esempio in Francia, le scorie nucleari sono ritrattate all'interno delle centrali nucleari per produrre nuovo combustibile rigenerato (cd Mox) da riutilizzare nel reattore.
I depositi geologici e la posizione dell'Unione Europea
Per il futuro, la UE auspica la costruzione e lo studio di depositi geologici per trovare una soluzione definitiva alle scorie europee. La UE, dopo i fatti di Scanzano, sottolinea anche che tale esigenza non si estende ai paesi privi di piano energetico nucleare (come l'Italia), i quali non hanno l'obbligo di costruire un deposito geologico e possono attendere "soluzioni europee".
La UE auspica quindi la costruzione dei depositi geologici nei paesi dove siano presenti ed attive molte centrali nucleari. Ad esempio in Francia (dove il 76% dell'energia elettrica è di origine nucleare).
Quante sono le scorie radioattive in Italia.
L'Italia non conta grandi quantità di scorie nucleari, il referendum del 1987 ha definitivamente bloccato la produzione di energia dal nucleare. Oggi quindi, le scorie ad alta pericolosità sono circa 8.000 mq. Una minima quantità che lascia aperta la porta alla soluzione europea (consigliata dalla stessa UE).
Diversamente avviene per tutti i materiali che, trovandosi nel reattore o nei pressi, sono soggetti ad una continua emissione di radiazioni. Dal semplice bullone alla componenti mettaliche più grandi (pareti, contenitori ecc.).
Al termine del ciclo produttivo della centrale nucleare, questi oggetti diventano rifiuti "speciali" da trattare con molta attenzione in quanto radioattivi e quindi pericolosi. Sono definiti per semplicità "scorie nucleari".
Le scorie nucleari si distinguono in base al grado di radioattività (ovvero alla loro pericolosità):
Alta attività (scorie di 3° grado): l'alto grado di radioattività presente in queste scorie può richiedere anche 100.000 anni per decadere. Sono in particolare le ceneri prodotte dalla combustione dell'uranio.
In tutto il mondo, per il momento, è stato identificato solo un sito "sicuro" per ospitare in profondità le scorie (deposito geologico) per migliaia di anni. Si trova nel New Mexico (Usa). Gli Usa hanno investito oltre 2,2 miliardi di dollari nello studio della sicurezza dei depositi geologico, ma nonostante questo ancora nulla può essere affermato con certezza. Il solo deposito nel New Mexico si trova in una zona desertica ed ha richiesto 25 anni di studio.
Media attività (scorie di 2° grado)
Bassa attività (scorie di 1° grado)
In Europa le scorie sono generalmente depositate nei pressi delle quattro centrali nucleari (disattivate col referendum del 1987) o in centri di stoccaggio di superficie (ovvero non di profondità come quelli geologici, costruiti centinaia di metri sotto terra).
I principali centri di stoccaggio europei (tutti non geologici) sono:
Le Hague (Francia)
Sellafield (Gran Bretagna)
Oskarshamn (Svezia)
Olkiluoto (Finlandia)
Tutti i centri di stoccaggio europei hanno natura "temporanea" per rispondere al criterio di reversibilità. Non conoscendo con precisione le conseguenze dello stoccaggio di scorie radioattive nel tempo, si rende possibile un loro trasferimento in altri luoghi. Nel caso dei siti geologici questo non sarebbe più possibile, i materiali ospitati sottoterra dovranno restarci definitivamente.
In alcuni casi, ad esempio in Francia, le scorie nucleari sono ritrattate all'interno delle centrali nucleari per produrre nuovo combustibile rigenerato (cd Mox) da riutilizzare nel reattore.
I depositi geologici e la posizione dell'Unione Europea
Per il futuro, la UE auspica la costruzione e lo studio di depositi geologici per trovare una soluzione definitiva alle scorie europee. La UE, dopo i fatti di Scanzano, sottolinea anche che tale esigenza non si estende ai paesi privi di piano energetico nucleare (come l'Italia), i quali non hanno l'obbligo di costruire un deposito geologico e possono attendere "soluzioni europee".
La UE auspica quindi la costruzione dei depositi geologici nei paesi dove siano presenti ed attive molte centrali nucleari. Ad esempio in Francia (dove il 76% dell'energia elettrica è di origine nucleare).
Quante sono le scorie radioattive in Italia.
L'Italia non conta grandi quantità di scorie nucleari, il referendum del 1987 ha definitivamente bloccato la produzione di energia dal nucleare. Oggi quindi, le scorie ad alta pericolosità sono circa 8.000 mq. Una minima quantità che lascia aperta la porta alla soluzione europea (consigliata dalla stessa UE).
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